I Khmer rossi nella democrazia

PESCALI PIERGIORGIO

I Khmer rossi nella democrazia

Intervista al leader Ieng Sary, il "Fratello numero due"

- PIERGIORGIO PESCALI - PAILIN

C arismatico, calmo, voce sempre pacata e convincente; un sorriso che sembra gli sia stato stampato sulla faccia.

Questo è Ieng Sary, il "terribile" Fratello Numero Due, il cognato di Pol Pot tanto odiato dalla diplomazia occidentale, quanto - qui a Pailin, dove vive e gira liberamente su auto con targa thailandesi - è amato con affetto dai suoi concittadini. Incontro Sary il giorno dopo le elezioni del 26 luglio, e questa è la prima intervista in assoluto che l'ex leader Khmer Rosso rilascia dopo le consultazioni.

Signor Ieng Sary, a differenza di quanto aveva fatto nel 1993, stavolta lei ha deciso di partecipare alle elezioni del 26 luglio. Cosa è cambiato in Cambogia dal 1993 ad oggi perché lei decidesse di accettare le votazioni?

Voglio dirle molto francamente che nel 1993 non ho potuto partecipare alle decisioni che hannno portato la Resistenza a dichiararsi non disponibile a partecipare alle elezioni. A quel tempo ho solo messo in pratica le decisioni che provenivano da altre parti.

Ma dal 1993 ad oggi ho visto che in Cambogia vi sono stati numerosi cambiamenti storici. Dopo gli Accordi di Parigi, speravamo di aver raggiunto la pace, ma come lei sa, dopo le elezioni scoppiò il conflitto tra le forze di Resistenza e il Governo Reale. Questo è già di per se stesso un evento di importanza storica, perché dopo questo avvenimento l'Assemblea Nazionale del Regno di Cambogia adottò una legge che avrebbe permesso di reintegrarci in tutto l'apparato statale. Ma oramai l'unità del Paese era stata rotta.

Il secondo evento storico è avvenuto nel 1996. A quel tempo io mi ero già ritirato dall'attività politica, ma la Resistenza mi accusò di essere un traditore. Rimasi alquanto sorpreso dell'accusa, anche perché era stata la stessa gente di Pailin a chiedermi di aiutarli a finirla con la lotta armata. Fu il periodo del secondo premierato di Hun Sen che, molto acutamente, ha visto l'opportunità di fermare la guerra. Secondo me il 1996 è stato l'anno chiave della storia cambogiana, perché da allora la resistenza ha cominciato a disgregarsi. Poi, il 15 luglio 1996 abbiamo fondato il Movimento Democratico di Unità Nazionale (Mdun) lavorando per la pace e la democrazia assieme al Funcinpec, di Ranarridh, e al Partito del Popolo Cambogiano (Ppc) di Hun Sen. Abbiamo anche cercato con successo di riportare all'interno del processo di pacificazione e di unità, la linea dura della Resistenza per consolidare l'unità nazionale e la Politica di Riconciliazione Nazionale. Ed infine gli eventi del 5-6 luglio 1997: da queste date noi abbiamo continuamente fatto pressione sul governo reale affinché trovasse un accordo tra Ppc e Funcinpec. E' per questo che abbiamo deciso di partecipare alle elezioni del 26 luglio. Attraverso queste elezioni la pace è stata consolidata e l'unità nazionale si è rafforzata.

Come ha detto lei, dopo che ha deciso di concludere un accordo con il governo nel 1996, la Resistenza si è disgregata. Non le sembra di essere, in un certo senso, il vero "responsabile" di questa disgregazione?

Voglio innanzitutto ricordarle che la decisione di non partecipare alle elezioni del 1993 non è stata mia. La mia personale idea era ed è che con gli Accordi di Parigi i cambogiani avevano l'opportunità di unirsi. Così, desso, noi dobbiamo usare gli Accordi di Parigi: per rafforzare l'unità nazionale. Dopo gli Accordi di Parigi era mia opinione che non potevamo continuare la lotta armata, ma dovevamo cambiare forma di lotta.

Noi sappiamo anche di non poter raggiungere quello che speravamo di poter raggiungere quando eravamo giovani. Dobbiamo guardare alla vera situazione della Cambogia di oggi.

