La chitarra di Farka Toure

LORRAI MARCELLO

DALLA "MUSICA DEGLI SPIRITI" ALLE COLLABORAZIONI CON TAJ MAHAL E RY COODER

La chitarra di Farka Toure

Una intervista al musicista del Mali che per ore ha entusiasmato il pubblico del festival di Villa Arconati, dove ha suonato affiancato da un corista e da tre percussionisti che hanno fuso ritmi e timbri delle conghe, del tamburo djembè e della calebasse

- MARCELLO LORRAI - MILANO

N ella vita di Ali Farka Toure la chitarra è entrata materialmente trent'anni fa, anzi, per essere esatti qualcosina di più. Come spesso gli capita, Ali Farka può citare una data precisa: aprile 1968. "E' successo a Sofia, in Bulgaria: l'ho vista e per comprarla ho speso tutti i soldi che avevo. E' la chitarra che si può vedere sul mio album Radio Mali". Ma l'amore per lo strumento era sbocciato molto prima: "nel 1956: ho avuto occasione di vedere un grande chitarrista e poeta della Guinea, Keita Fodeba, che era il direttore del Balletto Nazionale del suo paese, ed è stato uno dei primi a portare la musica e il ballo africani in Francia. Le leggende che cantava, io in altri dialetti le conoscevo bene, e allora ho pensato che potevo imparare anch'io a suonare la chitarra e cercare di fare ancora meglio di lui. All'epoca il mio mestiere era l'autista: ho tenuto questo sentimento dentro di me fino al '68".

La passione per la musica di Ali Farka Toure era nata ancora prima, e il musicista maliano, classe 1939, anche in questo caso ricorda con sicurezza un anno: "nel 1950 mi ero fabbricato uno strumento a una sola corda, con cui suonavo una musica considerata "degli spiriti". La mia famiglia, una grande e nobile famiglia, mi fracassò lo strumento, e io me ne costruii un altro, e loro me lo ruppero di nuovo. A causa di questo finii per manifestare dei problemi mentali: avevo una nonna che mi curò, poi mia madre mi portò in una città per farmi guarire. Quando tornai il nonno disse di lasciarmi in pace, perchè ognuno ha il suo destino nella vita: ed è così che sono diventato musicista".

Da allora Ali Farka Toure ne ha fatta di strada, in tutti i sensi: scherzando Ali Farka quantifica le sue peregrinazioni sostenendo di avere già completato quattro giri del mondo, e certamente ha viaggiato in lungo e in largo per l'Africa occidentale. Il suo cammino ha anche incrociato quello di figure della musica d'oltre Atlantico fuori dagli schemi e circondate da un'aura di mito, personaggi come Taj Mahal (con cui ha inciso l'album The Source) e Ry Cooder. In particolare al sodalizio con quest'ultimo, che si è concretizzato nel fortunato Talking Timbuktu, Ali Farka Toure deve la notorietà che lo ha portato a essere uno dei non molti musicisti africani oggi conosciuti anche da un pubblico non specializzato. Al festival di Villa Arconati (Castellazzo di Bollate) è stato accolto calorosissimamente da una platea di tutto rispetto, in buona parte composta da appassionati di blues e da fan di Ry Cooder: è curioso anzi notare come la musica di Ali Farka Toure, ancora più che nei cultori di musica africana, susciti entusiasmi incondizionati proprio in questo pubblico per il resto più in confidenza con il Mississippi che con il Niger tanto caro ad Ali Farka. Il fenomeno ha una spiegazione semplice: la musica di Ali Farka richiama molto da vicino il blues, e si presenta con una freschezza e un'autenticità che raramente oggi il blues può esibire.

E Ali Farka tiene banco per quasi due ore affiancato solo da un corista e da tre percussionisti, che fondono ritmi e timbri delle conghe, del tamburo djembè e della calebasse (una grossa zucca che può produrre un suono simile a quello della grancassa della batteria) in un accompagnamento sobrio e limpido. Quanto al blues, e alle influenze che altre musiche possono aver esercitato sulla sua, Ali Farka è piuttosto drastico: "nella mia musica non c'è alcuna invenzione proveniente dall'esterno: è tutta cultura musicale del Mali".

Le cose sono forse un po' più complicate: la musica maliana moderna ha subito fortemente la suggestione delle musiche neroamericane e afrolatine, ha amato Cuba e James Brown, e ha metabolizzato a fondo altre culture musicali, assimilandole in forme che suonano oggi prettamente maliane. Ali Farka Toure taglia corto: "ho avuto occasione di dirlo anche a John Lee Hooker: io sono le radici e il tronco, voi siete i rami e le foglie. Non ho imparato niente da Taj Mahal e Ry Cooder, sono loro che hanno potuto imparare delle cose da me. Ry Cooder ha ascoltato il mio repertorio per tre mesi, per prepararsi alla nostra incisione".

Non si pensi con questo che Ali Farka sia avaro nel riconoscere il talento altrui: Hooker, Mahal, Cooder sono per lui grandi artisti, è solo questione di differenza di ruoli. Se poi gli si chiede un'opinione su una giovane cantante maliana come Oumou Sangare, e sui contenuti delle sue canzoni, critici sulla condizione della donna nel Mali, Ali Farka si profonde nei complimenti: "Sono contento che mi abbia chiesto di lei. Intanto bisogna premettere che il Wassoulou, la regione di cui è originaria, è già da solo un continente, con una identità straordinaria. Tra tutte le nuove cantanti maliane Oumou è la migliore. In Mali oggi ci sono molti cambiamenti, e Oumou cerca di dare una spinta all'educazione della donna maliana. Ed è per questo che le sue composizioni mi colpiscono, perchè lei non canta delle lodi. Bisogna che il nostro paese non stia ad aspettare i doni del Buon Dio, ma che si dia da fare, che evolva: il passato è andato, bisogna pensare al futuro, e gli artisti devono dare l'esempio".

Uno che come Ali Farka ha avuto una lunga esperienza con Radio Mali (a cui ha dedicato la canzone omonima), e che si esprime in una decina di lingue utilizzate nel Mali, è titolato per un'opinione sulla fioritura nel suo paese di radio indipendenti: radio che acquistano ascolto anche perchè appunto parlano le lingue locali, le uniche che il grosso della popolazione capisce. "La mia attività con Radio Mali si è chiusa tanto tempo fa, nell'80, e non suono nelle radio private. In compenso sono presidente di una radio privata rurale nata da poco dalle mie parti. E' una radio che ha come scopo di sensibilizzare i contadini sui problemi dell'agricoltura, per parlare di quello a cui hanno diritto, per istruire, per promuovere lo sviluppo. Occorre un contatto: senza la radio sei chiuso, perchè non c'è né tv né telefono. La comunicazione è nell'fm. No, non suono nemmeno in questa radio, però dò loro molte cassette, perchè nella capitale, Bamako, mi occupo di produzione e di promozione della nuova generazione".

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