TUDJMAN SOTTO IL SEGNO DI PAVELIC
- GIACOMO SCOTTI - ZABABRIA
I n un recente volume apparso in Italia "I Signori della guerra", curato dallo scrittore croato Predrag Matvejevic stabilitosi a Roma per sfuggire alle persecuzioni del regime, si legge uno "schizzo per un ritratto del presidente Tudjman" dal quale emergono i tratti essenziali del personaggio: vanità, superbia, immensa presunzione, dispotismo, mitomania nazionalistica, fatuità, egocentrismo, inclinazione alla teatralità da parata, sfrenata ambizione e disinvolti mutamenti di campo. Il testo matvejeviciano non è una biografia, ma potrebbe servire da guida a chi volesse scriverla, tenendo presente però anche gli aspetti politici dell'azione svolta negli ultimi cinque lustri della sua vita dal personaggio che da un lato ha l'indiscusso merito di aver portato la Croazia all'indipendenza, dall'altra la responsabilità di aver contribuito alla guerra fratricida in Bosnia-Erzegovina, tentando di frantumare quel paese e di annettersene una bella fetta, quella battezzata "Repubblica croata di Erzeg-Bosnia". Ma non è tutto: ha portato la Croazia all'isolamento politico internazionale, l'ha inimicata con quasi tutti i paesi confinanti, a cominciare dalla Slovenia che pure fu sua alleata nella guerra contro i serbi e, prima ancora, nella secessione dalla Jugoslavia. Ancora: ha ridato cittadinanza nel paese all'ideologia del revisionismo storico ed alla prassi del neoustascismo, ha umiliato la democrazia con un autocratismo sfrenato molto vicino alla dittatura, ha portato il paese alla bancarotta economica e sociale (mai registrate prima dell'"era tudjmaniana" così alte percentuali di disoccupati, di mendicanti, di pensionati al di sotto della soglia di povertà), alla persecuzione delle minoranze etniche.
Alcuni anni fa, nel corso del 1996, sulle colonne del settimanale Globus di Zagabria fu pubblicata a puntate una prima biografia dell'uomo che inventò per sé gli epiteti di "presidente di tutti i croati nel mondo", "padre della patria" e "Supremo". Fu annunciata la pubblicazione in volume di quella biografia, ma il libro non si è visto. Non piacque al Supremo che, anno dopo anno, per oltre un decennio, modificava il proprio passato di partigiano e comunista per presentarsi sotto la nuova luce di anticomunista della prima ora, di apologeta del capitalismo e di nazionalista viscerale. Ma sarà ricordato soprattutto come seminatore di odio verso i "diversi" di ogni colore.
Nato il 14 maggio 1922 da Justina Gmaz e Stjepan Tudjman nella grossa borgata di Veliko Trgovisce, la regione dello Zagorje che diede i natali anche a Josip Broz-Tito, Franjo Tudjman era destinato a continuare l'attività del padre commerciante e bottegaio. Interruppe gli studi a causa della guerra, nel 1941. Diciannovenne, aderì al movimento partigiano e, nelle file dell'Esercito popolare di liberazione jugoslavo, conseguì i vari gradi fino a quello di colonnello. Dal maggio 1945 fino al 1961 operò nei servizi segreti delle forze armate, dapprima presso il Ministero della Difesa, poi nel Servizio personale (quadri) del Quartier Generale dell'Armata Jugoslava, raggiungendo così i massimi vertici del Kos, il servizio di spionaggio e controspionaggio militare che decideva del destino di milioni di persone. Nel frattempo frequentò pure un corso abbreviato dell'Accademia militare di Belgrado, alla quale gli ex partigiani potevano accedere anche con il titolo di studio di scuola media inferiore, terminandolo nel 1957 e conseguendo il grado di generale. Due anni dopo, nel 1959, sulla rivista di storia militare Vojno Delo di Belgrado, Franjo Tudjman pubblicò col proprio nome un articolo scritto da un altro ufficiale, Slavko Blagojevic, a lui sottoposto. Lo scandalo fu scoperto appena nel 1961, anno in cui il colpevole fu costretto a lasciare la capitale jugoslava e il servizio militare attivo. tuttavia, per intervento di Tito, gli fu concessa una sinecura a Zagabria, quella di direttore dell'Istituto per la storia del Movimento operaio della Croazia.
