CROAZIA
- GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA
M ate Granic, ministro degli esteri croato ancora per due settimane, candidato ufficiale dell'ex regime alle elezioni del 24 gennaio per la carica di presidente della Repubblica, si è dimesso dalla presidenza del partito Hdz, accusando gli (ex) camerati di tenere un "comportamento inaccettabile". Un primo passo verso la rottura con i gerarchi dell'ex regime Granic lo aveva compiuto mercoledì, abbandonando dopo solo mezz'ora una burrascosa riunione del vertice accadizetino, sbattendo platealmente la porta. Quella stessa porta che il nuovo dittatore del partito, Vladimir Seks, aveva prima chiuso in faccia ad alcuni suoi avversari, cacciandoli dalla presidenza dopo la sconfitta alle elezioni parlamentari.
Spiegando il suo clamoroso gesto, ultimo di una serie di rotture e fratture all'interno del partito, Granic si è rammaricato con i giornalisti di essere il candidato dell'Accadizeta, perché destinato a una clamorosa sconfitta e a finire sotto le macerie di un movimento nazionalista in via di sfacelo: "Se mi fossi presentato come indipendente, avrei vinto già al primo turno. Ora tutto è in discussione. Rischio di fare la fine del mio partito. Se non cesseranno gli scontri che lo dilaniano, mi distanzierà da tutto e prenderò decisioni radicali".
Quali, non lo ha detto. Potrebbe creare e capeggiare una corrente "liberal" nel partito, oppure fondare un nuovo movimento che ha già peraltro prefigurato come un "partito moderno e democratico, quello che oggi l'Hdz non è".
Purtroppo per lui, Granic non potrà in nessun caso vincere la corsa alla presidenza della repubblica né al primo né al secondo turno; lo sfacelo dell'Accadizeta, le risse quotidiane, le diserzioni, hanno messo in moto una slavina che seppellirà anche l'uomo che - dichiarandosi oggi democratico - non può far dimenticare di essere stato il fedele esecutore della politica tudjmaniana degli scontri armati fra croati e musulmani nella vicina Bosnia-Erzegovina, del tentato smembramento di quest'ultima con l'annessione di una sua parte alla Croazia, di una disastrosa politica isolazionistica in Europa e nel mondo.
Nella campagna elettorale Granic è salito su un treno, targato Hdz, dal quale non può più scendere (anche perché la legge elettorale non consente ai candidati di cambiare simboli a corsa iniziata), se non sconfitto o rinunciatario. La rinuncia: ecco, questa sarebbe l'unica via di uscita onorevole per lui. Potrebbe così tornare alla sua professione di medico e professore universitario.
Pur senza rilasciare dichiarazioni, pare che si sia distanziato dal partito di Tudjman anche Vlatko Pavletic, il capo dello stato ad interim, il quale si vede sempre più raramente insieme agli altri big dell'Hdz e adotta un linguaggio politico sempre più consone alle società democratiche.
Ieri ha annunciato "con soddisfazione" e al di fuori di ogni protocollo, che il socialdemocratico Ivica Racan, il leader del maggiore partito della coalizione di centro-sinistra, "sarà da me nominato presidente del consiglio dei ministri" il 22 gennaio. Poiché la Costituzione croata non conosce l'istituto del mandato per la formazione del governo (Tudjman sceglieva personalmente i ministri e nominava il premier come esecutori dei suoi ordini), Racan non sottoporrà il suo governo all'approvazione del capo dello stato, ma direttamente al parlamento insieme al programma. E ciò avverrà il primo febbraio.