- LUCIO SALVATICI - PECHINO
L
Questo nuovo stile (il cui iniziatore era stato il primo ministro
Zhu Rongji nel giorno della sua elezione in marzo, con una
conferenza stampa "all'americana"), aiuta certo anche l'immagine
di Jiang Zemin. Il leader con "le mani pulite", ha messo in campo
in questi nove anni di Segreteria generale tutto il suo peso
interno ed internazionale per ricucire le relazioni tra le due
potenze scese ad un minimo storico dopo il 1989 e le successive
controversie commercial-ideologiche. Sette volte i due capi di
stato si sono già incontrati e Clinton ha tenuto a riconoscere
l'importanza della stabilità della leadership di Jiang nel
processo di riavvicinamento; ma per la prima volta c'era la
presenza scomoda di un cerimoniale imbarazzante e simbolico, che
coinvolgeva lo scenario delle dimostrazioni studentesche, la
presenza del picchetto militare, i 21 colpi di cannone che hanno
accompagnato l'esecuzione dei due inni nazionali. Clinton e
Jiang, il quale (pur considerato un falco e detestato dagli
studenti) ebbe la fortuna di vivere il 1989 a Shanghai dove era
segretario del partito, hanno sfilato di fronte al picchetto e
alle migliaia di persone assiepate dalla mattina presto sulla
piazza per assistere sotto la canicola, da ottocento metri di
distanza, alla cerimonia lampo, prima di infilarsi negli ambienti
rinfrescati dell'Assemblea del Popolo ed iniziare i loro
colloqui.
E Clinton dopo aver aver versato il tributo all'ospitalità
dichiarando la Cina una e indivisibile (sia per il Tibet che per
Taiwan), ha parlato anche di diritti civili. Come aveva ricordato
alla vigilia dell'incontro il consigliere per la sicurezza
Berger, non ci si deve aspettare (saranno questioni
protocollari?) che i risultati si vedano già in occasione del
vertice. Così come la liberazione di alcuni importanti dissidenti
cinesi (sia per il Tibet che per Taiwan), ha parlato anche di
diritti civili. Come aveva ricordato alla vigilia dell'incontro
il consigliere per la sicurezza Berger, non ci si deve aspettare
(saranno questioni protocollari?) che i risultati si vedano già
in occasione del vertice. Così come la liberazione di alcuni
importanti dissidenti cinesi era avvenuta a seguito del summit di
Washington dello scorso novembre, allo stesso modo i risultati
della pressione americana potrebbero portare nelle prossime
settimane o mesi a qualche sviluppo gradito a lla Casa Bianca.
Certo non risultati che trasformino la Cina in uno stato di
diritto, ma piuttosto qualche passo avanti su questioni che
stanno particolarmente a cuore a Clinton e ai suoi elettori: la
prima è la revisione del giudizio sui fatti di Tian An Men. "Nove
anni fa - ha detto - i ragazzi cinesi erano scesi su questa
piazza in nome della democrazia. Il popolo americano crede che
l'uso della forza sia stato sbagliato. Il diritto di associazione
deve essere protetto dai governi". Clinton ha parlato anche della
possibilità di ridiscutere quei casi di condanne comminate sulla
base di crimini non più nel codice. Il riferimento è ai "crimini
controrivoluzionari" abrogati in occasione dell'ultima revisione
del codice penale all'inizio del '97 e che avevano condotto alla
maggior parte delle condanne dopo l'89. Sarà questo l'escamotage
per salvare allo stesso tempo un giudizio storico che sembra
essere ancora troppo scomodo per la presente leadership, e coloro
che sono ancora in carcere per i fatti di quei giorni? Jiang e
Clinton hanno poi parlato pubblicamente del Dalai Lama e della
possibilità di riprendere il dialogo interrotto sull'autonomia
(non sull'indipendenza richiesta da Richard Gere) e sul rispetto
delle prerogative di quella religione. Malgrado le parole
alquanto sarcastiche sull'ascolto di cui il leader del buddismo
tibetano godrebbe in occidente (why? Si è chiesto Jiang
rivolgendosi in inglese all'uditorio), lo stesso fatto che sul
suo nome si sia svolto uno scambio pubblico di battute
(l'immagine del Dalai è attualmente ancora vietata in T
ibet) è un segnale che qualcosa, dietro le quinte, si deve essere
detto. Come già in altre occasioni, Jiang ha legato la ripresa
del dialogo al riconoscimento da parte del Dalai Lama della
sovranità cinese sul Tibet. Se Berger avrà ragione, attendiamoci
un passo avanti almeno su questi due punti. Ma la questione dei
diritti umani in Cina è altra cosa. L'approccio "individuale"
degli americani è legato alla necessità di vedere un risultato
per ogni mossa. La liberazione di un dissidente è un risultato
visibile; una trasformazione della normativa sulla carcerazione
"amministrativa" forse lo sarebbero molto meno, ma avrebbero
certo un impatto ben più significativo sul sistema legale cinese.
Intanto la Cina sta entrando in un'epoca in cui le trasformazioni
non si controllano più dall'alto. Sono almeno mille le stazioni
tv, decine di migliaia le testate giornalistiche, milioni gli
utenti di Internet. Questo cambiamento legato alla crescita del
benessere individuale avrà un impatto su consumi, desideri e
aspirazioni dei cinesi. Una società civile disordinata, prudente
e incerta, portatrice di progetti parziali sembra farsi strada.