IN PELLEGRINAGGIO VERSO L'UTOPIA

PAVENTI ENRICO

ESCE IN GERMANIA UNA RACCOLTA DEGLI SCRITTI DI BEATRICE WEBB, DAL "DIARIO RUSSO" ALLE LETTERE A BEVERIDGE, WELLS, BERNARD SHAW

IN PELLEGRINAGGIO VERSO L'UTOPIA

Beatrice Potter Webb, dal riformismo degli inizi all'alternativa comunista. Una inglese fabiana in viaggio verso Mosca

- ENRICO PAVENTI -

"K eynes non prende sul serio i problemi economici: ci gioca a scacchi nel tempo libero. Il suo solo interesse serio è per l'estetica". Il giudizio, che appare piuttosto severo, visto l'impegno teorico e pratico di uno studioso annoverato tra i massimi economisti del secolo, è di Beatrice Webb, e fu espresso nel 1936, anno di pubblicazione della Teoria generale dell'interesse, occupazione e moneta, un testo che avrebbe profondamente influenzato, nei decenni successivi, il pensiero economico e le politiche intraprese da un buon numero di governi per combattere le recessioni. Riguardo invece l'Unione Sovietica, la cui storia recente, insieme alle cronache in arrivo da quel paese, suscitavano grande interesse e accesi dibattiti negli anni '20 e '30, le opinioni dei due non divergevano.

Keynes, nel suo articolo Breve sguardo alla Russia d'oggi del 1925 mise in rilievo l'aspetto fideistico e illiberale del comunismo, individuandone però l'essenza nel tentativo, da parte dello Stato sovietico, "di costruire l'intelaiatura di una società in cui i motivi pecuniari, come motivi dell'azione, avranno un'importanza relativa diversa, in cui l'approvazione sociale sarà distribuita in modo diverso e dove la condotta che prima era normale e rispettabile cesserà di essere normale e rispettabile". Nonostante la miseria e l'oppressione l'economista parlava dunque dell'Unione Sovietica come di un "laboratorio della vita", nel quale gli elementi chimici erano mescolati in nuovi composti per dare origine a qualcosa di nuovo che, d'altra parte, avrebbe potuto aver peso per il mondo occidentale solo come forza morale.Pilgerfahrt nach Moskau, "Pellegrinaggio a Mosca", raccoglie una selezione, curata da Ellen Beumelburg (Verlag Karl Stutz, Passau), degli scritti di Beatrice Webb, tra i quali spicca la prima pubblicazione mondiale del Diario Russo, che l'autrice redasse nel 1932 in occasione del suo viaggio nell'Unione Sovietica. I testi, tradotti in tedesco da un gruppo di giovani anglisti della Freie Universität di Berlino sotto la guida di Manfred Pfister, abbracciano un periodo compreso tra il 1918 e il 1944: si tratta di brani tratti dai Diari, da uno studio elaborato insieme al marito Sidney, e da lettere a personaggi come Arnold Toynbee, William Beveridge, Arthur Pigou, H.G. Welles e George Bernard Shaw, che documentano come nel corso degli anni le sue opinioni sulla realtà sovietica siano profondamente mutate.

Nata nel 1858 da una ricca famiglia del Gloucestershire, Beatrice Potter fu influenzata dal positivismo di Comte e Spencer, e pose le questioni sociali al centro dei propri interessi. Convinta che il metodo sperimentale fosse applicabile ai problemi della società, entrò in contatto con il movimento Fabiano e con uno dei suoi esponenti più in vista, Sidney Webb. Erano entrambi sostenitori della inevitability of gradualness, della necessità cioè che le istituzioni fossero riformate attraverso un processo graduale, e mediante il criterio della permeation, la penetrazione dei principî fabiani nei partiti, sindacati, nelle istituzioni statali e comunali. Diedero vita, oltre che a un'unione, a un vivace sodalizio intellettuale: fondarono nel 1895 la London School of Economics and Political Science, nel 1913 la rivista New Statesman, ed ebbero un'attività di ricerca e di impegno politico assai intensa.

