Fra croati e musulmani la polizia divisa e bloccata

SCOTTI GIACOMO

BALCANI LACERAZIONI IN BOSNIA

Fra croati e musulmani la polizia divisa e bloccata

Etnie in guerra anche nella lotta alla criminalità. Che prospera

- GIACOMO SCOTTI - SARAJEVO

I n una delle due entità che compongono la Bosnia, quella maggiormente simpatica agli occidentali e cioè la Federazione croato-musulmana, a tre anni e mezzo dalla fine della guerra la pace è più lontana che mai. Tutte le contraddizioni della pax americana di Dayton qui si moltiplicano. Conseguenza, questa, anche dello sconquasso provocato nel Kosovo, in Serbia e Montenegro dall'intervento della Nato: la Bosnia - un paese di 5 milioni di abitanti di cui un milione e quattrocentomila sono ancora sparsi per il mondo ed altri 800mila sono profughi nella stessa Bosnia - ha visto ulteriormente turbati i suoi equilibri e aggravate le già enormi difficoltà socioeconomiche dall'ingresso di circa 40mila persone arrivate qui fuggendo dal Kosovo e dalla Serbia. Profughi serbi e albanesi, questi ultimi, che hanno seminato nuovi bacilli di divisioni su basi etniche.

Ma torniamo alla Federazione croato-musulmana. Costretti ad abolire formalmente la loro "Repubblica croata di Erzeg-Bosnia", ma mantenendone in piedi le istituzioni - dalla Federazione calcistica a quella degli scrittori, dai programmi scolastici alle banche - negli ultimi tempi i croati rivendicano ad alta voce la ricostruzione della loro "terza entità" e i dissidenti usciti nell'agosto 1998 dalla filiale bosniaco-erzegovese dell'Hdz tudjmaniana per sostenere la riconciliazione interetnica e l'unitarietà del paese sono stati completamente marginalizzati. L'idea e le prospettive di costruire una Bosnia unitaria si allontanano sempre di più, la Repubblica Serba funziona ormai come stato autonomo, mentre la Federazione croato-musulmana è spaccata dal vertice alla base e ulteriori divisioni diventano sempre più probabili.

Nelle poche regioni della Federazione a maggioranza croata (Erzegovina occidentale, Posavina, ecc.) la moneta che conta e circola ufficialmente è ancora la "kuna" di Zagabria, non la comune moneta bosniaca. Paralizzate a livello dello Stato "unitario", le istituzioni comuni fanno fatica a funzionare anche all'interno della Federazione, dove i rapporti fra le due etnie sono tesissimi, e a renderli tali sono gli aiuti finanziari e politici che Zagabria fornisce ai nazionalisti croati bosniaco-erzegovesi ed alla stessa componente croata, l'Hvo, dell'esercito "unitario" federale.

Il settore in cui le tensioni politiche al vertice della Federazione hanno raggiunto il punto più alto è anche il più delicato: il Ministero degli interni, la polizia. Numericamente minoritari in quasi tutte le province, i croati vorrebbero smontare il sistema (loro dicono: decentralizzare), trasferendo i "poteri forti" ai Cantoni in modo da creare una propria "entità" nelle poche province erzegovesi dove sono in maggioranza grazie anche alla pulizia etnica compiuta nel 1994-95 nelle zone da essi occupate con l'aiuto dell'esercito di Zagabria.

I musulmani invece, forti della stragrande maggioranza numerica nella Federazione, vogliono uno Stato federale con forti istituzioni centrali per evitare - dicono - che i cantoni a maggioranza croata, approfittando di un'eccessiva autonomia, finiscano per essere fagocitati dalla Croazia in un prossimo futuro. E' un timore giustificato, visto che già oggi i croati della Bosnia-Erzegovina eleggono propri deputati di Zagabria, propri ufficiali nell'esercito di Zagabria, ed è Zagabria a tenere in mano tutti i fili della politica nei cantoni croati della Bosnia-Erzegovina.

Nella polizia della Federazione croato-musulmana, che in teoria dovrebbe essere un organismo unitario con capi di polizia plurinazionali nelle regioni a forte autonomia, le tensioni sono intense da quando è stato ucciso il viceministro degli interni, il croato Leutar. E' passato quasi un anno, ma i colpevoli non sono stati trovati, le spaccature nei delicati organismi dell'antiterrorismo si approfondiscono, gli estremismi si moltiplicano.

In una recente sessione della Camera delle nazionalità del parlamento federale, il ministro dell'interno Mehmed Zilic (musulmano) e il suo vice croato Tomislav Mihalj hanno presentato relazioni contrastanti sulla situazione nell'ordine pubblico, esprimendo posizioni politiche diametralmente opposte. I due relatori sedevano l'uno lontano dall'altro. I deputati musulmani hanno sostenuto il "proprio" ministro, i croati il suo vice. Il croato ha accusato i musulmani di ricorrere al terrorismo, perseguitando le minoranze croate nella Bosnia centrale; il musulmano ha illustrato il problema che, secondo lui, blocca l'intero settore dell'ordine pubblico: "l'esistenza di sistemi separati e paralleli".

Insomma esistono due polizie, rivali e antagoniste, con due casse dalle quali vengono stipendiati i poliziotti delle due etnie. Sono separati anche gli organismi della polizia confinaria e manca unitarietà nei servizi segreti. Ciascuna etnia ha propri reparti antiterrorismo (ma nell'uno e nell'altro viene esercitato il terrorismo) con due comandi e basi separate: i musulmani a Sarajevo, i croati a Kiseljak. Un criminale croato può facilmente fuggire da Sarajevo (musulmana) rifugiandosi nell'Erzegovina occidentale (croata) mettendosi al sicuro. Forti contrasti si verificano in ogni campo dell'attività investigativa, compresa la lotta alla droga. Le organizzazioni criminali - tra le più forti e ramificate nell'ex Jugoslavia - approfittano della ostilità tra poliziotti, collaborano fra di loro e prosperano.

Potrà migliorare la situazione? I contrastanti interessi nazionali e di partito sono un forte ostacolo. A complicare ulteriormente le cose sono i contrasti di competenza dei leader politici croati e musulmani e la mancanza di volontà politica di sgominare la criminalità organizzata, dalla quale gli uni e gli altri attingono notevoli risorse economiche. Il ministro Zilic ha pubblicato i nomi di otto capi di bande criminali operanti in Bosnia: nomi conosciuti da tutti, "anche dagli uccelli sugli alberi". Perché allora nessuna polizia riesce a bloccarli? Perché, dicono i croati, anche Zilic siede sul ramo della criminalità e non è suo interesse segarlo.

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