Nuove droghe, vecchie ricette

D'ELIA CECILIA

PROIBIZIONISMO

Nuove droghe, vecchie ricette

CECILIA D'ELIA *

D i fronte al dramma della morte di un ragazzo riemerge l'illusione che la soluzione al consumo di droghe sia nella scrittura di nuove norme e divieti. Sorge il dubbio che dietro la richiesta repressiva di alcuni si nasconda il tentativo di cavalcare una nuova campagna di legge e ordine, più che la ricerca di efficaci politiche di tutela della salute dei più giovani. Assistiamo ad una escalation di criminalizzazione indiscriminata che arriva fino alla proposta di Fini di assimilare lo spaccio al tentato omicidio, ignorando che la legge attuale già punisce lo spaccio, e perfino la semplice cessione, con pene sproporzionatamente alte e che molto spesso non sono le sostanze il vero rischio, bensì la clandestinità del mercato, che non consente alcun controllo su di esse. Per aiutare altri ragazzi ed evitare altri drammi è più utile tradurre l'emozione del momento in attenzione ai dati della realtà, a partire dalla quale è anche possibile una comunicazione efficace con chi consuma. Si è fatto invece un gran polverone, mentre ancora oggi, in assenza degli esiti degli esami tossicologici, non conosciamo esattamente le cause della morte di Jannick.

Diciamo tutti di essere di fronte a un tipo nuovo di consumo, salvo poi ostinarci a riproporre le vecchie ricette proibizioniste, già dimostratesi inefficaci per altre sostanze. Pensiamo davvero che l'urgenza sia "aggiornare l'elenco delle sostanze fuorilegge", inseguendo le migliaia di possibili modificazioni delle droghe sintetiche? Oggi più che mai, gli alleati per una efficace politica di tutela della salute sono i consumatori, questi ragazzi "normali" che il sabato vanno a ballare e a sballarsi. E su questo versante non siamo all'anno zero. Non lo siamo in Italia, dove progetti sono andati avanti in questi anni, finanziati anche dal Fondo nazionale antidroga, e non lo siamo in Europa, come testimonia il rapporto che l'Osservatorio europeo su droga e tossicodipendenze ha presentato a fine '97. Questo studio da un lato ridimensiona l'enfasi sulla "droga che uccide", a partire dalle ricerche fatte sui paesi dove più esteso è il consumo, come il Regno Unito; dall'altro decisamente indica come politiche efficaci quelle che mirano a spostare il consumo verso un uso moderato e meno rischioso, attivando conoscenza e consapevolezza tra i consumatori.

L'esperienza risulta più efficace laddove, come in Olanda, all'informazione si affianca anche l'analisi delle sostanze, riuscendo così ad avere un qualche controllo sul mercato clandestino. Un progetto simile, subito bloccato dalle forze dell'ordine, era stato proposto in Italia dall'Emilia Romagna, se fosse stato sostenuto dalle istituzioni e dal governo nazionale oggi avremmo anche da noi un'esperienza capace di costruire prevenzione attraverso una corretta informazione sulle sostanze in circolazione e i modi sicuri di utilizzarle. E' la scelta europea di riduzione del danno. Come giustamente rivendica l'Osservatorio, allo statunitense "just say no" sostituiamo il più efficace "just say know".

*portavoce Forum droghe

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