CROAZIA UN OMICIDIO "ETNICO" NEL CLIMA DEL DOPO TUDJMAN
- GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA
T re giovani croati dell'isola zaratina di Vir (Puntadura in italiano) hanno barbaramente massacrato un uomo trentacinquenne, Nedeljko Stulic, "colpevole" di essere etnicamente serbo.
Stulic era nato nella Krajina, ma da qui era fuggito a Belgrado per non fare la guerra e per proteggere un figlio handicappato.
Un anno fa era riuscito a far tornare in Croazia quel figlio paralitico - che oggi ha 7 anni - e la giovane moglie. Li aveva quindi raggiunti due mesi dopo. In Krajina aveva trovato distrutta la casa, ma lui e la sua famiglia avevano trovato ospitalità dagli anziani suoceri a Vir.
I tre assassini, giovani dell'isola, sono penetrati in casa di Pero Budìa - questo il nome del suocero - al grido di "Dov'è il cetnico?". Quindi si sono gettati su Stulic, in quei giorni ammalato. Gli hanno sferrato calci, pugni e bastonate in ogni parte del corpo sotto gli occhi terrorizzati del figlio, della moglie e dei suoceri tenuti a bada con minacce di morte. Hanno messo fine al pestaggio il bestiale solo quando la loro vittima era ormai ridotta a un'informe massa sanguinolenta. Stulic non dava più segni di vita.
Il fatto è avvenuto due giorni prima che all'Aja i giudici del tribunale internazionale per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia comunicassero di aver condannato a 45 anni di carcere il generale croato Tihomir Blaskic per la "strage di Ahmici" compiuta nell'aprile 1993 nella valle del Lasva (Bosnia centrale) dove le forze paramilitari croate (Hvo) massacrarono 117 donne e bambini, incendiandone le case.
Fu l'inizio di una vasta e sanguinosa pulizia etnica a danno dei musulmani. C'è un nesso fra l'assassinio di Stulic e la condanna per la strage di Ahmici?
Non c'è dubbio che la strage di Ahmici fu un crimine feroce e raccapricciante, e l'uomo che aveva il comando sul territorio nel quale quel massacro avvenne non poteva sfuggire alla condanna.
E' altrettanto fuori dubbio che i veri responsabili del genocidio sono rimasti fuori della portata del tribunale. Il quale ha condannato in realtà una politica ideata da Franjo Tudjman, che all'epoca si servì di Mario Kordic, presidente dell'Hdz bosniaco-erzegovese, presidente della cosiddetta "Repubblica croata di Erzeg-Bosnia" e suo braccio destro politico in Bosnia.
Per Tudjman, la guerra contro i musulmani in Bosnia, cominciata nella primavera del '93, doveva essere il mezzo per la spartizione di quel paese.
Ora la Croazia ufficiale - esattamente come avrebbe fatto se l'Hdz fosse ancora al potere e Tudjman fosse ancora vivo - urla fino al cielo l'"ingiustizia" della condanna di Blaskic, punta il dito della sua rabbia contro i giudici dell'Aja e contro tutto l'Occidente in genere.
L'assassinio di Vir va visto nella cornice di questo clima. Nonostante al governo non siedano più i responsabili diretti e i mandanti della strage di Ahmici e dei tentativi di spartizione della Bosnia-Erzegovina su base etnica.
Nonostante i nuovi governanti abbiano promesso fin dalla campagna elettorale che la Croazia avrebbe voltato pagina per ciò che si riferisce al "capitolo bosniaco", non c'è stato un solo uomo politico della nuova maggioranza, né un solo giornale croato che non abbiano manifestato "stupore, rabbia e sdegno" per la "ingiusta condanna" inflitta a Blaskic.
Dai territori della Bosnia abitati dai croati fino alle principali piazze di Zagabria, si susseguono le manifestazioni di protesta di organizzazioni di "veterani" in solidarietà col criminale di guerra condannato. Si è risvegliato il superpatriottismo croato della peggiore specie, quello della terra e del sangue.
Nessuna voce ufficiale, invece, si è levata contro l'orrendo omicidio di Vir e chi poteva ha perso l'occasione per dimostrare a se stesso e al mondo di essere estraneo a ogni tipo di barbarie.
Purtroppo in Croazia c'è ancora troppa gente per la quale vale il motto "l'unico serbo buono è quello morto". Di fronte a episodi orrendi come quelli di Vir, le promesse sul libero rientro dei serbi rifugiati restano parole vuote. Mentre ci si accorge che troppa gente del passato regime, troppi fautori dell'odio, sono rimasti ai posti di comando, dagli apparati ministeriali ai vertici delle questure.
A cominciare dal capo della polizia della regione di Zara (che abbraccia anche una parte della Krajina), l'uomo sotto i cui occhi è stato commesso il delitto di Vir: Smemir Vrsaljko.
Costui, poco più di due mesi fa, nel corso della campagna elettorale, quale candidato al parlamento nella lista Hdz, esclamò in un comizio di Bencovac: "Non è vero che l'Hdz non ha fatto nulla per questo paese. Ecco, fra di noi non ci sono più gli Jovo e gli Stevo, e questo è già tanto". Jovo e Stevo sono gli equivalenti serbi di Ivan-Giovanni e Stjepan-Stefano croati.
Il capo della polizia, tuttora al suo posto, intese così vantarsi del fatto che la Croazia era stata ripulita dalla popolazione serba, e ciò rappresentava il maggior successo della politica dell'Hdz e di Tudjman.
Nell'idilliaca atmosfera monoetnica creata dal gran poliziotto Vrasaljko, la presenza serba di Nedeljko Stulic (che tre volte alla settimana era sottoposto alla dialisi per una grave malattia al fegato e pesava appena 50 chili), della moglie Viranka (anch'essa gravemente ammalata) e del figlio totalmente paralizzato, era qualcosa di intollerabile.
"Dove i capi della polizia esaltano la pulizia etnica - ha scritto recentemente Jelena Lovric, che oggi resta una delle rare coscienze critiche del giornalismo croato - ci sarà sempre qualcuno che passa dalle parole ai fatti, pronto ad ammazzare come un cane un uomo dal sangue impuro".