Quando le guerre non finiscono mai

PESCALI PIERGIORGIO

MINE IN CAMBOGIA SONO DISSEMINATI 4-6 MILIONI DI ORDIGNI, UCCIDONO 150 PERSONE AL MESE

Quando le guerre non finiscono mai

Il lavoro dei volontari italiani nel primo ospedale cambogiano di "Emergency"

- PIERGIORGIO PESCALI -

S i è aperta ieri a Phnom Penh una conferenza internazionale contro le mine. In un messaggio ai delegati, re Norodom Sihanouk ha spiegato che "le mine ritardano lo sviluppo economico perchè le aree in cui sono nascoste non possono essere impiegate per l'agricoltura, l'allevamento del bestiame o la produzione industriale".

Ma, naturalmente, le mine causano anche disatri più diretti in termini di vite umane. In Cambogia, secondo le stime, ci sono dai 4 ai 6 milioni di ordigni che provocano la morte di 100-150 persone al mese. Fino agli inizi degli anni 90 il bilancio era invece di 500 vittime al mese. Forse anche per questo, molti dei delegati alla conferenza cambogiana hanno polemizzato rilevando che i fondi spesi per organizzare le conferenze sarebbero stati meglio impiegati bonificando i paesi dove più alto è il numero di mine: Angola, Bosnia, Laos...

E, naturalmente, la stessa Cambogia, dove campi recintati da nastri rossi si susseguono per chilometri e chilometri tra un villaggio e l'altro. Ogni tanto un cartello, anch'esso rosso, con un teschio bianco avverte che il terreno è cosparso di mine e che avventurarvisi potrebbe significare una menomazione fisica permanente, se non la perdita della vita stessa. Dal villaggio di S'bav, a 40 km da Battambang, sino a Pailin, altri 40 km più a sud-ovest, verso il confine con la Thailandia, la scena sopra descritta si ripete senza sosta, rendendo la zona una delle aree a più alta concentrazione di mine esistente al mondo. Qui, forze governative e Khmer rossi si sono combattuti sino allo storico abbraccio tra Hun Sen e Ieng Sary (agosto '96), che ha posto ufficialmente fine alla guerra. Alla guerra, ma non alle sue vittime, dato che lo sminamento dei campi, affidato al Cmag (Cambodian Mines Advisory Group), è ancora nelle fasi iniziali e, procedendo al ritmo attuale, occorreranno decenni prima che sia completato.

Sino al 25 luglio scorso i cambogiani che saltavano su una mina dovevano sottoporsi alle cure (o, per meglio dire, alle torture) degli ospedali di Battambang, la capitale della regione, le cui equipes mediche sono spesso formate da infermiere non diplomate senza la minima cognizione di tecnica chirurgica. Sino al 25 luglio, perché proprio alla vigilia delle elezioni generali, è stato inaugurato il primo ospedale di "Emergency" in Cambogia. Qui, accanto a 125 impiegati locali, lavorano 10 medici stranieri, per lo più italiani, guidati dal belga Gustavs Questiaux, tra i più esperti chirurghi di guerra esistenti al mondo.

Tutti questi volontari hanno sacrificato parte del loro tempo e denaro per una causa precisa: "Ritrovare l'etica che dovrebbe essere la base della scienza medica", spiega il più entusiasta del gruppo, Donaldo Ciresi, responsabile della farmacia.

E in linea con questa filosofia di ricerca etica del proprio lavoro, ben si addice la dedica ad Ilaria Alpi con cui Gino Strada, fondatore e coordinatore di "Emergency", ha voluto nominare l'ospedale. Del resto, il principale obiettivo che si sono dati i volontari dell'organizzazione italiana, è quello di far capire al personale locale che ogni paziente, qualunque sia la sua origine, ceto, idea, ricchezza, deve essere trattato con uguale rispetto e dignità. Troppo spesso, infatti, negli ospedali cambogiani la cura che viene offerta ai malati è direttamente proporzionale al loro peso sociale e finanziario; un sintomo della perdita di valori e di ideologia che già da tempo ha contagiato la società e che sta dilagando in tutti i settori pubblici e privati. Gino Strada spera che nel giro di 3 anni, l'ospedale sarà pronto per essere consegnato alla completa gestione cambogiana. Un traguardo ambizioso, specie se si tiene conto che rispetto ad altri paesi, le mine presenti in Cambogia sono caricate con un contenuto di tritolo più elevato, rendendo più complicata l'intera operazione chirurgica.

"Spesso la quantità di esplosivo supera i trenta grammi, il limite oltre il quale il danno inferto alla gamba è tale che si rende necessaria l'amputazione sino all'anca", afferma Roberto Bottura. Come è accaduto a un giovane bonzo che da anni era solito percorrere il medesimo sentiero per raggiungere il villaggio vicino; le piogge monsoniche hanno allentato il terreno permettendo a una mina di scivolare nella fanghiglia, sconfinare dal terreno recintato dal Cmag e invadere il percorso del monaco. A lui sono state amputate entrambe le gambe.

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