Per anni Beatrice Webb era stata dunque una convinta riformista che tendeva a considerare la Russia di Lenin sinonimo di anarchia, sangue e terrore. Scriveva nel 1924: "Mio marito e io siamo sempre stati contro il sistema sovietico e vi abbiamo visto soltanto il ritorno dell'autocrazia russa sulla base di un credo religioso -un concetto decisamente asiatico". E ancora nel 1929 la politica staliniana di collettivizzazione forzata e il modello del socialismo in un solo paese non suscitarono certo le simpatie della studiosa.

Il suo atteggiamento cambia all'inizio del nuovo decennio: quando, secondo Friedrich Weckerlein, autore dell'accurato saggio introduttivo, cominciarono a farsi evidenti in Europa le conseguenze della crisi economica. E fu "il crollo materiale e spirituale del capitalismo", stretto tra la disoccupazione e la criminalità, a spingere la Webb verso l'alternativa rappresentata dal comunismo e dallo Stato sovietico, che aveva proclamato una "nuova morale" liquidando nello stesso tempo la religione e la cultura borghesi. Questo è ciò che la impressione, "il formarsi di una nuova etica dello Stato collettivo, della subordinazione del singolo al servizio della collettività, la sostituzione della ricerca del profitto individuale con 'l'emulazione socialista'".

Nel 1932 la coppia partì per l'Unione Sovietica e visitò Mosca, Leningrado e Stalingrado, rafforzando le proprie convinzioni riguardo lo sviluppo di una nuova civiltà. Beatrice Webb descrive dettagliatamente il sistema delle organizzazioni di massa,, tenuto insieme dalla struttura del partito comunista, il quale le appare una sorta di ordine religioso, "un potere spirituale oppure, come direbbero piuttosto i suoi capi, la coscienza della nazione". Non le sfugge la difficile situazione economica, né il fatto che venga soffocata la libertà di pensiero e di parola, ma ogni cosa, a suo parere, va inserita nel processo che condurrà a un'umanità migliore, pur comportando talune forme di ingiustizia.

La presa del potere di Hitler in Germania e il sostegno di cui godette Mussolini nel periodo del massimo consenso non spinsero di sicuro i Webb a rivedere le proprie idee sul regime sovietico. Al contrario, nel '35 essi pubblicarono Soviet Communism: a New Civilisation?, un saggio nel quale diedero una rappresentazione estremamente positiva dell'Unione Sovietica; e non fu un caso che nelle edizioni successive sia scomparso il punto interrogativo.L'anno seguente le notizie sui processi di Mosca rappresentarono uno shock per la studiosa: le condanne a morte inflitte a Kamenev e Zinoviev nella liquidazione della sinistra del partito furono l'epilogo di uno spettacolo per lei incomprensibile. E tanto più incomprensibile le sembrerà il patto di non aggressione siglato nell'agosto del '39 tra l'Unione Sovietica e la Germania nazista che aprì la strada, nell'arco di qualche settimana, alla spartizione della Polonia. Fu il crollo di un mondo per la Webb, come rivela il tono indignato delle sue parole. "Stalin e Molotov sono diventati delle canaglie diaboliche", e il discorso radiofonico col quale il ministro degli esteri sovietico giustificava il trattato era "un monumento all'immoralità rivestito da cinici sofismi".

Beatrice Webb morì nel 1943: non avrebbe visto la fine della guerra. Sidney sarebbe scomparso quattro anni dopo. Ma ciò che rimane interessante nella loro vicenda è l'evidente necessità di assistere alla realizzazione di un'utopia, unica via d'uscita da un sistema capitalistico ritenuto ormai decadente e stremato, e da un riformismo che sembrava incapace di fornire risposte persuasive. Sarebbero seguiti altri "pellegrinaggi", nel corso del secolo: processi di estraniamento, secondo Weckerlein, ma anche chiaro sintomo dell'esigenza di porre al centro della riflessione intellettuale la ricerca di alternative politiche concrete.

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