ASIA/APEC
- PI. PES. - SINGAPORE
D avanti al lavabo del bagno della mia camera d'albergo, c'è un grande cartello bianco con una scritta rossa, posto in modo che ogni volta che si apre il rubinetto, non si possa evitare di leggere: "L'acqua è un bene prezioso: non sprecarlo!"
Singapore, questo è noto, è uno dei paesi che ha leggi di protezione ambientale tra le più severe al mondo, ma non è questo il motivo per cui il governo sta profondendo notevoli sforzi per convincere cittadini e turisti a consumare poca acqua.
Infatti, se da una parte la nascita, lo sviluppo e la fortuna economica di Singapore trova le sue solide fondamenta in questo elemento naturale, che ha permesso al porto della città di prosperare a tal punto da divenire il più importante ed efficiente al mondo, dall'altra la scarsità di fonti idriche non salate hanno costretto la piccola nazione a mantenere un pericoloso, quanto necessario, cordone ombelicale con la vicina Malaysia.
Sin dal giorno stesso della sua separazione dalla Federazione malese, avvenuta il 9 agosto 1965, il problema dell'approvvigionamento idrico è stato la spina nel fianco del governo isolano.
Lee Kuan Yew, nel suo libro di memorie "The Singapore Story", ha rivelato che nel 1965 l'allora primo ministro malese, Tunku Abdul Rahman, avrebbe confessato all'Alto Commissario britannico che "se la politica estera di Singapore pregiudicherà gli interessi della Malesia, potremo sempre fare pressione minacciando di chiudere l'acquedotto che da Johor rifornisce l'isola".
Nonostante Mohamad Mahathir, attuale primo ministro della Malaysia, si sforzi di negare che il suo predecessore abbia mai proferito una minaccia simile, non vi è alcun dubbio che l'assoluta dipendenza di Singapore possa rappresentare una grossa arma di ricatto nelle mani di Kuala Lumpur.
"Un paese può sopravvivere mesi, forse anni, senza cibo, ma non può resistere privato della sua acqua", mi dice con chiarezza il vice primo ministro e ministro della difesa, Tony Tan Keng Yam.
Attualmente la metà dell'acqua dolce consumata a Singapore proviene dalla penisola malese, ma entro il 2011 il governo prevede la costruzione di tre megaimpianti di desalinizzazione che, da soli, dovrebbero coprire il 30% del fabbisogno idrico. I costi stimati sono enormi: circa un miliardo di dollari di Singapore per ogni impianto (più di mille miliardi di lire al cambio attuale); un vero e proprio salasso per l'economia del paese.
"Tutto ciò però permetterà alla nazione di essere meno esposta alle minacce dei vicini, permettendo di diminuire le spese per la difesa", spiega Tony Tan.
Che le spese destinate alla difesa diminuiscano, è però assai improbabile. Le Forze armate di Singapore, tra le meglio addestrate e armate della regione, assorbono il 5,2% del Pil annuale e sono considerate una vera e propria istituzione pressoché intoccabile. Basta essere presenti al National Day del 9 agosto per rendersene conto: la maggior parte della manifestazione è dedicata ai quattro corpi della difesa: Aviazione, Marina, Esercito, Forze di Difesa Popolare e Polizia, mentre per le vie cittadine, molti dei pullman a due piani, retaggio del colonialismo britannico, che fanno parte dell'efficiente sistema di trasporti urbano, portano sulla carrozzeria serigrafata le immagini di militari singaporeani in azione, invitando i giovani all'arruolamento volontario.
I piani di emergenza idrica, comunque, vanno ben oltre: i leader di questo piccolo stato stanno progettando di costruire un acquedotto sottomarino che colleghi l'isola all'Indonesia, così da poter disporre di una terza fonte alternativa in caso di necessità e ridurre al minimo la dipendenza con la Malaysia.
"Una volta completata l'opera, i singaporeani potranno dormire sonni tranquilli, senza il timore che, per qualche rappresaglia, si alzino la mattina senza un goccio d'acqua", conclude soddisfatto, per ora, il ministro Tan Keng Yam.