CAMBOGIA HUN SEN: "DEVONO PREPARARSI ALL'IDEA DI UN PROCESSO"
- P. PE. - PAILIN
A Pailin, persino la notizia dell'arresto di Ta Mok è stata accolta con relativa indifferenza. Eppure, quel 6 marzo '99 ha segnato il definitivo tramonto di un'era, quella dei khmer rossi, il movimento creato agli inizi agli anni 60 in una tetra stanzetta della stazione ferroviaria di Phnom Penh. Pochi, in Cambogia e nel mondo, se ne rammaricheranno, tanto più che a guida del movimento, o di quel che ne era rimasto, c'era Ta Mok il "macellaio".
Qui a Pailin, il ricordo del comandante, l'unico della dirigenza storica che ha rifiutato fino all'ultimo di arrendersi al governo di Hun Sen, ha lasciato poche tracce. Oggi Pailin è il centro di una sorta di regione autonoma governata da Ieng Sary, l'ex guerrigliero khmer, ministro degli esteri di Kampuchea democratica e cognato di Pol Pot. Sary nell'agosto '96 si è dissociato dal movimento dando inizio a una inarrestabile quanto tragica agonia, terminata con la cattura di Ta Mok, avvenuta tre settimane fa con il "determinante aiuto" degli Usa, secondo le dichiarazioni dello stesso Hun Sen. Dal momento in cui Sary ha smesso i panni del guerrigliero, Pailin è divenuta il rifugio più sicuro per tutti i leader khmer che, a uno a uno, abbandonavano le file del movimento. Mak Ben, Chounn Youran, Khieu Samphan e Nuon Chea, oggi abitano in questo minuscolo villaggio, protetti da uomini fidati e pronti ad imbracciare le armi contro un'eventuale spedizione da Phnom Penh. In una recente intervista, Hun Sen è sembrato mutare opinione su un eventuale processo alla leadership storica khmer. "A Phnom Penh hanno chiesto scusa per i crimini commessi durante il loro regime, ma non penso che questo sia sufficiente", ha commentato il premier, riferendosi al pentimento di Khieu Samphan e Nuon Chea del dicembre scorso. Hun Sen ha aggiunto che i due devono "prepararsi ad essere processati da un tribunale cambogiano con i loro compagni. Spero di non dover spedire truppe per riportarli nella capitale. A quanto ne so, sono preparati all'idea d'un processo".
Sino ad ora Khieu Samphan e Nuon Chea non si sono pronunciati in merito, e qui non si vedono movimenti di truppe da una parte o dall'altra. La gente del luogo si mostra piuttosto indifferente di fronte a un eventuale confronto militare: "Non penso che Pailin possa diventare il centro di un nuovo movimento di guerriglia contro il regime centrale. Ci sono troppi interessi in ballo da tutte e due le parti perché si rischi di distruggere quanto costruito in questi due anni", dice un negoziante. A pochi metri dall'unico pessimo albergo della città, sorge il Cesar Palace, un casinò costruito per ricchi uomini d'affari thailandesi (il confine è a pochi chilometri) in cerca di esperienze. Nelle previsioni del costruttore, il magnate Theng Bunma, le sale da gioco sarebbero dovute diventare la nuova ricchezza di Pailin, ma la mancanza di buoni collegamenti con il confine, l'assenza di infrastrutture e il ritardo con cui si sviluppa la cittadina stessa, ostacolano il decollo del progetto.
Nel frattempo, la vita tra queste colline ricche di rubini e zaffiri, scorre lenta e tranquilla. Ogni tanto, lungo la via principale, passano delle auto con targa thailandese. All'interno si possono scorgere volti noti in tutto il mondo: da Ieng Sary a Khieu Samphan, ma la gente continua a chiaccherare e a bere caffè. Non sembra nutrire risentimenti verso gli ex guerriglieri che il mondo vorrebbe condannare. Dopo tutto, a Pailin, la vita è ancora più agiata che in altre parti della Cambogia.