Notizie locali

CASTELLINA LUCIANA

DI LUCIANA CASTELLINA

Notizie locali

La misura provinciale dell'informazione: crisi italiana, caso tedesco

V enerdì 9 ottobre ore 19, telegiornale della prima rete tedesca: la notizia della clamorosa caduta del governo Prodi arriva, fugacemente, al quinto posto. Domenica, nella assai videoascoltata trasmissione che a metà giornata riassume gli avvenimenti salienti della settimana, è già scomparsa.

Diverso l'atteggiamento dei quotidiani più autorevoli e delle élites: la notizia della crisi ulivista non solo riceve spazio adeguato ma suscita sgomento reale, in particolare tra deputati e intellettuali di sinistra. E anzi qualcuno spiega proprio con l'imbarazzo il silenzio sull'argomento da parte dei media che si rivolgono al grande pubblico: era infatti opinione corrente che l'Italia avesse finalmente un governo come si deve e ora sarebbe difficile spiegare ai milioni di telespettatori che invece no, è durato poco come già prima gli altri e, oltrettutto, a buttarlo giù è stato un pezzo della stessa sinistra. La spiegazione convince poco.

E' un fatto che l'informazione spacca sempre più l'opinione pubblica in due: una fetta sottile cui si racconta cosa succede nel mondo, una molto ampia cui il mondo si racconta solo sotto forma di catastrofi, massacri o successi sportivi e talvolta imprenditoriali. Sicché nell'epoca della globalizzazione - anche perché, come giustamente dice Giovanni Sartori, le telecamere sono assai meno mobili dei reporters della carta stampata - la politica a livello di massa diventa sempre più domestica, locale. Del resto, in un mondo governato dallo star system ognuno ama vedere le facce che conosce, le proprie: il volto bizzarro di Lafontaine e la corpulenza di Kohl fanno audience in Germania, i baffetti di D'Alema e la bicicletta di Prodi no. Ma in realtà c'è poco da stupirsi: i politici parlano alle opinioni pubbliche che poi li devono votare e ne risulta che ciascuno si preoccupa della propra, a essa si rivolge, producendo una frammentazione in totale controtendenza rispetto alla costruzione europea.

C'è da chiedersi che razza d'Europa si pretende di costruire con questo tipo di informazione. In realtà il grosso di ogni paese sa e vede cose diverse. Nel Tg tedesco che riassume la settimana, per stare allo stesso "campione", domenica veniva data priorità - ed è naturale - al viaggio del non ancora cancelliere Schröder a Washington. Una interessante notizia molto tedesca. Nonostante il notorio filoatlantismo italiano, infatti, nessun candidato a palazzo Chigi si sarebbe sognato di rendere omaggio al presidente degli Stati uniti prima ancora di assumere il proprio incarico. Accade in Germania, e qui appare naturale, perché forse è bene a tenere a mente che la maggior potenza europea è più figlia dell'America di chiunque altro, essendo rimasta militarmente occupata dal suo esercito fino a non molto tempo fa, e dall'ex nemico, assai lungimirante, avendo ricevuto praticamente tutto, aiuti materiali enormi ma anche l'ispirazione determinante della propria costituzione.

Dubito che l'informazione italiana si sia soffermata su questo lato della cosa, così come su un altro elemento di interesse del viaggio a Washington di Schröder: il fatto che fosse accompagnato - una vera primizia - dal futuro ministro degli esteri Joschka Fischer, un verde per l'occasione vestito rigorosamente di grigio, introdotto nella sala ovale per uno scambio di idee nientedimeno che sull'eventualità di bombardare la Serbia. Ad ogni buon conto, a tranquillizzarmi rispetto a eventuali scivolate, nella limousine che faceva il suo ingresso nel parco della Casa bianca ho riconosciuto il volto amico di Ludger Volmer, compagno di tante battaglie pacifiste, ora lì nella delegazione ufficiale, in qualità - come ha riferito la Tv - di consigliere di Joschka (e sappiamo anche di candidato a sottosegretario) e - aggiungo io - in rappresentanza della sospettosa ma corposa corrente di sinistra del partito ecologista.

