Il falò di Giakarta

PESCALI PIERGIORGIO

INDONESIA "SUHARTO E' STATO ABBANDONATO, ORMAI ERA UNO SCOMODO ATTORE DEGLI USA"

Il falò di Giakarta

Intervista a Pramudya Ananta Toer, il grande scrittore indonesiano candidato al Nobel Accusato d'essere "comunista", è stato 14 anni in carcere e 19 agli arresti domiciliari

"30 settembre 1965, la notte del golpe di Suharto, ero in casa con mia moglie e i militari mi bruciarono i libri e i miei manoscritti. Una parte di me si è estinta per sempre"

- PIERGIORGIO PESCALI - GIAKARTA

S e il governo vieta agli indonesiani di leggere liberamente i miei libri, significa che ha paura delle idee di cui essi sono portatori: idee di giustizia, libertà e democrazia. E' quindi un onore per me che questo governo, che rispecchia l'esatto contrario di questi valori, cerchi di impedirne la divulgazione attraverso metodi antidemocratici". Pramudya Ananta Toer sorride mentre aspira il fumo della sigaretta Kretek che ormai lo accompagna perennemente. Se dei suoi 73 anni di vita 14 li ha trascorsi nelle prigioni indonesiane e 19 agli arresti domiciliari, Pramudya lo deve al fatto che è sempre stato una delle figure più note e meno flessibili dell'opposizione interna. Negli anni Cinquanta era un esponente di spicco del Lekra (Lembaga Kebudayaan Rayat), l'Associazione culturale del popolo legata al Pki, il Partito comunista indonesiano di cui non ha mai voluto diventare membro - "non faccio parte di nessuna corrente ideologica totalitaria", dice -. Ma tanto è bastato perché, dopo la rocambolesca e oscura notte del 30 settembre 1965, conclusasi col colpo di stato ordito da Suharto, lo scrittore venisse arrestato, come molti suoi compagni, con l'accusa di essere comunista. Il ricordo di quel terribile giorno è ancora vivo in lui: "Ero in casa con mia moglie, quando all'improvviso sentii delle urla provenire dalla strada. Uscii per vedere cosa stesse accadendo e mi trovai di fronte un gruppo di militari, che misero a soqquadro tutte le stanze. La mia prima preoccupazione fu per mia moglie, poi per la preziosa biblioteca con i miei manoscritti. Implorai i militari di consegnare tutto al governo, ma essi preferirono bruciarli. Una parte di me si è estinta in quel terribile falò". Oltre alle conseguenze morali, Ananta Toer porta ancora i segni fisici delle percosse subite durante gli interrogatori: l'orecchio destro è rimasto sordo a causa di un colpo ricevuto col calcio di un fucile. "Serve per non farmi dimenticare", afferma con spirito polemico e cercando sostegno nello sguardo di Maemunah Thamrin, la moglie che gli è stata sempre vicino; la casa dove si svolge l'intervista è stata costruita grazie al lavoro di questa donna minuta e fragile mentre il marito era in prigione, risparmiando rupia su rupia e confezionando e rivendendo dolcetti per le strade della capitale.

Vincitore del premio Magsaysay nel 1995 e regolarmente candidato al Nobel per la letteratura dal 1981, a Pramudya sono stati negati per anni due strumenti indispensabili per uno scrittore: la carta e la penna. Così, all'alba del XXI secolo, in piena era del computer, Toer si è trovato a dover sperimentare la tradizione della composizione orale propria di quei cantori girovaghi che vagavano per Giava e isole dell'arcipelago negli anni precoloniali. La Tetralogia di Buru, dal nome della prigione dove ha composto il libro, è stata ideata e articolata in questo singolare modo sino a quando, avuto il permesso di avere una penna, è riuscito a trascriverla e consegnarla clandestinamente a un missionario che l'ha divulgata nel mondo. L'intervista parte dall'analisi dell'attuale situazione dell'Indonesia.

Signor Pramudya, pensa davvero che gli ultimi sviluppi della politica indonesiana siano stati causati esclusivamente da fattori interni e da un reale movimento popolare di protesta verso Suharto, oppure non crede che questi non siano che una semplice risultante, seppur decisiva, di innumerevoli forze esterne che hanno lavorato per destabilizzare il regime dell'ex presidente?

Questo è uno degli aspetti più interessanti di ciò che è accaduto in Indonesia negli ultimi mesi, ma di cui nessuno ha parlato. Lei è il primo giornalista a pormi questa domanda. Certamente per la sua posizione geopolitica e per l'importanza economica e democratica che viene ad assumere, l'Indonesia ha sempre subito l'influsso straniero. I recenti sviluppi non rappresentano un'eccezione. Suharto era diventato uno scomodo attore della politica americana nella regione e per questo gli Usa hanno deciso di abbandonarlo al suo destino. E' Washington a decidere la politica che le grandi organizzazioni finanziarie e economiche mondiali dovranno adottare con i singoli Paesi. Il Fondo monetario internazionale ha imposto all'Indonesia misure economiche che avrebbero palesemente distrutto il sistema su cui era stato costruito l'impero Suharto con l'assenso degli Usa. Come si può quindi non vedere in queste misure la chiara mano degli Usa? D'altro canto non bisogna però dimenticare che negli ultimi anni la politica del 'nuovo ordine' - il complesso di strategie che racchiude la politica di Suharto, ndr -, inaugurata nel 1966, aveva causato dissapori interni, specie tra gli studenti, che si sono mossi in modo sorprendentemente agile, se si pensa che per trentadue anni ogni forma di dissenso e di organizzazione politica era stata soppressa con violenza.

