Il napalm sulle risaie

PESCALI PIERGIORGIO

CAMBOGIA 30 ANNI FA IL PRIMO BOMBARDAMENTO "SEGRETO"

Il napalm sulle risaie

I B52 Usa colpivano un paese che non era in guerra con loro

- PIERGIORGIO PESCALI - PHNOM PENH

I l 18 marzo 1969 - domani saranno passati trent'anni - poche settimane dopo che Washington e Phnom Penh avevano allacciato relazioni diplomatiche, iniziavano i bombardamenti "segreti" degli Stati Uniti sulla Cambogia per stanare i Vietcong dai loro santuari appostati lungo il confine. Per quattordici lunghi mesi, i B-52 appartenenti ad un paese straniero, lasciarono cadere tonnellate di esplosivo e napalm su villaggi che, formalmente, non facevano parte di una nazione in guerra con chi li bombardava.

In quattordici mesi, decine di migliaia di persone, la stragrande maggioranza dei quali innocenti e inermi contadini, furono vittime di uno dei più inutili, criminali e vigliacchi atti di distruzione cui la Storia abbia mai assistito. Inutili, perché anziché distruggere le basi "Charlie" e costringere i guerriglieri ad uscire allo scoperto, questi si spinsero sempre più all'interno della Cambogia nella speranza di evitare le bombe. Criminali, perché niente può giustificare la morte di civili in una guerra (e più le armi si fanno sofisticate e "intelligenti", maggiore è la sproporzione tra le vittime civili - la stragrande maggioranza - e militari). Vigliacchi, perché chi seminava morte e distruzione, non doveva avere neppure il coraggio di guardare gli occhi di chi moriva a causa loro. Le bombe che innaffiavano le ridenti risaie cambogiane, si trasformarono in sementi per il minuscolo e pressoché inerme movimento di guerriglia locale, i semisconosciuti (allora) Khmer Rossi.

Alla fine degli anni '70, erano solo duemila, tutti sotto la direzione del Partito dei lavoratori della Repubblica democratica del Vietnam e tutti inseriti con mansioni di gregari. L'esercito dei Khmer Rossi, nel 1969, quando iniziarono i bombardamenti, contava si e no qualche decina di guerriglieri dotati di vecchi fucili, retaggio della Seconda guerra mondiale e totalmente inadeguati alla lotta armata. Un anno dopo il movimento, a cui nel frattempo aveva dato il suo appoggio re Sihanouk, spodestato il 19 marzo da Lon Nol con l'aiuto della Cia, aveva ancora tremila unità, salite a diecimila entro la fine del 1970. I bombardamenti, la cui segretezza era stata svelata ad un attonito Congresso, erano stati sospesi, ma la miccia comunista era stata accesa e nessuno era in grado oramai di spegnerla. Nel marzo 1973, la guerra si era allargata in tutta la Cambogia e il Pentagono decise di dare avvio ad una seconda campagna per estirpare il "cancro rosso". La cura venne di nuovo fermata dal Congresso cinque mesi più tardi, ma nel frattempo erano cadute al suolo 250 mila tonnellate di esplosivo. E, badate bene, sulla terra di un paese che non era in guerra con gli Stati Uniti.

Fu durante questa seconda fase che i Khmer Rossi riuscirono a far fruttare tutta la loro potenza ideologica e politica. In breve tempo collettivizzarono tutti i territori liberati e già nel 1974, l'esercito governativo controllava solo le città più importanti sino a quando, il 17 aprile 1975, tutta la nazione cadde nelle mani di Saloth Sar, più tardi conosciuto col nome di Pol Pot.

Pochi giorni prima, i cittadini di Phnom Penh, stremati e impauriti da una guerra imposta da stranieri, videro un elicottero atterrare sul tetto dell'ambasciata statunitense. Assieme a pochi eletti, vi salì anche l'ambasciatore John Gunther Dean. Tra le mani stringeva un fagotto piegato alla bell'è meglio: la Stars and stripes. Era sventolata per la prima volta in una Cambogia relativamente felice, prospera e pacifica. La lasciava devastata, miserabile e con un futuro incerto: nessun cambogiano, allora, rimpianse la sua mancanza.

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