LE ULTIME CAROVANE
- MARCELLO LORRAI - MILANO
D i "Ultime Carovane" si tratta questa volta anche in senso letterale, e un po' mesto: l'affermata rassegna milanese organizzata dall'associazione omonima e sostenuta dal Settore Cultura della Provincia di Milano ha infatti quest'anno voluto richiamare fra l'altro l'attenzione sull'arte ma anche sul problema di un popolo nomade, quello tuareg, che un tempo con le sue carovane attraversava una enorme area sahariana e saheliana. Soppiantate da meno romantici sistemi di commercio e di trasporto, e dagli effetti diretti e indiretti del colonialismo prima e della decolonizzazione poi, oggi quelle carovane non esistono più, e non esiste più nemmeno quell'immenso spazio aperto che dell'universo materiale ed esistenziale tuareg costituiva il presupposto. Diviso a fette, è ormai passato sotto nomi ed autorità diverse.
Ai nostri giorni, fra territori di appartenenza e campi profughi, andando in senso orario i tuareg si trovano ripartiti fra Algeria, Libia, Niger, Burkina Faso, Mali, in una sezione minuscola di territorio della Mauritania, appena oltre il confine col Mali, e persino in un piccolo lembo di Nigeria. Composto da donne, con l'unica eccezione di uno strumentista, il gruppo Tartit, presentato in apertura della rassegna, si è formato anni fa in Mauritania, in un centro dove hanno trovato rifugio tuareg scampati alla repressione dell'esercito maliano, uno dei drammatici episodi con cui si è consumato negli ultimi decenni il destino di questa popolazione che è fra le eredi dell'Africa berbera pre-araba. Con la severità del suo canto e della sua musica, appunto ai fratelli sparsi in diversi stati Tartit ha reso omaggio con una canzone che si può ritrovare in Amazagh l'album del gruppo pubblicato recentemente in una collana che pur non essendo nostrana porta il nome di Ponti musicali (distribuita da Materiali Sonori), un cd che vale la pena di procurarsi già solo per la splendida foto in copertina. I Tartit (nome che significa unione) terranno un concerto stasera, al Centro Sociale Brancaleone (via Levanna,11) di Roma.
Sempre nella serata inaugurale delle Ultime Carovane, sul palco della Sala della Provincia, colma dell'affezionato pubblico della manifestazione, si è ascoltata anche Koumbane, una cantante della Mauritania che col suo gruppo Nujum El Vene ha offerto un esempio di una vocalità che per certi versi può ricordare più quella qawwali pachistana resa popolare dal compianto Nusrat Fateh Ali Khan che quella del soprastante mondo arabo, e di una musica neotradizionale che utilizza percussione, tidinit (strumento a corde della famiglia dei liuti), l'arpa ardin (lo strumento principe della musica maura) ma anche, molto sobriamente, la chitarra elettrica.
Non è data spesso l'occasione di ascoltare dal vivo musica della Mauritania, espressione di una tradizione estremamente complessa e sofisticata che rappresenta il punto di congiunzione tra la cultura musicale araba e quella dell'Africa occidentale, ma che si distingue marcatamente dall'una e dall'altra: peccato quindi che la qualità rudimentale dell'amplificazione abbia penalizzato l'esibizione, aggiungendosi a quell'effetto di spaesamento che è quasi inevitabile quando formazioni del tipo di Tartit o di questa della Mauritania appaiono su un palco in una condizione fatalmente di decontestualizzazione. L'edizione '98 della Ultime Carovane è accompagnata dall'uscita del secondo capitolo di Donna Africa , un album che ha come protagoniste diverse artiste care alla rassegna, le nigeriane Yinka Davis e Adejumoke Oke, la senegalese Sarah Carrère, le tunisine Samiha Ben Said e Mouna Amari, l'egiziana Inaam Labib, l'ivoriana Carmen Levry: dalla loro originale collaborazione, con la complicità di due strumentisti, Federico Sanesi (impegnato con un vasto assortimento di percussioni di diversa origine, dalle tabla al caxixi) e Stephen James, è nato una singolare e pregevole melange in cui sfumano una nell'altra culture musicali diverse come quella yoruba, araba e indiana.
All'insegna della multietnicità anche il secondo concerto di Le Ultime Carovane, giovedì 28 al Rolling Stone, con la partecipazione di uno dei musicisti più amati in Senegal, Ismael Lo, un passato come cantante dell'orchestra Super Diamond di Dakar, poi la scelta della carriera solista con armonica e chitarra a tracolla, salutato come il Bob Dylan africano all'apparire dei suoi primi dischi, a metà anni '80. Adesso ha acquisito grande popolarità nel continente nero e nei paesi francofoni. Da poco è in circolazione un'antologia, Jammu Africa con tytte le sue canzoni più famose (da Tajabone a Women without blame, in duetto con Marianne Faithfull). Oltre Ismael Lo, suoneranno inoltre Yinka Davis, Mauro Pagani, ilduo senegalese Penc e il gruppo ivoriano Akwaba-Africa X.