I neonati del Policlinico, gli operai della Zastava

ALBERTI FABIO

GUERRA ETICA

I neonati del Policlinico, gli operai della Zastava

Emergenza Jugoslavia: la solidarietà per un popolo che resiste con dignità

- FABIO ALBERTI(*) -

L' impressione per aver scampato la vita per un soffio quando abbiamo deciso di lasciare l'Hotel Jugoslavia, troppo costoso per noi e bombardato due ore dopo dalla Nato, è forte. Fortissima. Ma forse il ricordo più vivo che ho di questa missione in Jugoslavia è quello della dottoressa Ilic, direttrice del reparto di neonatologia del Policlinico di Belgrado, una struttura che serve tutto il territorio nazionale, anche il Kosovo.

Con dignità e senza toni apocalittici ci ha descritto il suo lavoro sotto l'embargo e le bombe. I medicinali avevano già cominciato a scarseggiare per le sanzioni economiche, di pezzi di ricambio per le incubatrici non si parla da anni e si continua a riciclare ventilatori vecchi che dovrebbero essere sostituiti. Ora la situazione è ulteriormente peggiorata: le continue interruzioni di corrente hanno messo fuori uso i calcolatori dei monitor, ne è rimasto uno solo. Hanno predisposto i turni notturni per pompare a mano l'aria per i loro piccoli pazienti qualora i black out si prolungassero e la nafta per il generatore non fosse più sufficiente. Quando il vicino ministero dell'Interno è stato colpito le 120 incubatrici hanno tremato tutte, hanno temuto il peggio. Due dati riassumono la situazione: la mortalità nel reparto è aumentata del 25%, proprio mentre le nascite premature, a causa dello stress per i bombardamenti, sono in aumento.

A situazioni come queste bisogna pensare quando si parla di danni collaterali. Non solo alle migliaia - si parla di 1.000 morti e oltre 4.500 feriti - di vittime civili delle bombe. Accanto ai profughi del Kosovo ci sono quindi oltre un milione di disoccupati per la distruzione di 42 impianti produttivi, ci sono i quartieri a nord del Danubio di Novi Sad senza acqua potabile, c'è il previsto incremento per decenni delle leucemie infantili e di altri tumori per lo sversamento di cloruro di vinile e di altri veleni seguito al bombardamento del petrolchimico di Pancevo e di altri sette impianti chimici e all'uso dell'uranio impoverito, ci sono i danni psicologici a migliaia di bambini che gridano "mamma il lupo" quando suona la sirena.

Si può dire che già oggi le vittime dell'attacco Nato alla Jugoslavia sono milioni e che i morti saranno decine di migliaia e potranno diventare centinaia di migliaia se dopo le bombe si cominciasse con l'embargo. Come in Iraq, dove, per inciso, i bombardamenti sono ritornati ad essere quotidiani e dove quotidianamente muoiono 250 persone a causa del permanere delle sanzioni economiche. Con queste cifre, e non solo con i "danni collaterali" dovrebbe fare i conti la coscienza di chi ancora oggi sostiene la guerra umanitaria.

La dottoressa Ilic, simbolo di un popolo che resiste alla morte e lotta per la vita, con la sua dignitosa richiesta di aiuto, sarà anche il riferimento della campagna "Un ponte per Belgrado" che ha "adottato" il suo reparto di neonatologia per permetterle di continuare a salvare i neonati a rischio.

La campagna per le vittime invisibili della guerra ha già avuto il suo primo piccolo successo: mentre tutte le agenzie umanitarie internazionali lasciavano il paese abbiamo effettuato la prima, modesta, consegna di medicinali: qualche decina di migliaia di dosi di anestetici, antibiotici e materiali per chirurgia di emergenza destinati ad ospedali di Cacak, Novi Sad e Belgrado acquistati con i primi fondi affluiti sul conto corrente postale 59927004 (causale Emergenza Jugoslavia). Altre medicine verranno inviate al più presto, a cominciare dal reparto della dottoressa Ilic, se il popolo della pace ci continuerà a sostenere.

Alla Zastava

Alla Zastava ci aspettava un'altra donna: la segretaria del sindacato di fabbrica, con la quale abbiamo discusso dell'utilizzo del fondo di solidarietà promosso dal coordinamento delle Rsu contro la guerra e che verrà gestito dalla associazione "Un ponte per..." (ccp 5091007 - causale Zastava). Hanno chiesto al governo federale un sostegno economico per i 36.000 lavoratori rimasti disoccupati, una sorta di cassa integrazione una tantum di 20 marchi (circa 20.000 lire), ma come per tutti i disoccupati le prospettive sono gravi in una città, come Krakuievaz - 200.000 abitanti - la cui economia ruota interamente intorno alla più grande fabbrica di automobili della Jugoslavia.

La condizione per l'utilizzo del fondo - ci ha detto la signora Ruzisa - è che raggiunga tutti i lavoratori, ad esempio (e questo è parso il loro orientamento), attraverso un aiuto alimentare alle famiglie. Di che genere si vedrà in seguito in base alla quantità di fondi che verranno raccolti sui luoghi di lavoro.

Missione compiuta, quindi. La verifica della finalizzazione delle campagne di solidarietà è stata soddisfacente.

Continueremo in quello che è il nostro modo di essere contro la guerra, stando a fianco di un popolo che la Nato vuole trasformare in nemico totale, come è già successo con gli iracheni.

(*)presidente di "Un ponte per...", di ritorno da Belgrado

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