DOMANDE ALL'EUROPA

CASTELLINA LUCIANA

DOMANDE ALL'EUROPA

LUCIANA CASTELLINA

C he Edith Cresson abbia assunto il signor Berthelot, suo dentista, come esperto scientifico; e che questi abbia poi in concreto lavorato come suo aiutante nell'esercizio della sua funzione di sindaco di Chatellerault e non di commissario (facendosi persino pagare il treno per recarsi nella cittadina francese) è certamente grave. Così come non belli sono i casi di assunzione di familiari sebbene competenti; né accettabile - anche se meno grave - appare che un nugolo di cosiddetti "sottomarini" - e cioè personale non regolarmente assunto e inquadrato - operasse nel settore degli aiuti umanitari o in altri. E tuttavia alla lettura dettagliata del rapporto redatto dal comitato di esperti incaricato di indagare sui casi di frode, cattiva gestione o nepotismo alla Commissione europea, si potrebbe anche sorridere: siamo in tutti i paesi abituati a ben più grossi peccati.

Innocente o quasi la Commissione, dunque? Al contrario: ben più colpevole di quanto non risulti, e però per qualcosa per cui non è stata nemmeno accusata. Non si tratta, infatti, solo di corruzione personale, piccola o grande, ma di un comportamento generale dell'esecutivo comunitario ispirato alla più inaccettabile arroganza, caratterizzato dal massimo di arbitrio, il tutto reso possibile dai meccanismi che non consentono il minimo controllo democratico in quanto commissari e alti funzionari non rispondono in realtà a nessuno e sono ben protetti da un compatto sistema di omertà, giustificato come difesa dell'istituzione europea dagli indebiti attacchi degli antieuropeisti. E' questo comportamento e, peggio, la cultura che lo ha determinato, ad aver provocato danni assai più seri di quelli causati dal povero sig. Berthelot o da qualche abusivo "sottomarino" o cognato. Perché si tratta delle scelte politiche compiute sotto la pressione delle potentissime lobbies che in realtà si sostituiscono alle istituzioni democratiche nel collocare al posto giusto le persone di loro fiducia e poi nell'orientare la destinazione di ingentissime somme.

V iolazione di norme da perseguire penalmente? Sì, talvolta anche. Ma soprattutto - e questo è quel che conta - arbitrio, incommensurabile arbitrio. Direte: c'è il Parlamento. Ma il fatto che questo sia dotato di così scarsi poteri se è vero che gli dà una voce forte in merito al bilancio comunitario, gliene dà pochissimo nel controllo del come le singole voci di questo sono interpretate e attuate. Né si parli di "audit" e di "Uclaf", gli organismi preposti ai controlli interni ed esterni, ché spesso è proprio il ricorso arbitrario al loro intervento che può togliere di mezzo chi non si vuole avere tra i piedi, e questo anche ove il sospetto risulti alla fine innocente: basta infatti prolungare l'indagine per anni e bocciare l'erogazione di fondi per indurre a desistere dai rispettivi progetti.

Né si parli delle commissioni d'inchiesta talvolta messe in campo dal parlamento, giacché esse giungono sempre e solo a metà strada, bloccate da preoccupazioni politiche; dai favori piccoli o grandi e anche innocui (un contributo per la propria fondazione o per l'associazione musicale del proprio villaggio) elargiti dalla Commissione agli stessi parlamentari; soprattutto bloccate dal sistema che impedisce di interrogare i funzionari di minor grado giacché per essi risponde il direttore, in quanto la Commissione risponde in solido.

Che fare, dunque? Un qualche contributo potrebbe darlo la seconda relazione del Comitato di esperti incaricato della riforma della Commissione. Ma è ovvio che il problema è politico, e risiede nella natura stessa delle istituzioni comunitarie, rese ambigue dall'incompiutezza della costruzione federale: Consiglio e Commissione non sono più controllabili dai parlamenti (e dalle opinioni pubbliche) nazionali, non ancora da quelli europei. E così l'Unione diventa il luogo più antidemocratico mai inventato, regno del non-stato e insieme del massimo arbitrio dirigista usato a danno delle volontà politiche.

Dico queste cose non per assolvere i commissari europei, al contrario. Ma per tentare di evitare che tutto si riduca al sig. Bertholet e affinché le più che dovute dimissioni dell'esecutivo servano a far riflettere sul sempre maggiore vuoto di democrazia in cui stiamo cadendo. Anche la vicenda Lafontaine - come ha giustamente scritto Fitoussi - ci ha detto qualcosa da questo punto di vista: che tutti danno ormai per scontato che a banche e potentati economici, e alle loro lobbies, non ci si può opporre. Con buona pace del suffragio universale.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it