Nel frattempo la Jugoslavia aveva superato finalmente il "periodo rivoluzionario" e le leggi del paese non permettevano più a nessuno di ricoprire cariche dirigenti senza determinati titoli di studio superiori; anche Franjo Tudjman fu costretto ad esibire una laurea regolarmene conseguita. L'interessato si diede da fare, "laureandosi" e conseguendo il dottorato in scienze storiche nel 1965. In che modo? Quell'anno Tudjman si precipitò nell'ufficio del colonnello Blagojevic pregandolo di rilasciargli un certificato, una dichiarazione qualsiasi, da cui risultasse che egli, Tudjman, aveva pubblicato senza firmarli diversi articoli sulle riviste di storia militare su argomenti relativi alla Lotta di liberazione. Per interessamento anche del generale d'armata Kosta Nagy, già braccio destro di Tito e alta autorità nei vertici delle Forze armate nel dopoguerra, riuscì ad ottenere quanto richiesto: alcuni attestati (posticci) in base ai quali poté presentare all'Università di Zagabria la domanda per l'ottenimento della laurea e del dottorato. L'Università zagabrese accettò come buoni gli attestati, ma negò ugualmente la concessione della laurea in quanto il richiedente risultava privo perfino del diploma di scuola media. A quel punto Tudjman si rivolse alla Facoltà di lettere di Zara, ottenendo laurea e dottorato con la firma del prof. Dalibor Brozovic il quale sarà premiato: salito al potere, Tudjman lo nominerà vicepresidente del suo partito, vicepresidente della Repubblica (biennio 1990-91), direttore dell'Istituto lessicografico della Croazia e membro dell'Accademia croata delle arti e scienze.
Una volta "conseguiti" laurea e dottorato, Tudjman poté inserire il proprio nome fra i redattori di varie riviste ed enciclopedie.
Questa strepitosa carriera subì il primo stop nel 1967 con la cacciata, di Tudjman dall'Istituto per la storia del movimento operaio e il suo arresto nel 1972 quando fu condannato a due anni di carcere per nazionalismo e congiura contro l'unità dello Stato jugoslavo. Nel 1981 fu nuovamente processato e condannato a tre anni di carcere. Nel 1985 fondò il movimento ultranazionalista e secessionista Hdz che raccolse anche il variegato gregge del fuoriuscitismo ustascia e neoustascia e, con il finanziamento di questi emigranti, salì al potere in Croazia nel 1990, anno in cui fu nominato presidente della repubblica.
Salito al potere, Tudjman fece di tutto per tener nascosti o cancellare dalla propria biografia gli aspetti decisamente negativi, le situazioni imbarazzanti, e di inventare episodi più consoni al suo nuovo ruolo. Lo ha fatto in discorsi, interviste, scritti vari, creando al tempo stesso intorno a sé il culto della personalità, imitando i più classici dittatori dell'epoca nostra perfino nelle uniformi, nella scenografia della sua Guardia Presidenziale, nei gesti... Ha tentato di atteggiarsi a Tito. E pur essendo rimasto molto al di sotto del profilo storico e politico raggiunto ai suoi tempi dal Maresciallo jugoslavo, Tudjman lo ha superato di gran lunga negli aspetti esteriori. Già nel 1994 fece coniare la propria immagine su medaglie d'oro e d'argento emesse dalla Banca nazionale. Apparvero in quell'epoca anche due lussuosi volumi di fotografie che riprendevano il "Supremo" e i membri della sua famiglia nelle varie fasi della giornata e in varie cerimonie. Per sdebitarsi con i suoi finanziatori e sostenitori, impose alla nuova moneta croata il nome di "kuna" risuscitando quello inventato dagli ustascia nel 1941. Cambiò nome al Parlamento, battezzandolo "Sabor dello Stato croato", tale e quale era stato definito dal "duce" ustascia Pavelic.
Nei quaranta anni di leadership, Tito non pensò mai di mettere una lapide sulla cella del carcere di Lepoglava in cui fu imprigionato per alcuni anni sotto la Jugoslavia monarco-fascista, ma Tudjman ha preteso ed ottenuto, qualche mese addietro, che una lapide ricordasse il suo soggiorno in quello stesso carcere e che si intitolasse al suo nome la "sua" cella, ora "stanza museo". Prima ancora, sempre nel corso del 1999, volle che fosse trasformata in museo, dopo essere stata ricostruita a spese dello Stato, la casa in cui nacque, a Veliko Trgovisce.
