MIRACOLO A ZAGABRIA

SCOTTI GIACOMO

MIRACOLO A ZAGABRIA

GIACOMO SCOTTI

L a vittoria della coalizione a sei del centro-sinistra alle elezioni parlamentari in Croazia - con una percentuale superiore a qualsiasi più rosea previsione (sfiorato il 57%) e la sconfitta del partito che ha imposto per dieci anni un fosco regime nel paese, ormai pressoché dimezzato - realizza le speranze di quanti vogliono un paese democratico, libero, integrato nell'Europa ed aperto alla collaborazione con i paesi confinanti, in primo luogo le altre repubbliche della ex Jugoslavia.

Chi ama questo paese - ricco di una splendida collana di isole e una costa che dall'Istria a Ragusa non finisce di stupire con le sue bellezze, e vicino all'Italia non solo geograficamente ma soprattutto per i secolari interscambi artistici e culturali - non può che rallegrarsi con il suo popolo e con le comunità nazionali che lo abitano, compresa quella italiana, per la svolta attuata con l'arma democratica del voto. E' l'inizio della fine degli odi, delle pulizie etniche, delle discriminazioni - speriamo - e l'inizio di una più sentita convivenza, condizione basilare perché le più larghe masse possono liberamente manifestare le proprie capacità creative e produttive, salvando il paese dalla bancarotta economica e dall'abisso in cui il regime tudjamaniano lo ha precipitato.

Anche se Ivica Racan, il futuro premier e leader del maggiore partito della coalizione vittoriosa, ha dichiarato ieri di non voler guardare al passato, deciso quindi a mettere una pietra sopra il male seminato dal regime accadizetiano, quel passato continuerà per qualche anno a pesare, gravido di problemi socio-economici, su questo popolo che tanto ha sofferto nell'ultimo decennio. Rimuovendo le macerie del passato - e qui la coalizione avrà successo solo se resterà unita, fedele ai programmi, evitando baruffe per la spartizione delle cariche - la Croazia potrà liberarsi anche di quei "conflitti storici e dei suoi cattivi interpreti, volgendo lo sguardo al futuro" come ha detto il leader dei comunisti riformati riferendosi al revisionismo della storia che Tudjman aveva intrapreso con la riabilitazione del fascismo ustascista, lo svilimento della guerra popolare di liberazione partigiana, l'esaltazione dei miti nazionalistici. Certo, se una pacificazione è necessaria, non potrà essere ottenuta mescolando insieme le ossa dei fascisti e dei partigiani, delle vittime e dei carnefici, cancellando Jasenovac.

Il primo compito della coalizione del nuovo governo croato è la riforma della Costituzione per spogliare, subito, il capo dello stato dei troppi poteri attribuitisi fino a ieri da Tudjman, e instaurare una democrazia parlamentare. I sei partiti democratici si avvicinano alla maggioranza richiesta dei due terzi, e anche nelle file dell'Hdz, ridimensionata ed avviata allo sfacelo, sono sempre più numerosi i sostenitori della restrizione dello strapotere presidenziale. Chiunque sarà il nuovo capo di stato dopo il 7 febbraio - quasi certamente il leader liberale Drazen Budisa che ha già ceduto la presidenza del suo partito - non sarà l'erede di Tudjman: con la morte del "Supremo" è stato sepolto anche il tudjmanesimo.

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