Una nuova era per la Croazia

SCOTTI GIACOMO

Una nuova era per la Croazia

Alle legislative trionfa il centro-sinistra: Racan, il nuovo premier

- GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

L' Hdz, il partito rimasto orfano del suo fondatore e padre-padrone Tudjman, è stato sconfitto alle elezioni parlamentari del 3 gennaio; esce quindi dalla scena quel movimento che per circa dieci anni aveva imposto alla Croazia un regime autoritario, pressoché dittatoriale, tenendo il paese lontano dall'Europa. Oltre che all'opposizione, il merito della disfatta subita dai seguaci del defunto Supremo va allo stesso vertice accadizetiano: nei giorni che hanno preceduto le elezioni, come già durante la lunga agonia del padre-padrone, quel partito-regime si è dimostrato quello che è sempre stato: un coacervo di fazioni, un'accozzaglia tenuta insieme dai privilegi del potere. Giorno dopo giorno, sono venuti alla luce le crepe, il marcio, le debolezze di un gigante dai piedi di argilla; sono scoppiate le lotte intestine fra i falchi e le cosiddette colombe, lotte che tuttora continuano per la scelta del candidato del partito alla presidenza della repubblica e per la scelta del nuovo presidente del partito stesso.

Visti i risultati delle elezioni parlamentari, nelle quali l'Hdz è stata dimezzata, perdendo quasi il 21% dei voti rispetto alla precedente consultazione del 1995, si dà per certo che perderà anche la corsa alla conquista del trono lasciato vacante da Franjo Tudjman nelle presidenziali fissate per il 24 gennaio (primo turno) e 7 febbraio. Quella carica, però, non sarà più un trono, ma una semplice sia pur comoda sedia, dalla quale nessuno darà ordini: i poteri del capo dello Stato - questo è uno dei punti chiave del programma dell'opposizione che ha trionfato il 3 gennaio - saranno radicalmente ridimensionati, si passerà al sistema della democrazia parlamentare, la Costituzione sarà perciò emendata su questo punto. E su alcuni altri.

L'ex opposizione, d'ora in poi forza di governo, con a capo dell'esecutivo il leader del partito socialdemocratico Ivica Racan, disporrà infatti in parlamento della maggioranza dei due terzi necessaria per la riforma costituzionale. Per la quale si sono dichiarati favorevoli anche numerosi esponenti dell'Hdz, un partito che - anche se sconfitto - resta la seconda forza in parlamento con il 24% di seggi, mentre l'ex opposizione democratica, composta da sei partiti di centro-sinistra coalizzati, dispone di un solido 57% ed è rafforzata dall'appoggio dei cinque deputati delle minoranze nazionali. L'estrema destra ustascia, che pretendeva di diventare l'ago della bilancia alleandosi all'Hdz ha superato a malapena la soglia del 5%, ottenendo cinque deputati. Un'annotazione merita anche la "circoscrizione della diaspora", in cui i croati all'estero - si tratta per lo più dei croati della Bosnia-Erzegovina - hanno dato all'Hdz il 65% dei voti, mentre i partiti democratici ne hanno raccolto il 15% e gli ustascia il 9%. Questi dati si riferiscono all'84% dei seggi e al 76% dei votanti, quindi potrebbero subire qualche variazione a spoglio concluso. Ma non cambieranno il quadro generale. Lo stesso partito Hdz ha ammesso la sconfitta e pare intenda rispettare il responso delle urne evitando qualsiasi colpo di coda.

Il ministro degli Esteri Mate Granic, che si è autocandidato alla Presidenza della Repubblica, ha dichiarato alla tv: "E' chiaro, abbiamo perso le elezioni, accettiamo la sconfitta ed auguriamo ai partiti vincenti di aver successo nel futuro governo. Saremo un'opposizione dura ma costruttiva". Altri big hanno detto la stessa cosa in politichese: "Era evidente che dopo Tudjman nulla sarebbe stato come prima", ha dichiarato il premier Zlatko Matesa. Il capo dello Stato ad interim, Vlatko Pavletic, ha aggiunto: "La Croazia entra in un periodo nuovo della sua storia". I leader della coalizione vittoriosa, Racan e Budisa, si sono completati a vicenda: "l'Era dell'Accadizeta è finita, il popolo ha detto no a questo regime".

Fra una ventina di giorni dovrebbe riunirsi il nuovo Parlamento per dare inizio alla legislatura e nominare il proprio presidente. Potrebbe essere Zdravko Tomac, socialdemocratico. Nel nuovo governo il maggior numero di dicasteri sarà assegnato ai socialdemocratici, seguiti dai social-liberali, contadini, popolari, liberali e regionalisti istriani. Non è escluso che qualche importante carica venga affidata a Fulvio Radin, deputato di Pola che per la terza volta è stato rieletto al seggio riservato alla minoranza italiana. Due ministeri andranno quasi certamente alla regione istro-quarnerina che ha votato al 75% per l'opposizione, la percentuale più alta; questi ministri potrebbero essere Slavko Limic, attuale sindaco di Fiume, e Ivan Nino Jakovcic, leader della Dieta Democratica Istriana, sostenitore del regionalismo, della convivenza fra italiani e slavi e l'unico che nella campagna elettorale si è rivolto alla gente in due lingue e altrettanti dialetti: italiano, croato, istro-veneto e istro-croato.

La lista dell'Hdz ha occupato un contrastato primo posto in due sole delle dieci circoscrizioni elettorali, quelle devastate dalla guerra e dalla pulizia etnica: l'ex Krajna, dalla quale è stata cacciata al completo la popolazione autoctona di etnia serba, sostituita con popolazione fatte affluire da Tudjman dalla Bosnia e perfino dal Kosovo (i nuovi coloni hanno votato al 35% per l'ex regime), e la Slavonia che pure è stata un sanguinoso laboratorio di sterminio su base etnica a danno, ancora una volta, della popolazione serba (31% di voti all'Hdz).

Ancora una volta l'Hdz si è confermata il partito dell'odio, e tuttavia anche dove ha realizzato epurazioni, colonizzazioni e seminato distruzioni, trapiantando popolazioni "croatissime" al posto dei "diversi" maledetti da Tudjman, le punte del successo elettorale accadizetiano non superano il 35%. Voltata pagina, da oggi la Croazia cammina a testa alta sul sentiero della democrazia. Costretto a tacere troppo a lungo, manipolato e strumentalizzato da una dittatura che ha saputo essere a volte feroce e in ogni caso spietata, questo popolo oggi comincia a respirare a pieni polmoni, a sentirsi padrone del proprio destino. Torna il sorriso, anche se non torna il benessere. Troppo profondo è il fossato in cui è stato gettato da una politica economica e sociale a dir poco criminale. Per venirne fuori non basterà un anno.

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