Alla tv di Stato nessun tg poteva cominciare senza una notizia, la più insignificante, che non si riferisse al "Supremo"; una sua passeggiata, la presenza a una mostra, una partita di tennis e solo dopo arrivava la notizia di un catastrofico terremoto o di un'alluvione. Distribuendo a larghe mani medaglie, decorazioni, onorificenze, titoli e commende, ne ha concesse ben undici a se stesso, da Cavaliere dell'Ordine della Stella Mattutina a quella di Commendatore dell'Ordine di Re Zvonimiro, d'oro e d'argento. Con l'uniforme di generalissimo o di ammiraglio il suo petto era uno sfavillìo di medaglie. Il primo accademico entrato dopo il 1990 nelle file della massima istituzione culturale, artistica e scientifica del paese, l'Accademia croata delle Arti e Scienze, fu Tudjman. Senza mai aver scritto una sola poesia o un racconto, una qualsiasi pagina letteraria, fu accolto subito, nel 1990, nelle file della prestigiosa Associazione degli scrittori croati.
Una delle prime visite ufficiali all'estero in veste di capo di Stato, Tudjman la fece in Cina. Davanti al Congresso pancinese disse che Marco Polo era nato sull'isola croata di Curzola ed era croato, poi convocò sull'isola dalmata un congresso "internazionale" per "documentare scientificamente" la croaticità del grande viaggiatore veneziano.
Da allora la trasformazione in croati di scienziati, pittori, scultori, poeti, scrittori ed altri personaggi italiani della Dalmazia, dell'Istria e della stessa Venezia non si è più arrestata. Prova ne sia anche la mostra allestita in Vaticano recentemente.
In un'intervista di qualche anno addietro, il "Supremo" disse di essere entrato in politica già nel 1928. Dunque, all'età di sei anni! Pronunciando il discorso dell'inaugurazione della "Casa-Museo Tudjman" a V. Trgovisce nel luglio di quest'anno, aggiunse alcuni nuovi falsi ai tanti della biografia propria e di suo padre. Eccone una sintesi, secondo alcuni seri storici croati, fra cui Zvonko Ivankovic-Vonta che più degli altri reagisce al revisionismo del regime. Nel 1965, quando il "supremo" era semplice gerarchetto della nomenklatura, fece immurare una lapide all'ingresso della casa paterna nella cittadina natale. Vi si leggeva che Stjepan Tudjman era "morto" tragicamente nel 1946, insieme alla sua seconda moglie Olga, vittime di terrori ustascia (in realtà il padre si era suicidato dopo aver ucciso con un colpo di pistola la moglie). Salito al potere, con alleati vecchi e nuovi ustascia, la lapide fu tolta. Tudjman allora impose anche il nome di suo padre alla piazza principale di Vali Trgovisce e fece immurare una lapide nuova sulla casa. Vi si afferma che Stjepan Tudjman e la consorte Olga furono vittime di "agenti comunisti"!
Prima di diventare "storiografo" - era ancora generale jugoslavo - Tudjman fece incidere il nome di suo padre sull'obelisco che nella piazza di V. Trgovisce ricorda i caduti partigiani del 1941-45, indicandolo come "vittima postuma" della guerra! Nel 1991, ormai "supremo", fece trasferire le ossa dei genitori a Zagabria e quindi, attraverso la pubblicazione di testi autobiografici e interviste, sparse la storia che suo padre e la matrigna erano stato uccisi da agenti dei Servizi di Tito. Insomma, a dirla con Zvonko Ivankovic-Vonta, le morti del padre e della madre "sono diventate parte della mitologia personale del presidente e delle sue evoluzioni". L'ultima "verità" è del 1987, anno in cui, riottenuto il passaporto rosso, e potendo recarsi all'estero, Franjo Tudjman ebbe i primi contatti con gli esponenti del fuoriuscitismo ustascia. Quell'anno, a Zagabria, stando a quanto egli dirà nel 1990, venne a conoscere "i nomi dei soldati comunisti che uccisero a sangue freddo mio padre e mia madre, gente che tuttora vive in Croazia". Fece pure il nome dell'uomo che gli avrebbe rivelato i nomi degli assassini. Ma quell'uomo coraggiosamente smentì il presidente, dandogli del bugiardo. Rievocando l'episodio nell'ottobre 1996, il giornalista del Novi List di Fiume Goran Malic riferì una frase pronunciata da Tudjman nel 1991 ("Per oltre 4 decenni ero vissuto nella menzogna, convinto che i miei genitori fossero stati massacrati da collaborazionisti nazisti. Ora il mio partito ed io siamo stati prescelti Per mettere fine a questa tirannia della falsificazione storica") commentandola ironicamente: "La battaglia iniziata da Tudjman, in corso tuttora, contro i falsi storici, ha dato fantastici risultati". A sua volta il già citato Ivankovic-Vonta ha provato che la morte di Olga e Stjepan Tudjman fu conseguenza di un collasso nervoso di Stjepan, il quale dapprima uccise la moglie e poi si suicidò con la pistola.
