Il grande balzo indietro

SALVATICI LUCIO

Il grande balzo indietro

Costituzione emendata: proprietà privata fondamanto della Cina

- LUCIO SALVATICI - PECHINO

P er raggiungere il Palazzo dell'Assemblea del popolo durante l'annuale kermesse parlamentare cinese bisognava attraversare un cantiere innalzato nel bel mezzo di piazza Tian An Men. Lavori in corso sulla piazza che si fa bella per il cinquantesimo anniversario dell'ultima grande Repubblica Popolare (in un anno che vedrà anche il decennale del massacro degli studenti che nel 1989 occuparono la piazza e scossero il paese), e lavori in corso per un parlamento alle prese con un anno "molto difficile", come lo ha definito il premier Zhu Rongji aprendone i lavori.

Un' assemblea operativa, senza incognite politiche, per una volta, ma con molti interrogativi economici sul futuro del paese e sul ruolo dell'economia cinese in tutta l'area asiatica del Pacifico. Vi sono di sicuro meno occasioni per dissentire rispetto all'anno scorso, quando il rinnovo di alcune cariche "divise", per quanto possibile, i deputati sui nomi ritenuti meno in linea con il processo di smaltimento della vecchia leadership. Ieri si è votato per la nuova legge sui contratti, attesa da anni, che mette un po' d'ordine nell'istituto principale dell'"economia di mercato" e - si spera - faciliterà la semplificazione dei rapporti economici. Si è votato su alcune norme che riguardano la seconda riacquisizione territoriale (Macao) sotto l'insegna di "un paese due sistemi", prevista per il prossimo sedici dicembre. Ma soprattutto si è votato per modificare la Costituzione.

Non più complementare

Nella Costituzione emendata l'economia privata non è più solo "complementare" a quella pubblica ma diventa parte integrante della cosiddetta Economia Socialista di Mercato, quell'ibrido escogitato dalla dirigenza denghista per attraversare la "fase iniziale del socialismo". Secondo l'emendamento principale alla Costituzione questa fase non è più solo quella presente, ma caratterizzerà la Cina ancora "per un lungo tempo a venire".

Il settore privato guadagna dunque rispettabilità costituzionale e si assicura garanzie legali alla protezione dei profitti che finora, nonostante il suo ragguardevole sviluppo e peso, non aveva. Resta da capire come interagiranno all'interno della norma fondamentale e nel corpo legislativo che ne deriverà, il "pensiero marxista-leninista e di Mao Zedong" e le "teorie di Deng Xiaoping", che a questa ulteriore, radicale riforma danno legittimità.

Dalla Costituzione è stato tolto anche il compito per lo stato socialista di vigilare contro i crimini "controrivoluzionari", nello spirito delle norme già tracciate nel 1997 dal nuovo codice penale. Una presa d'atto forse che il termine non si adatta più a questi tempi pragmatici e poco ideologici. Del resto, l' "attentato alla sicurezza dello stato" basta e avanza per tagliare le teste che si alzano troppo.

Non torniamo indietro, questo è il messaggio chiaro che giunge dall'Assemblea. Non torniamo indietro su nessuna delle nostre promesse fatte al mondo, inclusa la temutissima svalutazione del renminbi, la valuta cinese, unica, per ora, ad essere uscita indenne dal contagio asiatico. Il governatore della Banca centrale, Dai Xianglong, ha scelto questa tribuna per dare più credibilità alla politica di stabilità della moneta, approfittandone per smentire, sdegnato, l'esistenza di un gruppo di lavoro segreto tra Banca centrale e governo, che starebbe pianficando un eventuale programma di svalutazione graduale.

Ma la stabilità politica apparente dell'attuale leadership non attenua le preoccupazioni per l'evoluzione della situazione economica, il corso regolare della valuta non riduce le difficoltà finanziarie attraversate dalle banche cinesi, i piani di investimento e di sviluppo continuano a non fornire ricette magiche per la soluzione del problema della disoccupazione.

