Il factotum di Bahia innamorato del pop

LORRAI MARCELLO

MUSICA CONCERTO

Il factotum di Bahia innamorato del pop

Meno convincente il ritorno di Carlinhos Brown

- MARCELLO LORRAI - MILANO

C omincia bene, con l'istrionismo di un Prince tropicale, Omelete Man,seconda prova personale di Carlinhos Brown, uscito nel '98 a circa tre anni di intervallo da Alfagamabetizado. Ma poi lascia l'ascoltatore vanamente in attesa di quello scatto di fantasia decisivo, di quel tratto di originalità perentorio che non faceva difetto invece all'album precedente. Se "Alfagamabetizado" poteva apparire una convincente realizzazione dell'idea "antropofagica" dell'identità che si nutre dell'ingestione dei materiali più diversi, di fronte a "Omelete Man" -fra echi beatlesiani, gusto Paisley Park, abbandoni romantici, reggae, funk, punk rock- si ha la sensazione che il factotum di Bahia questa volta non abbia forse ruminato a sufficienza. In fondo Omelete Man sta ad Alfagamabetizado come il ritorno di Carlinhos a Milano sta alle sue prime esibizioni italiane della primavera-estate del '97: gli ingredienti sembrerebbero essere quelli, in uno spettacolo che rimane tutt'altro che spiacevole manca però la magia, l'impressione di trovarsi di fronte ad una figura carismatica, per certi versi ad un Prince del sud del mondo.

Personaggio fuori dal comune Carlinhos Brown lo è certamente. Ad attirareprepotentemente l'attenzione su di lui aveva contribuito nel '92 un album come Bahia Black, prodotto da Bill Laswell, con Carlinhos Brown in cima ad una lista di nomi come Olodum, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Henry Threadgill. Quando arrivò in Italia per la prima volta, Carlinhos, poco più che trentenne, era ormai assurto ad un ruolo di tutto rispetto, quasi di guru, assai richiesto, della musica brasiliana, con all'attivo collaborazioni di rilievo ad album di personaggi come Caetano Veloso e Sergio Mendes ma anche di un gruppo trash metal, i Sepultura.

In più Carlinhos in questi anni si è anche caricato di una responsabilità di tipo politico-sociale nel proprio ambito locale. Animatore di Timbalada, uno dei più noti blocos del carnevale di Bahia, Brown ha dato vita ad altre formazioni imperniate sulle percussioni: Bolacha Maria, costituita da sole donne, e Lectomia, destinata a sottrarre alla strada ragazzini tra i sette e i nove anni. Svolgendo un ruolo di leader culturale, ha anche dato un importante impulso alla rivitalizzazione di un quartiere difficile come il suo, Candeal, ottenendo risultati tangibili nello sforzo di strapparlo al destino delle bidonville.

Con la novità di una fittissima e scurissima barba che forse non giova alla sua cordiale comunicativa, Carlinhos Brown si è ripresentato in Italia con una formazione simile a quella di due anni fa: sax, tromba, trombone,tastiere, chitarre, basso elettrico, due coriste-ballerine e ben cinque percussionisti. Non aiutato da una cattiva sonorizzazione, ha pescato dal vecchio e dal nuovo album, dandosi come al solito un gran daffare fra canto, chitarra, percussioni, trovate sceniche e andirivieni sul palco. Anche se il pubblico, un migliaio di spettatori, ha mostrato nel complesso di gradire, mancava però il feeling a cui Carlinhosci aveva abituati: quel qualcosa di impalpapibile ma di potente che può trasformare la musica in un fatto che ha a che vedere col sogno, con la visione, con l'utopia. Coi suoi concerti Carlinhos Brown è stato tra i pochi in questi anni a farci sentire la musica come energia vitale, come forza capace di cambiare il mondo. Lo aspettiamo di nuovo, magari non troppo presto, in modo che abbia il tempo di ruminare un po' di più.

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