Sui chiaro-scuri della vita di Tudjman, il leader dei liberali croati Vlado Gotovac, scrittore e poeta, disse che -a giudicare dai vari brani autobiografici finora diffusi dal "Vrhovnik" - "si tratta di una biografia irreale, nella quale tutto è improbabile e sospetto", a partire dalla morte del padre e della madre "al tempo stesso egli (Tudjman) cerca in tutti i modi di nascondere i tentativi fatti a suo tempo per evitare la galera. Di questo non parla mai!". Gotovac alludeva ai processi politici degli anni 1971-1987 nei quali Tudjman se la cavò relativamente a buon mercato, scontando solo 10 mesi dei più di tre anni di carcere affibbiatigli e per di più godendo di un trattamento privilegiato invidiatogli dagli altri detenuti politici, fra i quali c'era Gotovac.
Un capitolo che cercheremo invano nei vari brani autobiografici di Tudjman è quello dell'arricchimento suo e della sua famiglia. E' difficile spiegare, infatti, come abbia fatto, con il solo stipendio sia pure elevatissimo, di capo di Stato a diventare già nei primi 5 anni di potere proprietario di una villa-reggia che costa decine di miliardi, a trasformare la figlia Nevenka in proprietaria di una delle catene di lussuosi negozi a Zagabria, a fornire al nipote (figlio di Nevenka) la possibilità di fondare una delle più potenti banche private in Croazia. Per non parlare del primogenito Miroslav Tudjman promosso dal padre prima colonnello e poi generale nel giro di pochi mesi, nominato infine capo coordinatore di tutti i Servizi segreti (sono quattro) della Croazia. Miroslav passa per un non-autoritario, ma intanto - attraverso il partito- regime, il governo, la polizia e l'esercito, e soprattutto i servizi segreti - è stato tenuto in sudditanza e in ostaggio per anni un intero paese.
Anche i più accesi denigratori di Tito ricordano che egli non mosse un dito per i suoi figli, fratelli ed altri, anzi vietò a chiunque di facilitarli e perfino di parlarne. L'avversario di Tudjman, il nazionalista Miko Tripalo, leader della "Primavera croata" negli anni 1968-1972 in un testo pubblicato nel 1992 sul settimanale St dal titolo "Il mio compagno di un tempo, l'attuale presidente Franjo Tudjman", scrisse che Tito, visitando un giorno il grande stabilimento metallurgico "Prvomajska" di Zagabria, fu molto meravigliato di incontrarvi il suo ultimo figlio e constatare che era riuscito a trovare lavoro. Tudjman, invece, oltre a dare una posizione solidissima e privilegiata ai suoi figli e nipoti (uno dei quali vive in Istria, è proprietario di una tv privata ed è gerarca nella leadership del partito-regime regionale), ha sfruttato il potere per mitizzare se stesso e la sua famiglia (oltre ad arricchirla), operando come un monarca assoluto. Un monarca piccino piccino, moralmente e intellettualmente, che - come ricorda Predrag Matvejevic ne "I Signori della Guerra - La tragedia dell'ex Jugoslavia" non ebbe alcun ritegno a vantarsi, in una pubblica riunione, che sua moglie non era "né serba né ebrea, per grazia di Dio!".