Non lasciamo sola la nostra Belgrado

CASTELLINA LUCIANA

Non lasciamo sola la nostra Belgrado

LUCIANA CASTELLINA

I nternet, l'amata e odiata, ci conserva in questa guerra la voce degli amici e dei compagni. Anche dei "nemici" serbi. Sfonda la grata delle menzogne della televisione di Milosevic e delle nostre emittenti, costruite solo su schegge di emozione, fuori dai contesti, estranee alle nozioni su ciò che è accaduto prima, durante ma altrove, e dopo. Entropia di immagini, miseria di informazione reale.

E' attraverso Internet che è arrivata da Belgrado, a me come a molti amici della rete che negli anni '80 animò il movimento della pace europeo, da Ken Coates in poi (ricordate? di quella rete, anzi primi firmatari del primo appello contro l'installazione dei missili, facevano parte anche Fernando Solana e Robin Cook!) l'appello per la cessazione immediata dei bombardamenti di cui il manifesto ha dato notizia domenica scorsa e che viene pubblicato qui a fianco.

Ce lo hanno mandato Milos Nikolic, che oggi dirige il Centro per la transizione alla democrazia e un tempo era animatore della Tavola rotonda per il socialismo che, per 15 anni, ha riunito a Cavtat, nella ex Jugoslavia, intellettuali di sinistra le cui organizzazioni di riferimento non si parlavano più, cinesi e sovietici, socialdemocratici e comunisti, ortodossi e critici di ogni banda. E lo invia anche il gruppo belgradese del Comitato di Helsinki per i diritti umani, un organismo che nacque in seno al movimento della pace europeo, per coniugare lotta per la pace e per i diritti dei cittadini, ed era intitolato alla capitale finlandese perché è lì che aveva tenuto la sua prima riunione la Conferenza per la pace e la sicurezza paneuropea, che proprio i principi democratici aveva posto come condizione basilare della convivenza fra i popoli.

E' di lì, come è noto, che nacque l'Osce, che stabiliva nel suo Trattato istitutivo che nessun confine statuale avrebbe dovuto essere modificato, e cui veniva affidato il compito di vigilare sulla pace. Il suo ufficio non fu mai dotato di fondi appena adeguati. A lungo abbiamo irriso all'impegno pur solennemente assunto da europei e americani di fare dell'Osce un pilastro del mondo post-guerra fredda, denunciando che qualsiasi dei nostri uffici era più ricco di quello che pur rappresentava 35 paesi. Come sia finita l'Osce lo sappiamo: ora sbaragliata dalla Nato.

Le organizzazioni che firmano l'appello sono state in questi anni impegnate in Serbia nella lotta per la democrazia e contro il nazionalismo di Milosevic, per i diritti del popolo albanese del Kosovo, così come di tutti i popoli della ex Jugoslavia. Per questo sono state represse dal regime. Invano abbiamo elemosinato presso istituzioni europee e nazionali aiuti per sostenere la loro azione, i loro giornali, le loro radio. Abbiamo ricevuto solo briciole. A chiudere i cordoni della borsa sono molti degli stessi che ora si accingono a votare, qui nel parlamento europeo, l'indecente risoluzione di compromesso fra i gruppi Ppe e Pse (che pubblichiamo all'interno del giornale).

Gli amici e i compagni di Belgrado ci chiedono di aiutarli. Firmando e facendo firmare il loro appello e in tutti gli altri modi che inventeremo. Rispondiamo: è da loro, solo da loro, che potrà venire una reale alternativa a Milosevic.

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