Lei ha parlato di Suharto come scomodo attore della politica americana. Non sembra però che la transizione alla presidenza da Suharto a Habibie abbia mutato le carte in tavola...

E' vero, ma a livello internazionale ora l'Indonesia appare più rispettabile. Habibie non è che una pedina di Suharto e quindi degli Usa. Nessuno dei tre ha mutato la propria politica: Suharto si è ritirato per lasciare il posto al suo figlioccio che continuerà ad agire secondo i voleri del suo padrino, cioè degli Usa. Il governo scelto da Habibie non presenta volti nuovi: nessun rappresentante dell'opposizione ha avuto incarichi al suo interno e nessun partito politico di reale opposizione è stato legalizzato. Certo, Habibie afferma che prima occorre cambiare la Costituzione e che questa verrà cambiata entro la fine dell'anno, ma anche Suharto aveva lanciato la stessa proposta".

Nutre fiducia in leader dell'opposizione come Amien Rais e Megawati Sukarnoputri?

Sino ad ora nessuno di loro ha mostrato di aver fatto granché. Megawati è stata sempre nell'ombra, anche con il movimento degli studenti; al contrario, Amien Rais si è mostrato troppo entusiasta nel cavalcare la protesta, dopo che per lunghi anni ha agito in nome di Habibie. Diffido di lui e di coloro che, come lui, mostrano troppo entusiasmo per movimenti a cui sono sempre stati estranei. Inoltre posso dire per esperienza che l'effervescenza ideologica, se non viene opportunamente dosata, può portare a compiere azioni irresponsabili.

Ha detto di parlare per esperienza: intende dire che anche lei ha commesso azioni di cui poi si è pentito?

Non io personalmente, ma amici, compagni infervorati dall'entusiasmo. Pensi solo alle bombe atomiche indiane e pakistane: il giorno dopo i test, milioni di indiani prima, e pachistani poi, scendevano in piazza a manifestare la loro gioia e il loro appoggio ai rispettivi governi. Ma quando, specialmente in Pakistan, si accorgeranno quanto hanno influito sulla loro piccola economia quotidiana queste esplosioni nucleari, si rivolteranno di nuovo contro i loro leader.

Nuova Delhi oggi mira a divenire ciò che l'Indonesia era per i paesi del Terzo mondo negli anni Cinquanta: una nazione guida per l'emancipazione politica e economica dall'Occidente. Perché il nuovo ordine ha abbandonato la politica d'impatto frontale con le potenze del Primo mondo, condotta a suo tempo da Sukarno?

Perché il Gerakan 30 September - il Movimento 30 Settembre 1965, dal giorno del colpo di stato che ha portato al potere Suharto, ndr - è stato un movimento voluto da Usa e Gran Bretagna per contrastare l'avanzata del Partito comunista e terminare la politica di guerra con la Malesia, la cui indipendenza era stata voluta e propagandata dalla stessa Gran Bretagna per poter avere una base economica di appoggio per il suo commercio nell'Asia orientale e in Australia.

Si potrebbe spiegare meglio?

"Nel 1965 c'erano circa 40mila volontari indonesiani pronti a partire per combattere contro gli inglesi in Malesia. Se i volontari fossero giunti nella penisola, per Londra sarebbe stato impossibile controllare le rotte marittime che passavano per Singapore e per il Borneo settentrionale.

Ma oggi non mi può dire che la Malesia sia un avamposto commerciale britannico...

Non del tutto, anche se lo è Singapore, ma per diversi anni dopo il 1965 lo è stata. Ricorda la parola neocolonialismo? Si adattava perfettamente alla Malesia. Inoltre non le sembra strano che per la prima volta nella storia sia stata proprio una potenza coloniale a volere l'indipendenza della propria colonia quando Vietnam e Indonesia, che avevano raggiunto l'indipendenza il 15 e il 17 agosto 1945, erano state le nazioni più osteggiate dai Paesi del Nord?

Lei è rimasto dell'idea che il governo Sukarno sia stato dopotutto il migliore governo che l'Indonesia abbia mai avuto. Ma oggi Sukarno è morto. Quale forma di amministrazione vorrebbe in Indonesia nel caso il prossimo anno si tenessero libere elezioni?

Un governo scelto dal popolo liberamente e democraticamente. Un governo che ponga in primo piano l'uomo e non il capitale o il profitto. Un governo che rispetti la volontà dei singoli popoli che compongono l'arcipelago indonesiano.

E che quindi in questa fase sia capace di trovare una soluzione anche per Timor Est?

Timor Est non è territorio indonesiano. Non ne ha mai fatto parte colonialmente e culturalmente. I timoresi orientali hanno diritto a conquistare la loro libertà, se è questo ciò che vogliono. Sukarno non avrebbe mai accettato l'idea di invadere Timor Est. Suharto sì.

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