Così per rispondere alla sua domanda, non mi sento responsabile per la disgregazione della Resistenza. Certamente prima della firma degli Accordi di parigi, c'era una ragione perché ci fosse una Resistenza, ma dopo ci sono stati grandi consensi in Cambogia perché si raggiungesse la pace.

I grandi poteri vorrebbero eliminare i Khmer Rossi, ma in realtà non vogliono e né possono eliminarli tutti indistintamente. Per coloro che sono moderati, c'è posto nella politica e nell'amministrazione pubblica. No, non mi sento un traditore.

Lei pensa che veramente con il 26 luglio è iniziato il definitivo processo che porterà la democrazia in Cambogia?

Sì, lo credo. E credo anche che non ci saranno ulteriori grossi problemi in questo grande processo democratico. So che non possiamo andare veloci come in Europa, e so anche che la strada è alquanto dissestata, ma il processo di sicuro procede per questa via. Se posso azzardare un paragone possibile, noi viaggiamo su un carro trainato da buoi, voi europei viaggiate già su auto.

A differenza di come viene dipinto in tutto l'Occidente e nella stessa Cambogia, lei è amato e stimato dalla gente. Allora perché non si è presentato alle elezioni come candidato?

Da quando abbiamo rotto con Pol Pot, abbiamo smesso di pensare di tornare al potere, preferendo prima raggiungere tre obiettivi: unità nazionale, riconciliazione nazionale, fine della guerra. Prima di ogni considerazione politica, dobbiamo raggiungere appieno questi tre obiettivi. Il Mdun sta cercando di raggiungere questi traguardi ed una volta raggiunti, potremo considerare la possibilità di partecipare ad un governo nel paese. Ma non prima.

Lei ha parlato di Pol Pot. Qual è la sua impressione su di lui come rivoluzionario e come uomo?

Dobbiamo lasciare il giudizio alla Storia. Ma per quanto mi riguarda, penso che ogni uomo ha dei periodi nella sua vita e in ogni periodo ci sono buone e cattive qualità.

In una sua intervista lei ha detto che "ora" i cambogiani hanno bisogno di democrazia e non di nuove dittature. Cosa intende dire, che la Cambogia non ha mai avuto una democrazia?

Nella storia della nazione ci sono stati periodi in cui c'è stata la democrazia, ma non pura e non a tutti gli effetti. Ma in questi ultimi tempi la dittatura ha prevalso a causa della guerra. Così noi non abbiamo avuto il tempo di pensare alla democrazia perché non c'era la pace. Ora spero che dopo queste elezioni il processo democratico già iniziato, procederà più spedito.

Si considera ancora comunista?

Non mi considero più comunista dal 1985 perché penso che l'uomo sia legato alla sua società. Se l'uomo potesse vivere in una società comunista, allora io sarei rimasto comunista, ma non penso che sia possibile vivere in questo tipo di società. La gente qui ha profonde radici nel buddhismo e crede fermamente nella famiglia come nucleo base della società.

Allora i Khmer Rossi nel 1975 avrebbero completamente sbagliato politica?

Era una politica che non si adattava alla società cambogiana perché la volontà a quel tempo, il desiderio della dirigenza Khmer Rossa a quel tempo era troppo "alta", e noi non potevamo, con i mezzi che avevamo, raggiungere mete troppo elevate. Era solo un sogno, un sogno che non poteva divenire realtà.

Quindi cosa pensa abbiano lasciato i Khmer Rossi alla società cambogiana?

Non posso dire che non abbiano lasciato nulla. Hanno raggiunto notevoli obiettivi nel campo agricolo, hanno accelerato l'industrializzazione. Ma la velocità era troppo elevata, non potevamo sostenerla e soprattutto non era in conformità con la realtà del tempo e la volontà del popolo.

Cosa farà il Mdun se si ripeterà un colpo di stato come quello avvenuto nel 1997, cioè se qualcuno a Phnom Penh non accetterà il risultato delle elzioni?

Dobbiamo prima di tutto aspettare la proclamazione dei risultati definitivi, finora abbiamo soltanto dati parziali, ma dobbiamo anche rispettare le leggi.

E in Cambogia, in tutti campi oramai c'è una piena legiferazione e istituzionalizzazione in atto: abbiamo la Costituzione, il re, l'Assemblea Nazionale, la Magistratura. Queste istituzioni debbono lavorare per prevenire ancora una volta la guerra.

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