Stasera "Il compagno" di Maselli

CASTELLINA LUCIANA

RAIDUE

Stasera "Il compagno" di Maselli

- LUCIANA CASTELLINA -

P rima di andare a vedere il film che Citto Maselli ha girato per la Rai (sarà trasmesso stasera da Raidue, alle 22.55) sono andata a cercare se il libro da cui l'ha tratto ce l'avevo ancora. C'era, collana "I coralli" di Einaudi, finito di stampare il 16 marzo 1950, "ristampa identica a quella del 10 novembre 1948", titolo "Il compagno": autore Cesare Pavese. Dentro persino una dedica di chi me l'aveva regalato, "Bubi", oggi architetto piuttosto famoso col nome Giuseppe Campos Venuti. Due parole: "Ciao compagna".

Quella definizione "compagno, compagna" l'avevamo appena conquistata e ne andavamo fieri come ci avessero dato il titolo di Gran Duca. Esserlo o non esserlo era distinzione fondamentale, un mondo o l'altro. Proprio come per Pablo, l'eroe del romanzo che racconta la scoperta dei "rossi", all'inizio svagata, da parte del ragazzo torinese giunto per caso in una Roma fascista ancora distratta. E che approda nelle osterie di Ponte Milvio, nelle fabbrichette fra l'Aurelio e il Trionfale, fra le quinte dell'avanspettacolo dove si esibisce la banda di guitti che pure gli fa trovare il primo bandolo del percorso antifascista. Anche per questo "contenuto" il libro fu per noi subito culto.

Maselli, naturalmente, riflette su quel cammino con gli occhi di oggi e quello che nel romanzo è appena accennato e lasciato in dubbio, perché così era per lo stesso Pavese quando lo scrisse -la realtà sovietica, il rapporto fra comunisti e azionisti, fra borghesi e proletari - nel film diventa esplicito, talvolta persino con qualche punta didascalica. Del resto l'innovazione è voluta, perché il libro è solo lo spunto per un racconto nuovo. Ma la storia è tracciata con maestria e ci restituisce il sapore di situazioni, conflitti, valori che da tanto tempo erano stati sepolti. Ci restituisce anche, per la delicatezza con cui i personaggi sono tracciati, la commozione per quegli anni rimossi, stretti fra la sconfitta in Spagna e la catastrofe della guerra mondiale.

Peccato davvero che sia un film girato per la tv e non per il grande schermo. Non solo perché chi vorrebbe certamente vederlo rischia invece di mancarlo, chè lì tutto passa tanto in fretta da non accorgersi altro che dei serial in molte puntate. Ma anche perché Maselli è maestro di immagini, ed è una mutilazione vederle ridotte dentro piccole dimensioni. Anche queste sono bellissime.

Ricordo un'intervista fatta a Maselli, in cui si riproponeva la solita domanda: perché insisteva a fare film di politica quando nessun giovane ormai se ne occupava? In realtà il vecchio mio coetaneo Citto ha fatto un film modernissimo, perché nei tempi più recenti è proprio la ricerca sulla dimenticata storia di questi ultimi 70-80 anni, quello che caratterizza uno dei filoni più felici della produzione cinematografica dei più giovani. Un'interesse per il passato che ciascuno naturalmente rivisita con gli occhi della propria generazione. A me pare esperienza di grande importanza.

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