Le urne del silenzio

PESCALI PIERGIORGIO

Le urne del silenzio

Cambogia al voto. Cercando un futuro normale

- PIERGIORGIO PESCALI - PHNOM PENH

L a campagna elettorale è terminata in Cambogia con grandi cortei che, in certi punti, hanno paralizzato il traffico di Phnom Penh.

Centinaia di camion accompagnati da motorette strombazzanti, si sono riversati nelle arterie cittadine per tutto il giorno, mentre nei pressi del Palazzo reale si concludeva la marcia della pace organizzata dalla Dhammayietra, l'associazione buddhista più importante di tutta la Cambogia. Oggi, domenica 26 luglio, gli elettori si recheranno alle urne, ma qualunque risultato esca dal voto, la parte più ardua del cammino verso la democrazia, davvero tutta in salita, avverrà in seguito.

Niente vincitori assoluti

Il punto infatti è che sarà ben difficile che nel sistema proporzionale in uso nella nazione, riesca ad emergere un vincitore assoluto. Il partito favorito rimane il Partito del popolo cambogiano, ma a quanto si è potuto osservare finora dalla partecipazione ai comizi elettorali, ogni proiezione appare assai azzardata. Tutti gli schemi finora usati per valutare la parità di partecipazione a programmi radio e televisivi non hanno retto alla "prepotenza" del partito al governo, il Ppc.

Rimane altresì oscuro come i 5,5 milioni di elettori riusciranno a scegliere in modo consapevole e "democratico" tra le 39 liste iscritte alle votazioni, molte delle quali sono assolutamente sconosciute e di fatto non hanno alcun tipo di programma specifico con una pur minima attinenza alla crisi drammatica della Cambogia.

C'è chi, come Toeuk Ngoy del Free Development Republican Party, ha girato nei villaggi con una bandiera cambogiana in una mano e una bandiera statunitense a stelle e strisce nell'altra perché, dice, non vuol far altro che trasferire pari pari il sistema americano in Cambogia, infischiandosene del differente stadio di sviluppo, cultura, religione esistenti tra i due paesi e i due popoli.

Fumo negli occhi

O chi come Eang Moly, del Buddhist Liberal party, che va predicando per i quattro angoli del paese la parità tra uomini e animali. E ancora Kong Mony, del Khmer Angkor Party, il quale auspica il ritorno del popolo khmer ai fasti ed alla potenza del regno di Angkor. E' una specie di esplosione di proposte.

Sembra quasi che i cambogiani, dopo essere stati per lungo tempo "incatenati" tra le direttive di pochi partiti, appena avuta la possibilità di esprimersi, lo hanno fatto senza cercare di convogliare le idee in qualche struttura, se non proprio politica almeno logica o pragmatica.

Chiunque abbia avuto una qualsiasi idea e dei soldi per metterla per iscritto, ha potuto costruirsi un "partito" e presentarsi come tale agli occhi dei suoi connazionali, senza badare a spese, naturalmente. Molti la chiamano "democrazia". Altri, più propriamente, "fumo negli occhi".

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