CROAZIA/ELEZIONI SPOT ELETTORALI, DOPO STEPINAC
- GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA
D a parecchi giorni la televisione e i giornali di regime in Croazia danno fiato alle trombe (siamo in campagna elettorale) per glorificare ogni parola e movimento del "supremo", moltiplicando le pose delle prime pietre, gli scoprimenti di monumenti, le aperture al pubblico di edifici o di parti di essi, inaugurazioni, tagli di nastri e cerimonie varie da parte dei governanti che approfittano di queste occasioni per esaltare le "grandi opere" del regime. Al vertice di tutto c'è un evento "storico": la visita nella Città del Vaticano, dove incontrerà il papa, del presidente croato Franjo Tudjman, che compirà il viaggio il 28 ottobre. C'era da aspettarselo che, prima o poi Wojtyla, dopo la sua visita in Croazia nell'ottobre del 1998 per la beatificazione del cardinale Stepinac - il vescovo che benedisse il regime nazi-fascista di Ante Pavelic - avrebbe ricambiato il "favore".
Ignoriamo la ragione per cui è stata scelta proprio questa data, ma gli osservatori politici fanno osservare che il "supremo", in preda da tempo a uno stato di frustrazione per non essere riuscito a realizzare una visita ufficiale in Italia che desiderava compiere da alcuni anni, finalmente potrà mettervi piede per raggiungere il Vaticano anche senza l'invito del governo di Roma. Il pretesto, creato con una spesa di oltre due milioni di marchi, gli viene fornito dall'inaugurazione della mostra di arte sacra croata dal titolo Croati, arte, fede e cultura allestita nello spazio centrale della Biblioteca dei musei vaticani, precisamente nella Sala Sisto V. L'esposizione resterà aperta fino al 15 gennaio 2000 e consta di 130 campioni, opere d'arte che vanno dal Nono al Diciannovesimo secolo.
Purtroppo per il "supremo", la mostra e il viaggio che egli si accinge a compiere per inaugurarla (insieme al cardinale Angelo Sodano) hanno già suscitato accese polemiche in alcuni circoli politici e culturali della diaspora dalmato-istriana in Italia e nella stessa Croazia. E questo perché, a parte certe nostalgie irredentistiche coltivate in alcuni vertici degli esuli, è apparsa chiara e provocatoria l'intenzione del regime nazionalista croato di compiere un nuovo e decisivo passo sulla via della snazionalizzazione di quel poco o tanto di veneto e di italiano rimasto in Dalmazia e in Istria. Vengono contrabbandati come frutto di artisti croati e del genio creativo le opere più eminenti che arricchiscono la mostra e cioè opere di artisti romanici, rinascimentali e di altre epoche che sono ben lungi dall'essere croati. Ci limiteremo a pochi esempi. Per la prima volta esce dalla sua sede secolare l'arca di San Simone (400 kg d'argento), opera del 1377-80 di Francesco da Milano ovvero Franciscus de Mediolanum (nel catalogo croato indicato col nome di "Franjo iz Milana"), cara alla memoria degli zaratini. Quest'arca fu creata su commissione della regine Elisabetta di Bosnia andata sposa al re magiaro Ludovico I d'Angiò, una regina gloriosa ma sfortunata che, catturata dai magnati croati nel 1382, venne gettata nella prigione di Novagradi in Dalmazia e lì massacrata. La mostra comprende pure un busto argenteo di S. Stefano, opera dell'oreficeria di Roma; una statua di S. Giovanni da Traù, opera dello scultore toscano Niccolò Fiorentino che trascorse lunghi anni in Dalmazia nel XV secolo; il ritratto del vescovo di Spalato di Lorenzo Lotto, veneziano di nascita e morto a Loreto; una Pietà del celebre Tintoretto, una tela del Carpaccio, una Pala di Lagosta dipinta a Roma dal parmense Giovanni Lanfranco; un pluteo cristiano precedente l'arrivo delle popolazioni croate e slave in genere sulla costa dalmata; piani e documenti di cattedrali come quella di Sebenico costruita da Giorgio Orsini da Zara (croatizzato in Juraj Dalmatinac) e quella di Zara in perfetto stile pisano. Queste ed altre opere ancora (ricordiamo pure un prezioso trittico dello spalatino Francesco Natalis o Nadali e Natali, vissuto a cavallo fra il XV e il XVI secolo) che vengono spacciate come opere croate.
E' inevitabile che si polemizzi, dunque, sulla pretesa di croatizzare tanta parte dell'arte - sacra e profana - di cui sono ricche l'Istria e la Dalmazia per i noti eventi storici che, dopo l'impero romano, portarono quelle terre nel quadro dei domini veneziani e portarono in asse centinaia di artisti italiani da Venezia e da Napoli, da Milano, da Firenze e da altre città dal Mille fino alla fine del Settecento. Purtroppo, dopo la salita al potere di Tudjman in Croazia è in atto una forsennata campagna di croatizzazione e di falsificazione in ogni campo della cultura; vengono cambiati nazionalità e perfino i nomi di scrittori, poeti, filosofi, storiografi ed altri che vissero e operarono a Ragusa oggi Dubrovnik, a Spalato, a Sebenico, a Zara e altrove.
Tra questi, il compositore e inventore dei caratteri musicali per la stampa Andrea Antico da Montona diventa Andrija Motuvljanin, il filosofo Francesco Patrizi si trasforma in Frane Petric, il pittore veneziano Andrea Meldola viene ribattezzato Andrija Medulic, il cartografo camodistriano Pietro Coppo si trasforma in Petar Kopic, e si potrebbe continuare citando decine di personaggi, non ultimo Marco Polo che Tudjman in persona definì "croato di stirpe e di nascita" alcuni anni fa, insistendo sul falso al punto da battezzare "Marko Polo" un treno espresso che fa la spola quotidiana fra Zagabria e Venezia e, con lo stesso nome croatizzato una nave traghetto che unisce le due sponde adriatiche. Ora quest'uomo, Franjo Tudjman, mette piede sul suolo italiano non per contribuire ai buoni rapporti, ma per rinfocolare polemiche sulla spinta di sentimenti sciovinistici, nazionalistici, xenofobi.
Perfino uno degli organizzatori della mostra, il coordinatore prof. Miljenko Domijan, ha dovuto riconoscere qualche giorno addietro, sul quotidiano Novi List di Fiume, che l'esposizione contrabbanda col marchio statale croato parecchie opere d'arte che appartengono alla cultura e all'arte italiana; ha però giustificato l'operato dicendo: "Non si poteva fare altrimenti perché la produzione di esclusiva etnicità croata in Croazia ha scarso valore. Non so proprio che cosa potremmo mostrare, sarebbe tutto sotto un certo livello. Abbiamo però opere di pittura, per esempio, non dipinte da pittori croati ma da un Tintoretto o da un Carpaccio, frutto di commissioni e di donazioni. E' indubbio che queste ed altre opere appartengono al patrimonio culturale croato sul piano giuridico-statale, sicché non mentiamo nel dire, presentando la mostra, che appartengono al patrimonio culturale croato". Un gioco di parole, e ... il gioco è fatto. Così si promuove politicamente la Croazia in Italia e nel mondo nel periodo inaugurale dell'Anno Santo del 2000. Invece di essere occasione di avvicinamento, la mostra diventa pietra di scandalo, occasione per accendere nuovi focolai di tensioni. Con la benedizione della Santa Sede. Alla quale è già arrivata una lettera di protesta con le firme di mille persone di ogni parte del mondo.