CAMBOGIA DOPO TRENT'ANNI DI GUERRIGLIA E MASSACRI
- PIERGIORGIO PESCALI - PAILIN
M agro, capelli bianchi, passo incerto. Khieu Samphan è invecchiato parecchio dall'ultima volta che l'abbiamo visto, poco più di un anno fa. Allora sedeva accanto a Ta Mok in quello che sembrava un sodalizio difficile da accettare per entrambi. Ta Mok inveiva apertamente contro Pol Pot, allora prigioniero; Khieu, invece, cercava di lanciare messaggi in difesa dell'ex leader, a cui è rimasto sempre legato, avendo cura però, al tempo stesso, di non suscitare l'ira del comandante khmer rosso. E' invecchiato, Khieu Samphan, ma incontrandolo, qui a Pailin, nei suoi occhi si vede la stessa vivacità che ha tanto contribuito a renderlo un personaggio carismatico agli occhi di molti suoi seguaci e non. "Khieu Samphan è l'unico leader khmer rosso in grado di suscitare l'entusiasmo e la fiducia anche tra coloro che odiano i khmer rossi", mi aveva detto un giorno un generale dell'Esercito reale cambogiano.
Da buon orientale, l'ex leader khmer sorride quando ci incontriamo nella piccola saletta messa a disposizione del comune di Pailin per la prima intervista di Khieu dopo la sua resa del dicembre scorso.
Molte cose sono cambiate dal nostro incontro...
Già allora, tuttavia, sentivo che la nostra lotta era giunta al termine. Era oramai inutile continuare ad illuderci e a illudere le persone attorno a noi.
Quindi nessun rimorso?
Assolutamente no. Abbiamo lottato con le armi quando dovevamo difendere la patria e il nostro popolo. Ora lotteremo politicamente perché il processo democratico, iniziato con le elezioni dello scorso luglio, non venga interrotto.
E Hun Sen? Per anni lo avete dipinto come un delfino del Vietnam. Assolto anche lui?
No, ma ripeto: non esistevano le condizioni per condurre una lotta armata a livello nazionale. Il popolo vuole la pace. E noi gliela abbiamo data. Con questo non significa che siamo passati dalla parte di Hun Sen. Oggi lo combattiamo con altri metodi.
Hun Sen ha ipotizzato la formazione di un tribunale per giudicarvi...
Ma Hun Sen dov'era durante gli anni di Kampuchea democratica? Se non ricordo male era anche lui un khmer rosso, un alto dirigente. Almeno per la maggior parte del periodo in questione. Ma a parte questo, rivangare il passato non serve. Dobbiamo contribuire tutti a ricostruire un paese distrutto da trent'anni di guerra e questo non si fa con i processi sommari.
Avete combattuto per trent'anni. Il popolo, o almeno una grossa parte di esso, ha sperato in voi. Poi, il rapporto si è perso. Ne eravate consci?
Sì, l'abbiamo sempre saputo. Ma vede quando, nel 1975, abbiamo iniziato l'esperienza di Kampuchea democratica, eravamo entusiasti, avevamo sconfitto la più grande potenza della terra, ci sentivamo veramente invincibili. E quando ci si sente invincibili, non si ascolta più nessuno e si commettono grossolani errori. Sapevamo che parte del popolo era contro di noi, ma speravamo che al termine del nostro processo di ricambio sociale, saremmo stati compresi. Purtroppo così non è stato. Io non sapevo che si stavano conducendo tutte quelle tappe forzate che tanta sofferenza hanno causato.
Lei non sapeva, Nuon Chea non sapeva, Ta Mok non sapeva, Ieng Sary non sapeva... La colpa è tutta e solo di Pol Pot?
No, non è stata solo colpa di Pol Pot. Anche lui non poteva sapere tutto quanto accadeva. Non poteva saperlo. Erano i quadri, i dirigenti delle varie province a gestire il vero potere sul popolo. E a Pol Pot, a noi, giungevano le notizie da quei quadri. Sembravano notizie confortanti.
Che non avete mai controllato...
Controllavamo quando potevamo. E rimediavamo agli errori.
Nel 1996 avete tacciato di tradimento Ieng Sary. Oggi lei è al suo fianco, mentre Ta Mok, unico tra tutti voi della dirigenza storica, si trova in prigione a Phnom Penh. Chi è il traditore e chi il tradito?
Nessuno è traditore, nessuno è stato tradito. Dopo le elezioni e la formazione del governo di Hun Sen con l'appoggio di Norodom Ranariddh, che insieme hanno i tre quarti dei consensi dell'elettorato nazionale, sono completamente mutate le condizioni storiche e politiche del paese. Noi ne abbiamo preso atto, decidendo di dare il nostro contributo e di unirci al processo di democratizzazione che, per essere effettuato, ha bisogno prima di tutto di una nazione stabile e pacifica. Ta Mok è un militare ed è cresciuto con quella mentalità. Non avrebbe potuto inserirsi in un sistema più sofisticato, che ricercava la democrazia con il dialogo e non con la forza e la strategia bellica. Noi abbiamo scelto una via, lui ha imboccato quella opposta.
Quando vi siete accorti che il movimento dei khmer rossi e gli ideali che propagandava erano finiti?
Già nel 1993 ci sono state delle grosse divergenze all'interno del movimento, ma pensavamo di poterle risolvere. Invece nel 1996, Ieng Sary e i khmer rossi di Pailin, hanno deciso di dissentire apertamente dalla linea della dirigenza per arrendersi al governo. E' da quel momento che i khmer rossi hanno cominciato a disgregarsi. Infine, il crollo definitivo, è avvenuto nel giugno 1997, prima con l'uccisione di Son Sen, poi con la destituzione di Pol Pot. Allora ho capito che era la fine. Ta Mok non aveva il carisma e la capacità per divenire un leader.
Ta Mok è in attesa di essere processato. Su di lui verranno fatte ricadere tutte le responsabilità...
Rifiutando di arrendersi, Ta Mok ha raccolto tutta l'eredità del movimento khmer rosso. Da parte nostra, mia e di Nuon Chea, abbiamo già fatto al popolo le nostre scuse.
Cosa farà ora?
Il pensionato. Mi piacerebbe girare per il paese, vedere com'è cambiato...