Amarc, il club mondiale delle radio indipendenti

LORRAI MARCELLO

MILANO INCONTRO OSPITATO DA RADIO POPOLARE

Amarc, il club mondiale delle radio indipendenti

Intervista a Sophie Ly, senegalese e segretario generale dell'associazione nata nel 1983, una sigla che raggruppa un migliaio di emittenti "comunitarie", a convegno dal 23 agosto

- MARCELLO LORRAI - MILANO

H o cominciato a Dakar con un gruppo di giornalisti, dei matti che volevano fare dell'informazione indipendente. Presto ci siamo resi conto che la carta stampata poteva toccare al massimo un 20% della popolazione: tutti gli altri non erano in grado di leggere il francese, o addirittura non avrebbero mai potuto materialmente ricevere un giornale. E allora abbiamo pensato ad una radio indipendente". Negli ultimi tre anni e mezzo Sophie Ly, senegalese, non è più riuscita a fare direttamente radio: proveniente dall'esperienza pionieristica e battagliera di Radio Sud FM, ha organizzato a Dakar il sesto convegno mondiale (gennaio '95) dell'Amarc, l'unica associazione a riunire a livello intercontinentale le radio comunitarie.

Eletta in quell'occasione "segretario generale" dell'organizzazione, si è trasferita a Montreal, dove l'Amarc è nata nell'83 e ha la sua sede centrale. E' ora a Milano, per preparare il settimo convegno mondiale dell'Amarc, che, ospitato da Radio Popolare, si terrà dal 23 al 29 agosto, con la partecipazione di diverse centinaia di operatori radiofonici di tutto il mondo.

"Non ci sono cifre precise, ma in Africa esistono ormai fra le 300 e le 500 radio indipendenti", spiega Sophie Ly. "Lo sviluppo della radiofonia indipendente in Africa è stato abbastanza omogeneo, con le eccezioni dell'Africa orientale e settentrionale, dove la situazione politica e giuridica rimane più chiusa. I due poli dove si contano più radio sono il Mali, uno dei paesi più poveri del mondo, che ne ha ormai circa ottanta, e il Sudafrica; poi ci sono il Burkina Faso, il Senegal e l'ex Zaire".

In Africa le radio comunitarie svolgono una funzione importantissima: basti pensare alle radio rurali, con la loro opera che va dall'educazione sui temi della salute, alla promozione dell'emancipazione della donna, alla sensibilizzazione politica alla vigilia di scadenze elettorali. Ce ne sono sempre di più, ma è una sfida quotidiana, perché in generale vivono di finanziamenti delle agenzie internazionali o delle organizzazioni nongovernative. A volte però sono finanziamenti destinati solo alla fase di avvio, e dopo tre-quattro anni queste radio restano senza risorse, e si pone la questione della loro indipendenza".

"Un'altra minaccia che grava su queste radio giovani, fragili e povere è la crescente aggressività della concorrenza delle radio internazionali che erano sulle onde corte e che oggi entrano nell'fm, o spostandosi direttamente sulla modulazione di frequenza o comprando delle ore di programmazione su queste piccole radio. Ma per esempio è significativo che le comunità del Mali immigrate all'estero raccolgano sempre più soldi per queste radio, perché ne vedono l'utilità. Il Sudafrica, paese più ricco, è un caso a parte".

"Oggi comunque l'Amarc ha radio associate in più di 100 paesi nei cinque continenti, e può quindi considerarsi una vera organizzazione mondiale. C'è oggi una diffusa simpatia, un riconoscimento nei confronti della radio comunitaria: se si rileggono i primi documenti degli anni eroici dell'Amarc, ci si accorge che allora la lotta era innanzitutto quella per affermare l'esistenza delle radio comunitarie. Oggi questa non è più la priorità,salvo che in alcune situazioni: come in America Latina dove ci sono battaglie molto aspre per difendere le radio comunitarie di fronte alle radio commerciali".

L'Asia è fino ad ora il continente rimasto più indietro nello sviluppo della radiofonia comunitaria: "A Milano però avremo una presenza asiatica eccezionale, almeno una ventina di radiofonici che testimoniano dell'emergere di una pressione via via più decisa. Ad Amarc 7 saranno rappresentata molte iniziative: progetti o radio già esistenti in Papua-Nuova Guinea, Isole Salomon, Nepal...".

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