I sette Grandi fanno affari al capezzale dello yen

BARBERIS ALESSANDRA

ORIENTE IN CRISI

I sette Grandi fanno affari al capezzale dello yen

ALESSANDRA BARBERIS

L a crisi asiatica ha messo in ginocchio l'economia di interi paesi, ma per i "pescecani" del business ha aperto un ricchissimo mercato. Le società occidentali stanno comprando a prezzi scontati imprese, banche e finanziarie asiatiche finite sul lastrico. Le compagnie europee e americane espandono così la loro presenza nella regione. Secondo l'Herald Tribune di ieri, la tedesca Commerzbank ha annunciato un investimento di 250 milioni di dollari per comprare il 30% della Korea Exchange Bank di Seul. La più grande impresa tailandese, la Charoen Pokphand, ha venduto il 75% del pacchetto azionario con cui controllava la catena di supermercati Lotus al gigante britannico della distribuzione Tesco Plc, il tutto per 320 milioni di dollari. Più di metà del sistema bancario tailandese è destinato a finire in mani straniere. La corsa ai ribassi asiatici è cominciata almeno un anno fa, all'inizio della crisi; il Giappone sta rimanendo indietro nella gara, a causa del suo difficile quadro macroeconomico, e rischia seriamente di perdere la propria egemonia commerciale nell'area.

Mentre le compagnie occidentali fanno lo shopping, i governi dei paesi più potenti del mondo cercano di frenare la bancarotta orientale, giunta ormai a un punto tale da far temere gravi ripercussioni sul sistema finanziario internazionale. Per quanto riguarda il versante russo della crisi, domani i rappresentanti del Fondo monetario internazionale saranno a Mosca per discutere un nuovo prestito. Ieri invece i viceministri dei G7 si sono riuniti a Tokio, insieme ai rappresentanti di diversi paesi asiatici (tra cui la Cina), dell'Australia e della Nuova Zelanda. L'incontro aveva lo scopo di fare il punto della situazione dopo l'azione di salvataggio dello yen decisa dagli Stati uniti e dal Giappone mercoledì scorso.

Nel corso della riunione il governo nipponico è stato sottoposto a un pressing perché dimostri di essere all'altezza dell'intervento internazionale in suo sostegno. A Tokio si chiede di attuare rapidamente le riforme promesse. Il ministro delle finanze giapponese Hikaru Matsunaga ha assicurato che il paese vuole "riconquistare la fiducia all'interno e all'esterno eliminando rapidamente il problema dei crediti inesigibili". La questione delle banche, gravate da montagne di crediti che non potranno mai più recuperare, è uno degli aspetti più gravi della recessione giapponese, e secondo gli analisti il tessuto finanziario nipponico non può riprendersi davvero finché non avrà risolto il "buco" degli istituti bancari. Ma il vicesegretario al Tesoro Lawrence Summers ha insistito sulla necessità che il Giappone conduca in porto le misure per la ripresa della domanda interna, in particolare la riduzione del peso fiscale per le persone e per le imprese. Il crollo dello yen e l'inesistente domanda interna infatti gonfiano a dismisura l'export nipponico, creando squilibri che non sono più sostenibili.

Il gruppo dei G7 ha invece lodato la Cina, che ha deciso di non svalutare la propria moneta, lo yuan, ponendo così un argine alla crisi monetaria regionale. Da parte loro i cinesi chiedono all'Occidente di non essere lasciati soli. Il vicegovernatore della banca centrale cinese, Liu Minkang, ha richiesto esplicitamente a Usa e Giappone di proseguire gli interventi sullo yen: se la moneta giapponse riprende a scivolare, difficilmente Pechino potrà continuare a sostenere lo yuan.

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