Un movimento a due dimensioni Dai beatnik al punk. La riscoperta degli anni ribelli in un lungo viaggio appassionato

GRISPIGNI MARCO

Un movimento a due dimensioni Dai beatnik al punk. La riscoperta degli anni ribelli in un lungo viaggio appassionato

"Controcultura in Italia 1967-1977", l'ultimo lavoro di Pablo Echaurren e Claudia Salaris che costringe a una rilettura critica dei movimenti giovanili degli ultimi trenta anni

- MARCO GRISPIGNI -

S ul 1968, e più in generale sulla "stagione dei movimenti", esistono numerosi luoghi comuni: uno di quelli più diffusi a sinistra, fra reduci e nostalgici, è l'idea che su questo argomento non esista praticamente niente che non sia l'orrido chiacchiericcio di giornali e riviste oppure la memorialistica di leader e vecchi militanti. Al contrario sull'argomento esistono ormai diversi lavori di notevole interesse e da pochi anni cominciano a circolare sempre più analisi che puntano l'attenzione non più esclusivamente sull'evento '68, ma sull'intero decennio che ha visto i movimenti sociali caratterizzare il panorama politico e culturale del nostro paese. In questa schiera va collocato il volume da poco edito per Bollati Boringhieri Controcultura in Italia 1967-1977. Viaggio nell'underground di Pablo Echaurren e Claudia Salaris (pp. 222, L. . 38.000). I due autori proseguono il loro lavoro sulla produzione underground, sull'intero filone culturale che anticipò i movimenti politici e ne accompagnò l'evoluzione.Da questo punto di vista il libro è sicuramente una fonte di notevole importanza, una miniera di informazioni che Echaurren e la Salaris offrono ai lettori, grazie a un certosino lavoro di recupero di testate sconosciute e numeri unici, legato a una vera e propria passione da collezionisti, consolidata in vari anni di ricerche sul futurismo e su tutte le avanguardie artistiche italiane del secolo.

Si tratta quindi di un libro fondamentale per chiunque voglia studiare gli "anni ribelli", come i due autori definiscono il periodo 1967-1977, senza limitarsi alla riduzione di quegli anni alle vicende dei gruppi della sinistra extraparlamentare, o, ancor peggio, dei suoi leader. Segnalato doverosamente l'interesse del libro, vorrei però utilizzare queste righe per intervenire contro un altro luogo comune su quegli anni che mi sembra sempre di più affermarsi.

E' la tesi che tende a separare in maniera troppo netta la dimensione politica da quella controculturale dei movimenti. Per anni l'aspetto non direttamente politico dei movimenti è stato sostanzialmente occultato, rimosso, confinato come folklore del periodo; ora numerosi studi si sono invece soffermati su questi aspetti, mettendone in luce il ruolo di veri e propri precursori dei movimenti sociali e addirittura anticipatori di comportamenti, valori, approcci alla realtà divenuti poi largamente egemoni.

Questi lavori meritori tendono però ad affermare, in maniera speculare agli studi incentrati sulla dimensione politica, la separatezza fra i due aspetti. Come affermano Echaurren e la Salaris "la controcultura che nell'Italia presessantottesca servì da introibo alla rivolta studentesca, con il rifiuto dell'autoritarismo e le metodologie provocatorie, fu ben presto marginalizzata nel quadro di una politicizzazione che tendeva a comprimere gli aspetti esistenziali, soggettivi e creativi".

Questa affermazione è indubbiamente corretta, sottolineando la continuità di un percorso controculturale che anticipando i movimenti sociali proseguì per più di un decennio fino a emergere nuovamente in maniera chiara ed evidente alla fine degli anni '70 nell'esplosione caotica e creativa del movimento del '77.

Si tratta quindi di un'affermazione sensata, ma come dire, troppo sensata, quasi un luogo comune. Siamo infatti così sicuri che a partire dall'estate del '68 la dimensione politica con la sua centralità oscurò quella controculturale, addirittura emarginandola in alcuni casi con violenza? Siamo così sicuri che in Italia si affermò un'egemonia incontrastata del marxismo-leninismo, in grado di marginalizzare le altre componenti culturali presenti nei movimenti giovanili e underground fin dai primi anni '60?Personalmente credo che sia giunto il momento di iniziare una seria riflessione sulla "presunta" egemonia marxista nei movimenti degli anni '60 e '70. E' infatti un marxismo ben strano quello che si afferma nell'eperienza e nelle teorizzazioni dei movimenti sociali di quegli anni: ricco di contaminazioni con elementi di soggettivismo, di solidarismo cattolico, di terzomondismo, di influenze provenienti dalla psicoanalisi, dallo strutturalismo e dall'esistenzialismo, oltre che aggredito dalle riflessioni e dalla pratica concreta del movimento femminista.

Ciò che rende rilevante rispetto alla storia nazionale la stagione dei movimenti non è solo l'entrata in scena di nuovi protagonisti nell'universo politico, ma il fatto che questo protagonismo politico si sposi con l'affermazione di comportamenti, stili di vita, valori, capaci di influenzare non solo l'intero universo giovanile, ma anche settori consistenti della società. La controcultura in Italia, un paese cattolico, profondamente restio ad accettare l'innovazione sociale, fu e non poteva che essere anche direttamente politica.

Le generazioni coinvolte nella stagione dei movimenti unirono queste due componenti in maniera stretta nella loro esperienza di vita: nessun decalogo "neobigotto" dei gruppi ha mai impedito alla gran parte dei suoi militanti di farsi le canne, fare esplodere (spesso in maniera dolorosa) le contraddizioni fra i sessi, ricercare modelli di vita e comportamento diversi, ascoltare la stessa musica, vestirsi in maniera "sciatta" e con i capelli lunghi.

Spesso lo sguardo dall'interno tende a sopravvalutare le differenze fra le varie componenti dei movimenti; al contrario per lo sguardo esterno, ad esempio per quello dei "benpensanti", non a caso capelloni, filocinesi, estremisti, drogati erano termini intercambiabili per definire comportamenti recepiti come provenienti da uno stesso ambiente sociale e culturale.

Certamente il discorso necessiterebbe di altro spazio per essere argomentato, ma il libro di Echaurren e della Salaris può funzionare ottimamente come spunto di riflessione per affrontare questo tema finora risolto con la "rassicurante" affermazione della distinzione/separatezza assoluta delle due dimensioni.

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