Transatlantico in panne

CASTELLINA LUCIANA

di LUCIANA CASTELLINA

Transatlantico in panne

Paletti di Bruxelles al nuovo patto Usa-Ue, dopo il fallimento del Mai

E' con una certa riluttanza e sicuramente con imbarazzo che il Parlamento europeo ha votato nel corso della sessione plenaria terminata giovedì il rapporto che reca il suo punto di vista sulla recentissima decisione del Consiglio dei ministri in merito al Tep, la Transatlantic Economic Partnership. Parlare di collaborazione più stretta fra Unione europea e Stati uniti proprio mentre tuttora infuria il conflitto sulle banane e l'arroganza di Washington configura una vera guerra commerciale non piace infatti a nessuno. Anche se pochi hanno il coraggio di opporsi al sacro furore del commissario Brittan che, prima di uscire di scena alla prossima tornata, vorrebbe lasciare un mercato comune euroamericano in eredità alla storia. I rapporti transatlantici, si sa, sono tabù, e chiunque si azzarda a criticarne qualche aspetto rischia di esporsi alle vendette commerciali del partner più potente. Ed così che il Parlamento europeo si è limitato a introdurre un emendamento nel quale si dice che "condanna fortemente l'approccio americano che minaccia l'Unione europea con una serie di sanzioni unilaterali in ritorsione alle modifiche apportate al regime delle banane ed insiste affinché le eventuali lamentele americane siano piuttosto indirizzate all'organo preposto al regolamento dei conflitti in seno all'Organizzazione mondiale del commercio, a difetto del quale l'intero sistema multilaterale, così come il nuovo patto di partenariato transatlantico, rischiano di essere rimessi in discussione. Domanda altresì che il piano d'azione previsto sia sospeso fino a quando la minaccia di sanzioni sui prodotti comunitari non sia ritirata".

Parole altrettanto forti di quelle contenute nell'emendamento sono state pronunciate negli interventi (persino Brittan ha definito "illegale" il comportamento Usa), ma alla fine il rapporto predisposto dall'onorevole Mann, particolarmente sensibile alla sirena americana, è stato varato. Così offrendo il consenso parlamentare al piano d'azione già varato dai governi dei 15 qualche settimana fa.

Il Piano, per la verità, porta il segno del fallimento del negoziato Mai ed infatti assai meno "avanzato". Di per sé si limita a porre in essere una serie di contatti bilaterali particolarmente stretti in vista del progressivo smantellamento di ostacoli tariffari e non al reciproco scambio. E, quel che conta soprattutto, non fa più parola delle clausole che erano contenute nel progetto che l'aveva preceduto - il Tmp, Mercato comune transatlantico - proposto da Brittan ma a suo tempo bocciato dal Consiglio dei ministri. Quello attuale non prevede più, infatti, lo "stand still", vale a dire l'impegno delle parti contraenti a non modificare più le norme oggetto del negoziato, una sorta di congelamento normativo che bloccherebbe le capacità legislative degli stati, un catenaccio alla storia che sembra esser il vero obiettivo di tutti i negoziati economici del mondo globale e infatti costituiva anche uno dei capisaldi del Mai. Ed inoltre non c'è impegno, almeno per ora, sia per il settore agricolo che per quello audiovisivo, i due punti più delicati dell'interscambio transatlantico.

Né - anche questo è il frutto della battaglia condotta in questi mesi contro il Mai e i suoi derivati - c'è impegno esplicito ad una regolamentazione bilaterale dei conflitti, l'insidia maggiore non solo perché fa perdere ogni credibilità agli accordi multilaterali che sembrerebbe debbano altrimenti valere solo per i poveri e non per i due elefanti del commercio mondiale, ma perché rappresenterebbero la breccia attraverso la quale far passare l'auspicata deregulation. Non a caso la signora Mary Sophos, della Gma, l'organizzazione che raggruppa le principali imprese che producono alimenti (430 miliardi di dollari di fatturato annuo) ha sferrato un attacco, parlando dinanzi ad una commissione del Senato americano, alle regole europee a suo parere eccessivamente contrarie ai prodotti geneticamente modificati.

Sebbene dunque per ora abbastanza indolore il Tep rappresenta comunque l'ulteriore, ennesimo tentativo di introdurre la filosofia del Mai. Appena spento un incendio, un altro se ne accende da un'altra parte, costringendoci ad una perenne guerriglia per impedire che passino accordi di cui nessuno, ivi compresi i parlamenti, sa niente.

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