Se non ora, quando?

CASTELLINA LUCIANA

DI LUCIANA CASTELLINA

Se non ora, quando?

Il voto tedesco, le sinistre europee e i progetti di riforma

Q uando poco prima di iniziare la riunione della direzione del partito, Schröder ha detto che la grande coalizione non era più neppure un tema di discussione teorica, anche la Germania è entrata nella lista dei paesi europei il cui governo si regge su due partiti della sinistra. Anzi, visto il peso del paese, a quella lista è decisamente in testa. I Verdi non sono un partito comunista né post-comunista, come nelle altre coalizioni, ma ci somigliano non poco: non solo perché una gran parte di loro proviene da formzioni sessantottine che tutte avevano la parola "comunista" nella loro dominazione, ma perché anche coloro che sono nati come ecologisti non sono certo più moderati - anzi! - e non solo sui temi ambientali. E comunque il successo della Pds - da molti considerato impossibile - ha fornito lo scenario tedesco di una forza di rincalzo di tutto rispetto, tant'è che nel Land Meklemburgo-Nuova Pomerania, dove domenica si sono svolte anche le elezioni regionali, questo partito parteciperà assai probabilmente al governo, visto che la leadership socialdemocratica federale ha dichiarato che, almeno all'est, ciascuno può localmente fare la coalizione che preferisce, e il messaggio serviva a dare per la prima volta un segnale verde in questo senso.Benissimo. Siamo, e giustamente, tutti contenti. Con tanti governi formati dai due partiti tradizionali della sinistra, con l'aggiunta - che non ha solo valore quantitativo - delle nuove formazioni ecologiste, si è creato in Europa uno scenario senza precedenti. Uscirne sconfitti sarebbe paradossale oltreché drammatico.

Non dovrebbe proprio accadere. Ma quante volte la sinistra si è detta "se non ce la facciamo questa volta non ce la faremo mai più, non avremmo giustificazioni". "Per la sinistra europea non ci sono più alibi" scrive Ruffolo su Repubblica, e ricordo che questa frase ce la dicemmo molti anni orsono, quando in Francia la gauche conquistò una straripante maggioranza. Invece andò a finir male, come sappiamo, ma effettivamente una qualche giustificazione in quel caso c'era: l'isolamento indusse Mitterrand, pressato dal ricatto dei partner europei che gli impedirono la svalutazione, a rinunciare al consistente pacchetto di misure progressiste del suo primo mandato, e i comunisti ad abbandonare il governo, così aprendo la strada alla rivincita della destra.

Adesso le difficoltà del "socialismo in un solo paese" non ci sono; e tuttavia tutto è più facile e più difficile. Più facile, perché nessuno è tanto ambizioso da progettare la costruzione del socialismo nel tempo di una legislatura e dunque si tratta soltanto di avviare qualche riforma incisiva, almeno un mutamento di indirizzo nella politica economica e nella distribuzione del reddito; più difficile perché la ulteriore divaricazione sociale che si è prodotta in Europa ha determinato divaricazioni anche soggettive, fra iper-realisti e protestari. Nessun partito e nessuna coalizione - lo scrivevo qualche giorno dopo il successo del partito post-comunista svedese - è immune da un conflitto interno attorno al nodo del governare. Anche nel regno dove sembra assicurata la monarchia assoluta di Blair lo scontro interno non si spegne, come dimostra il voto annuale alla Conferenza del partito laburista di due giorni fa, quando la durissima opposizione di sinistra, con estremo dispetto del leader, ha conquistato quattro su sei dei posti disponibili nell'esecutivo per gli eletti dai circoli territoriali (come dire che Rifondazione è entrata di prepotenza nella segreteria dei Ds).

Quanto alla Germania sappiamo tutti quanto divisi tra realos e fundi (e questi al loro interno) siano i Verdi, tanto che Schröder ha annunciato che essi "possono, anzi debbono, mandare alla trattativa con la Spd una delegazione di non meno di 12 persone". Mentre un piccolo incidente - lo riporta la Frankfurter Rundschau - sembra abbia già segnato la riunione della direzione socialdemocratica di lunedì: quando Schröder ha rimproverato la deputata Edelgard Bulmahn, candidata a divenire ministro della ricerca scientifica, perché aveva firmato un documento programmatico della sinistra del partito.

Che differenze ci siano attorno a un nodo così difficile, su quando il compromesso diventa negativo e su quando occorre invece salvarlo, perché altrimenti si apre la strada al peggio, non scandalizza. Il problema è se si riesce a evitare il gioco dei reciproci ricatti che anche in Germania potrebbe verificarsi. I liberali, entrando inaspettatamente nel Bundestag, potrebbero in effetti pur sempre sostituire i Verdi nella coalizione ove questi tirassero troppo la corda. Per ora l'ipotesi è stata esclusa dalla maggioranza stessa di questo partito, ma ove si dovesse arrivare a un punto di crisi nell'alleanza rosso-verde, potrebbero prestarsi a fare quanto per ora a maggioranza rifiutano. L'unica soluzione, per difficile che sia - in Germania come in Italia come ovunque - sta nel mettersi al tavolo per valutare con serenità i rapporti di forza reali, gli obiettivi immediati e quelli strategici, gli avversari principali e quelli secondari, la reciproca distanza di posizioni e infine stabilire un accordo su pochi punti fondamentali da onorare per il tempo della legislatura, impegnadosi a evitare ricatti e giochi tattici.Ragionare così implica, me ne rendo conto, qualche nostalgia leninista. Datata. Ora domina una cultura più emotiva. Qualche mese fa sono stata invitata da un composito schieramento comprendente le sinistre della Spd e dei Verdi più la Pds a una conferenza tenuta all'università di Bochum. Tema: l'esperienza delle sinistre al governo. Sebbene fosse già quasi certo che a una governo rosso-verde in Germania si sarebbe arrivati nel giro di poco tempo, tutti i presenti sembravano assolutamente - direi psicologicamente ancor più che politicamente - impreparati all'eventualità. E quando raccontando i mal di pancia di casa nostra ho finito per dire a un dirigente dei Verdi che mi stava di fronte se si rendeva conto che entro poco avrebbe potuto essere ministro, chiedendogli anche come si sarebbe comportato, sia lui che le altre centinaia di presenti, senza distinzione di partito, mi hanno guardato come fossi un'illusionista.

Adesso, quel compagno, è possibile che ministro lo diventi per davvero. Gli avevo anticipato che avrebbero tutti ballato, e non poco, come da noi. Speriamo con più saggezza.

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