La sinistra in crisi d'identità

CASTELLINA LUCIANA

IL VOTO IN GERMANIA

La sinistra in crisi d'identità

LUCIANA CASTELLINA

H o votato alle 7 del mattino e poi sono partita diretta in Germania per un convegno sul cinema tedesco. Ma stasera sono qui a Berlino ad aspettare i risultati, con due testimoni eccellenti: Hermann Scheer, membro della direzione Spd, e fra i rarissimi oppositori socialdemocratici alla guerra; Elmar Altvater, economista ed ecologo illustre, uno dei più vecchi amici de il manifesto, con molti rapporti di collaborazione col sindacato tedesco. Vota, da molti anni, per i Verdi (e per chi altro avrebbe potuto votare uno della sinistra-sinistra tedesca?), ma stavolta, vista la entusiasta partecipazione dei ministri verdi alla guerra, ha sostenuto la Pds, sebbene per anni Elmar sia stato messo all'indice dalla Germania est, per via del sostegno ai dissidenti di sinistra di quel pezzo di paese in cui, di conseguenza, fino alla caduta del Muro non ha mai potuto recarsi.

Siamo attaccati alla Tv, aspettando i risultati.

Chilometriche dichiarazioni

Ma dal piccolo schermo otteniamo solo gli exit poll della Germania e chilometriche dichiarazioni e controdichiarazioni di esponenti Cdu, Spd, Verdi, Pds, Liberali, tutte sulla siuazione tedesca. Da un'ora buona ci sono le indicazioni degli exit poll degli altri 14 paesi del'Unione, ma non è dato saperne nulla dalla Tv tedesca: non gli interessa.

In compenso il cancelliere Schröder con un tetro e sussiegoso discorso ci informa che, quando la politica economica della Repubblica federale avrà altrettanto successo di quella militare, il risultato elettorale non sarà così catastrofico per la Spd (che ha perso un buon 10 per cento).

La guerra (o la pace ?) compare a intermittenze fra le dichiarazioni di Schröder e quelle dei leader verdi di secondo piano, così contenti di aver oltrepassato il tetto del 5%, e perciò di entrare nel Parlamento europeo, sia pure avendo quasi dimezzato i voti rispetto al 94, che non si preoccupano d'altro.

Della guerra, che ha lasciato tramortiti i loro elettori, non parlano, né il signor ministro degli esteri, Joschka Fischer, assai popolare fra i liberali, (che, si dice, avrebbero in realtà salvato il suo partito), ritiene utile apparire in televisione.

Le immagini che lo schermo ci offre da Prizren, Kosovo, ci raccontano intanto che è quasi scoppiata la guerra fra esercito tedesco e serbi per spari e imprevisti non previsti.

Le voci dei nuovi fuggitivi dal Kosovo, i serbi, vengono evocate e subito spente.

Al buio sui risultati del resto d'Europa che, come ho detto, qui come probabilmente altrove, non interessano, commentiamo i dati tedeschi.

Gli elettori della Spd semplicemente non sono andati a votare: 10 % di votanti in meno, 10 % di voti in meno al partito, dice Herman Sheer a caldo, diviso, come capita a tutti gli oppositori del proprio partito, fra l'amarezza di vederlo crollare e la triste soddisfazione di sapere che accade perché si aveva ragione. C'è stato un deficit di identificazione, comprensibile-aggiugne.

E' vero anche per i Verdi, dice Elmar Alvater. La guerra ha inciso sulla coscienza della sinistra tedesca più di quanto non sia apparso.

Discussione tra i due partiti?

Riaprirà, questo voto, una discussione nei due partiti? Tra i Verdi di sicuro, dice Elmar. Del resto, era già scoppiata al congresso di Bielefeld, il 13 maggio: proteste e abbandoni. Ma non scissioni, perché allo stato attuale non c'è alternativa. La Pds non lo è che per pochi, per i più una barriera storico-culturale, per via della Repubblica democratica.

Nel breve periodo non ci sarà comunque un ricambio di leadership. La crisi c'è, ma ha tempi lunghi.

Nella Spd la discussione è già aperta da tempo, e del resto l'auto-esilio di Oskar Lafontaine ne è stata la prova più clamorosa.

Ora la discussione diventerà più dura, perché finora gli oppositori sono stati messi a tacere con l'argomento che Schröder non era molto buono e che però occorreva appoggiarlo perché consentiva alla Spd di vincere le elezioni.

Ora, invece, le ha perse.

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