Crescita a caro prezzo

La crescita per l'anno prossimo è stata fissata ad un ragguardevole 7% che comunque costituisce il più alto livello di crescita dell'area; ma gli sforzi in questo senso potrebbero avere conseguenze pesanti sulla già drammatica situazione del sistema industriale cinese. Zhu Rongji ha ammesso nel suo rapporto che la capacità produttiva delle aziende cinesi è eccessiva rispetto alle reali possibilità di assorbimento del mercato interno ed internazionale e che questa situazione è conseguenza anche delle politiche di stimolo della domanda e di accelerazione della crescita del 1998. Il 1999 potrebbe vedere una leggera ripresa dell'export cinese (soprattutto grazie ad Europa e Usa, con i quali i surplus cinesi stanno già ora iniziando a divenire preoccupanti - oltre 4.800 miliardi con l'Italia), ma la maggior parte dei punti di crescita verranno ancora dagli investimenti e dall'aumento della spesa pubblica. Zhu prevede che, con l'ulteriore aumento della spesa, il debito supererà i 150 miliardi di Rmb durante il 1999,un aumento del 56% rispetto al 98. Si tratta di un livello che rimane comunque (almeno contabilmente) ancora al di sotto del livello di guardia (circa il 2% del Pil, che salirebbe però al 4% se si considerassero i debiti contratti dallo stato per sostenere il sistema industriale pubblico). Il premier cinese conta poi sull'effetto calmierante della sovrapproduzione di prodotti agricoli per evitare che l'aumento della spesa si ripercuota sull'andameto dei prezzi al consumo. Il 1998, anche in virtù di una rallentata domanda interna, ha visto una crescente tendenza al calo dei prezzi; far ripartire il consumo interno significherà finanziare con crediti i potenziali consumatori di beni di consumo durevole e la ancora scarsa domanda sul mercato immobiliare, anche se rimane il grosso interrogativo su quali possano essere le banche, oggi sottoposte a regole più rigide per l'allocazione del debito, che acconsentiranno a distribuire soldi a chi non ha lavoro. E i senza lavoro sono sempre di più.

Zemin in Italia

Sul filo, Zhu cammina con fatica, cercando alleati ovunque. Ne cerca anche all'estero, nella speranza di riavviare in extremis i negoziati sull'accesso al Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, che in corso oramai da tredici anni sono praticamente fermi da un anno e, come dice il premier, "ci hanno fatto diventare i capelli bianchi". Incassa il supporto dell'Europa (Jiang Zemin sarà in Italia, Austria e Svizzera dalla settimana prossima) che spera di concludere i negoziati prima del cosiddetto "Millenium round", previsto per l'anno prossimo, che dovrebbe ridefinire gli assetti globali dell'organizzazione.

Deve però ancora scontare la diffidenza degli Stati uniti, preoccupati del crescente ruolo politico regionale acquisito da Pechino all'indomani della crisi finanziaria regionale. Preoccupazioni per altro ricambiate dalla Cina sul prospettato dispiegamento americano della difesa missilistica di teatro su Giappone e Taiwan. Zhu, che andrà a Washington in aprile, sta cercando di convincere le "grandi multinazionali", le uniche in grado di programmare investimenti nell'area anche in un periodo di crisi, a non ritirarsi, anzi a scommettere sul futuro a medio termine della Cina come fulcro dell'economia asiatica.

Zhu, il protagonista

Il premier cinese è stato il protagonista indiscusso di questi 11 giorni di riunione plenaria del Parlamento e, con il 99% dei consensi alla sua relazione, ne esce rafforzato. Una forza di cui aveva bisogno, dopo un anno tanto difficile. La sua stessa figura conferma tratti particolari, rispetto al resto della leadership cinese, e a Jiang Zemin in particolare. In questo senso, la conferenza stampa finale del premier anche quest'anno si è rivelata un evento mediatico. Teletrasmessa in diretta attraverso il più diffuso elettrodomestico del paese, infarcita di citazioni e di battute di spirito, ha confermato il cambiamento di atteggiamento della leadership nei rapporti con i media. Zhu (la cui conferenza stampa di insediamento dello scorso anno ha fatto il giro della Cina anche su videocassetta e Vcd) ha lanciato uno stile tutto suo, che oggi molti tentano di imitare (solo Li Peng, suo predecessore nella carica e ora presidente dell'Assemblea del Popolo, sembra ancora restio a concedersi liberamente ai giornalisti).

Tra citazioni da Shakespeare e Rousseau, Zhu ha parlato francamente delle difficoltà e del grave deterioramento dell'economia e della politica nel paese, ha fatto autocritica per quelle che ha chiamato "le mie carenze", ma ha anche attaccato quelli che "non hanno messo in pratica le politiche del governo". Molte le questioni internazionali emerse nella conferenza e numerosi i riferimenti all'atteggiamento ostile dell'opinione pubblica americana nei confronti della Cina. Graffianti battute sono state riservate alle accuse rivolte dagli Stati uniti alla Cina, di aver rubato segreti militari.

"Favole americane"

"Una storia da Mille e una notte", ha commentato Zhu Rongji. Quanto a Madeleine Albright "le ho ricordato di aver combattuto per la democrazia, i diritti umani e la libertà in Cina quando lei andava ancora a scuola" ha raccontato il premier cinese, riferendosi alla recente visita del segretario di stato Usa a Pechino. Ha poi smentito che la Cina stia aumentando fino a 600 i missili dispiegati sulla costa davanti a Taiwan. Ma ancora una volta ha sottolineato la decisa opposizione di Pechino ai progetti americani di scudo missilistico sull'isola e ha ripetuto che all' indipendenza di Taipei, Pechino si opporrà con le armi.

Tutti questi elementi negativi, spingono il premier cinese a pensare che il suo prossimo viaggio negli Stati uniti potrebbe es

sere un fallimento. "Ci vado lo stesso" è stato il commento finale.

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