Match tra democratici

SCOTTI GIACOMO

CROAZIA VERSO IL BALLOTTAGGIO

Match tra democratici

Crolla il partito-regime di Tudjman, confronto nel centrosinistra per la presidenza Stipe Mesic dovrà vedersela con Drazen Budisa che potrebbe cercare i voti della destra

- GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

S tipe Mesic è giunto primo con un forte distacco su tutti e 9 i candidati nelle elezioni per la presidenza della repubblica, ottenendo il 42% dei voti, ma non è (ancora) capo dello stato. Con un distacco di ben 14 punti percentuali segue Drazen Budisa che ha raccolto il 28% delle preferenze. Mate Granic è giunto terzo, con uno scarso 22%. Al quarto po sto si è piazzato con il 4,7% dei voti il candidato indipendente Slaven Letica, intellettuale di sinistra che ha subito invitato i propri sostenitori a votare al secondo turno per Mesic o per Budisa. Gli altri cinque candidati hanno raccolto le briciole: dall'1,7% della camicia nera Anto Djapic allo 0,2% del ministro accadizeta Separovic, esponente dell'estrema destra nazionalista in seno all'Hdz. Di estrema destra sono pure gli altri sconfitti al di sotto del 2%. Se si sommano i consensi dei tre candidati politicamente collocati nell'area di centro-sinistra, si ottiene che il 75% degli elettori ha scelto le forze democratiche. Destra ed estrema destra sono confinate in uno spazio del 25%. Alle elezioni parlamentari del tre gennaio, ricordiamolo, il centro-sinistra aveva sfiorato il 58%; c'è stato dunque un ulteriore straordinario balzo in avanti nel processo dei cambiamenti democratici.

Al ballottaggio del 7 febbraio, dunque, si troveranno di fronte non più ex opposizione ed ex regime, ma due esponenti della medesima coalizione di centrosinistra: Budisa, ufficialmente candidato dei due maggiori partiti dell'alleanza a sei (socialdemocratici e social-liberali) e Mesic, candidato degli altri quattro partiti minori della nuova maggioranza. Chi la spunterà?

Il corrispondente di questo giornale è contento di riconoscere l'errore di aver previsto il secondo posto per Granic, la cui sconfitta dimostra l'abisso in cui è sprofondato il partito che lo sosteneva e la brutta fine fatta dal regime che l'Hdz esprimeva. Ieri mattina, dopo essersi congratulato con Mesic e Budisa per il successo ottenuto, Granic ha sferrato un nuovo attacco contro il vertice del suo partito, annunciando l'uscita dalle sue fila e l'intenzione di fondare e guidare una nuova formazione politica. Ma a chi regalerà al secondo turno i voti raccolti il 24 gennaio?

I voti di Mesic e di Budisa sono chiaramente voti democratici. Lungimiranza politica vorrebbe, a tutela della compattezza della nuova maggioranza parlamentare e governativa che i due partiti sostenitori di Budisa invitassero i propri militanti a versare i loro voti su Mesic al secondo turno, rafforzando così l'alleanza a sei del centro sinistra. Purtroppo le prime dichiarazioni di Budisa, fatte poco dopo la mezzanotte di ieri, quando sono stati resi noti i risultati del voto, non sono incoraggianti. Ha detto testualmente: "Non rinuncio alla corsa e sono deciso a conquistare la vittoria al secondo turno". Con i voti di chi? Per prevalere su Mesic, dal quale lo divide una distanza di ben 14 punti percentuali, Budisa ha bisogno dei voti accadizetiani, o meglio del sostegno di Mate Granic, che - non dimentichiamolo - è fratello di quel Goran Granic che è vicepresidente del partito social-liberale alla cui testa sta Budisa. In questo caso, pur di accomodarsi sulla poltrona che fu di Tudjman, Budisa minaccia di rompere la coalizione di centrosinistra. Oltre al serbatoio di voti targati Hdz, dovrebbe attingere a quelli dell'estrema destra neofascista mettendo insieme, fra gli uni e gli altri, uno scarso 25 per cento di suffragi che - assommati a quelli da lui raccolti al primo turno - lo porterebbero al di sopra del 50 per cento. In questo caso, però il voto del nuovo presidente risulterebbe fortemente inquinato, e gli elettori democratici - la stragrande maggioranza dei cittadini della Croazia che hanno detto addio per sempre al Tudjmanistan, riponendo le loro speranze nei cambiamenti - si sentirebbero traditi, truffati, ingannati, gabbati.

Al di là di queste considerazioni, non si può non prevedere che la nuova campagna elettorale di circa due settimane, durante la quale i due esponenti della coalizione democratica si combatteranno per sopraffarsi a vicenda, provocherà dolorose lacerazioni, lascerà segni negativi. D'altra parte, non si può pretendere che sia Mesic a lasciare volontariamente il campo a Budisa, vista l'altissima percentuale di consensi ottenuti al primo turno.

La parola passa così a Ivica Racan, leader del maggior partito della coalizione e nuovo premier dal prossimo giovedì 27 febbraio. Egli ha tutto l'interesse che l'alleanza a sei rimanga in piedi, che il suo governo possa funzionare senza rotture. La sua parola, diciamo pure mediazione, è importante anche perché - visti i risultati ottenuti dai quattro partiti collegati a Mesic nelle elezioni parlamentari (appena la quarta parte di quelli raccolti dall'intera coalizione) e visto che ora, alle presidenziali, quei quattro piccoli partiti hanno triplicato i suffragi (e grazie ad essi il centro-sinistra ha fatto un ulteriore balzo in avanti, passando dal 58 al 70% dei suffragi), è chiaro che una parte degli elettori socialdemocratici, cioè del partito di Racan, hanno preferito votare contro il liberale Budisa per molti aspetti è decisamente conservatore, preferendogli un Mesic decisamente più a sinistra e decisissimo a seguire la via della rivoluzione democratica.

A differenza del 3 gennaio, gli elettori dei gruppi etnici, italiani dell'Istria e di Fiume in testa, hanno potuto usare il voto politico e nella stragrande maggioranza hanno preferito Mesic a un Budisa che ha fatto qualche dichiarazione ostile alle minoranze linguistiche durante la campagna elettorale. Un'ultima considerazione, marginale: l'affluenza alle urne, pur rimanendo alta (65%) è stata inferiore del 10 per cento a quella registrata alle parlamentari. Il motivo è chiaro: il maltempo, che in alcune regioni ha isolato decine di villaggi pressoché sepolti dalla neve, ha impedito a migliaia di persone di raggiungere i seggi elettorali. Chi vi si è recato ha sfidato la neve e la bora.

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