Ma nel programma televisivo tedesco c'era un'altra notizia di interesse generale di cui gli italiani, e credo anche tutti gli altri europei, sono stati privati: la decisione della Spd del Meclemburgo-Nuova Pomerania di dare il via a un nuovo governo regionale cui per la prima volta parteciperà la Pds (se si pensa che fino a qualche anno i comunisti erano nella repubblica federale esclusi per legge persino dai posti di portalettere non è cosa da poco).

Il problema non consiste tuttavia nemmeno solo nelle diverse priorità dei notiziari. Sta nell'insieme di conoscenze, nella cultura che deriva dalla collocazione geopolitica di ognuno dei 15 paesi in una Comunità che dopo quarant'anni resta drammaticamente diversa. Prendo altri due esempi dal citato Tg domenicale tedesco. Largo spazio al premio - il più prestigioso del paese - conferito annualmente dai librai tedeschi in occasione della Fiera di Francoforte, una notizia per noi quasi inesistente. Si tratta dello svizzero Martin Walser che nel discorso che i premiati pronunciano durante la cerimonia, presenti le massime autorità dello stato e della cultura, ha affrontato il tema dell'impegno politico morale dell'artista e ne ha approfittato per denunciare un fatto che in Germania continua ad essere un tormentone nazionale: la vicenda delle spie delle due repubbliche tedesche negli anni della separazione, premiate quelle che a est operavano a favore di Bonn (così tradendo il loro paese, dice indignato Walser), punite quelle che servivano la "patria" cui allora appartenevano, la Rdt.

Al di là di quella specifica vicenda così tedesca è in realtà tutto il discorso dello scrittore, pieno di riferimenti storico-culturali a noi lontano, a svelare una ispirazione, a iscriversi in un contesto, tremendamente distanti da quello britannico spagnolo o italiano.

E', naturalmente, anche questione di geografia. Subito dopo il Tg regionale scopro in un reportage passaggi e situazioni che conoscevo solo approssimativamente, pur essendo assolutamente europei e anzi per la storia europea, passata e futura, di grande rilevanza: quel pezzo di terra che una volta si chiamava Prussia orientale e ora per un terzo è Polonia e per due Russia, capitale Königsberg o Kaliningrad, che oggi confina con una nuova frontiera, quella della Lituania. Fra ricordi di ieri e cronaca attuale ne emerge un mondo a noi largamente sconosciuto, popolato da incredibili personaggi passati da una cittadinanza all'altra attraverso drammatiche guerre, un intreccio di tradizioni, lingue, conflitti sanguinosi e però ormai anche pacifiche convivenze. Da Berlino queste regioni distano qualche centinaio di chilometri, sono dunque pienamente dentro il contesto quotidiano. Rispetto a Roma, Parigi o Londra, sono un altro pianeta. E però sono "Europa" a tutti gli effetti, una dimensione alla quale si vorrebbero far corrispondere parlamenti, governi, partiti. E' possibile ipotizzare istituzioni comuni fino a quando prevale una formazione politico-culturale così provinciale? Mi chiedo se anche la crisi di governo italiana avrebbe avuto questo corso se i protagonisti della sinistra ne avessero parlato con i loro omologhi europei per valutare assieme gli effetti che l'evento non mancherà di avere su tutti. Temo non sia accaduto.

Non accade nemmeno nel microcosmo pur significativo del nostro gruppo al Parlamento europeo, dove pure siedono comunisti o post, tutti ormai alle prese con il medesimo modo di governare e che però parlano insieme delle manifestazioni per il lavoro che congiuntamente promuovono, mai del che fare con i rispettivi esecutivi. Per carità non voglio tornare al Comintern quando tutto era deciso insieme, ma fra quell'estremo e l'indifferenza ci sarà pure uno spazio. Ovviamente questo mio scritto è un tributo al manifesto che ha scelto il rischio di diventare un giornale europeo.

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