Il voto rivela il disincanto dei Verdi

CASTELLINA LUCIANA

GERMANIA

Il voto rivela il disincanto dei Verdi

LUCIANA CASTELLINA

"S chröder prende il primo schiaffo" titola a tutta pagina la Bild Zeitung, il giornale della destra scandalistica, a commento delle elezioni che domenica hanno consegnato alla Cdu il Land dell'Assia, una delle storiche roccaforti della sinistra.

Sebbene di schiaffi ne meriti per tante ragioni, in questo caso il cancelliere va almeno parzialmente assolto: la responsabilità della sconfitta della coalizione rosso verde che da tempo governava la regione che ha al suo centro Francoforte è infatti soprattutto del partito ecologista, e i giornali più paludati non tentano nemmeno di profittarne per colpire troppo pesantemente la Spd. Che del resto, sia pure di pochissimo, ha aumentato i suoi voti, passando dal 38 al 39,6 per cento, laddove i Verdi hanno invece perduto il 4,4.

Come sempre avviene in questi casi, a Bonn si tenta di spiegare la frana con fattori locali: incapacità della leadership regionale e venir meno del dato trainante costituito da Joschka Fischer, non più esponente francofortese ma ormai ministro degli esteri. Eppure quella perdita secca che respinge i Verdi poco sopra il tetto minimo necessario a entrare nei parlamenti, e proprio nella regione in cui sono stati sempre più forti, ha - lo sanno tutti - un significato politico ammonitore. La verità è che il partito ecologista comincia a pagare il prezzo del disincanto per un'esperienza di governo che non ha impresso l'attesa e lungamente annunciata svolta. In Assia l'area che fa riferimento ai Verdi, tradizionalmente più volatile di quella fortemente ancorata della Spd, non si è mobilitata. E' rimasta semplicemente a guardare, insoddisfatta e smarrita per la timidezza delle innovazioni introdotte sul terreno ecologico - una pessima tassa energetica e una fuoriuscita dal nucleare in tempi biblici - e per l'abbandono, piuttosto scandaloso in rapporto ai bombardamenti dell'Iraq, delle storiche posizioni pacifiste da cui il partito è nato.

In realtà il brutto risultato dell'Assia porta alla ribalta una riflessione, forse troppo a lungo rinviata, circa l'identità di un partito passato da una lunga opposizione protestataria e per molti aspetti fondamentalista, molto incentrata sulla tematica ecologista, a una pratica di governo che lo obbliga ad occuparsi di problemi che mai prima aveva affrontato. E' un fatto che la Spd ha subito profittato della sdrucciolata dei Verdi in Assia per accusarli di aver voluto spingere il governo a occuparsi troppo di questioni ecologiche, così mettendo in secondo piano le questioni sociali, a cominciare da quella dell'occupazione. Una critica che ha già prodotto un'irritata risposta del partner minore della coalizione che pressappoco suona così: dell'occupazione ci preoccupiamo noi assai più di voi.

La critica socialdemocratica al loro alleato non è che il primo segnale della pericolosa tendenza che potrebbe innestarsi: ridimensionare il suo peso nel governo, visto che sono i Verdi che ora perdono, al contrario di quanto era accaduto negli anni scorsi. Un ridimensionamento tanto più necessario, visto che il passaggio dell'importantissimo Land a una coalizione cristiano liberale fa perdere al governo federale la maggioranza assoluta di cui godeva nel Bundesrat, costringendola d'ora in poi ad un compromesso con l'opposizione per far passare leggi che hanno bisogno di essere approvate anche dalla camera dove siedono i rappresentanti delle regioni. Da quelle dove governa l'ala più moderata della Spd, a cominciare dalla Bassa Sassonia di Schröder, hanno già fatto capire che la circostanza non dispiace affatto.

Se la socialdemocrazia non ha perduto, resta pur vero che la Cdu ha guadagnato e di non poco. Primo rapidissimo effetto del logoramento che colpisce chi governa? Non è così, 100 giorni sono ancora troppo pochi. Quel che ha determinato il successo dei cristianodemocratici è la manovra cui il partito di Kohl è già ricorso ogni volta che si è trovato in difficoltà: spingere sulla xenofobia. L'ha fatto anche questa volta e in modo pesante, riuscendo a imporre la nuova proposta di legge presentata dal governo federale sulla doppia cittadinanza come tema dominante e quasi esclusivo della campagna elettorale. Quella riforma introdurrebbe in Germania un mutamento significativo: l'abbandono del principio di cittadinanza fondato sul sangue e in nome del quale milioni di tedeschi, che da secoli vivevano ormai in Europa centrale e orientale e persino nella Russia asiatica, hanno potuto automaticamente acquisire tutti i diritti di chi era nato sul territorio della Repubblica Federale (alimentando tra l'altro una tradizionale massa di manovra della destra); il riconoscimento del principio democratico secondo cui la cittadinanza si fonda sul rapporto col suolo.

In base alla nuova legge potranno essere cittadini tutti coloro che hanno risieduto in Germania per più di 6 anni e sanno il tedesco, e coloro che vi sono nati. E che potranno però, ove lo vogliano - ed è il caso dei turchi ricattati dal loro governo - conservare anche quella originaria. L'ipotesi di doppia cittadinanza ha suscitato le opposizioni più forti.

Forti di un sondaggio che ha indicato come due terzi dei tedeschi aborrano la proposta governativa, i cristiano democratici hanno rianimato un'ondata razzista che li ha portati alla vittoria, ma che rischia di avvelenare la vita politica del paese nei prossimi anni. E di rendere terribilmente difficile il compito del nuovo governo.

In questo senso il voto dell'Assia è davvero un test nazionale.

Impossibile, purtroppo, valutare se nella nuova situazione e dopo il significativo successo conseguito alle elezioni federali, la Pds sia in grado di raccogliere i voti dell'ala di sinistra dei Verdi. Il partito di Bisky e di Gisy ha infatti ritenuto più prudente non presentarsi alle elezioni in Assia, giudicando il livello regionale, in un Land dove non esiste un suo radicamento, il più negativo. Un risultato minimale, dicono a Berlino, avrebbe pregiudicato le potenzialità del partito alla prossima scadenza europea. Per ora, a occidente, ci limitiamo a sperimentare le nostre forze a livello dei comuni. Una decisione che mi pare saggia.

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