Poesia e filosofia. Un carteggio povero ma straordinario

RUCHAT ANNA

RILKE E KASSNER

Poesia e filosofia. Un carteggio povero ma straordinario

- ANNA RUCHAT Da qualche mese è uscita in Germania la corrispondenza tra Rainer Maria Rilke e lo scrittore e saggista Rudolf Kassner (1873-1959): "Rainer Maria Rilke und Rudolf Kassner. Freunde im Gesprach" (Briefe und dokumente herausgegeben von Klaus E. Bohnenkamp, Insel Verlag, DM 49). Si tratta, in verità, di poche lettere (il carteggio non era fitto e parecchi documenti sono andati perduti), lettere nemmeno sempre significative, disperse sull'arco di quasi un trentennio tra il 1907 e la morte di Rilke (1926). Ma la povertà del carteggio è solo apparente. Il libro infatti, per la cura con cui Klaus E. Bohnenkamp - già curatore insieme a Ernst Zinn delle opere di Kassner - ha saputo incastonare le singole lettere nel ricchissimo mosaico delle citazioni da memorie, lettere a terzi, lettere di terzi (la principessa Marie Taxis, comune amica, in particolare), frammenti di dialoghi riportati nei diari ecc., costituisce un documento di eccezionale importanza, e non solo per la critica rilkiana ma per la germanistica in genere, in quanto restituisce a Kassner quel ruolo centrale per la letteratura di inizio secolo, che gli hanno sempre riconosciuto i poeti (Rilke e Hoffmannstahl in primo luogo) e che gli studiosi hanno spesso preferito ignorare.

Quando si incontrarono per la prima volta a Vienna, nell'autunno del 1907 Rilke e Kassner avevano già alle spalle anni di reciproche lettura e di collaborazioni alle stesse riviste, la "Wiener Rundschau", la "Zeit", la "Neue Rundschau", che non avevano tuttavia lasciato tracce particolari sul loro cammino. Ma fin dai mesi immediatamente successivi a quel primo incontro Rilke agì spinto dall'urgenza di un interesse acuto, per il personaggio, forse, prima ancora che per l'opera, e richiese all'editore la raccolta di saggi "Motiven", l'ultimo libro di Kassner, in cui è contenuto lo scritto su Kierkegaard che rimarrà tra i suoi più amati, e sul quale subito si pronunciò come segue: "L'articolo di Kassner è molto bello (la cosa migliore che mai sia stata scritta su Kierkegaard, nonostante lo splendido studio di Branches)". Mentre Kassner, spinto dal trasporto per le "Neue Gedichte anderer Teil" presenterà a Rilke quella principessa Marie von Thurn and Taxis-Hohenlohe che gli sarà amica e lo sosterrà per la vita. Ma il rapporto tra il poeta e il saggista non nasce all'insegna di un reciproco scambio di cortesie. L'urgenza che lo caratterizza nella fase iniziale, quell'ansia che spinge Rilke a cercare nell'opera dell'altro le certezze che gli servono per uscire dal vicolo cieco in cui si trova la propria, permane e anzi a tratti - come nel 1911, all'uscita del libro di Kassner "Von den Elementen der menschlichen GroBe" (Sugli elementi dell'umana grandezza) - si fa più intensa. Quel libro infatti, atteso come "l'avessi scritto io stesso" gli strappa consensi addirittura entusiastici: "Quest'uomo, dimmi, non è il più importante di tutti noi (...) lui, che riesce a produrre frasi tanto genuine, lui, che fin d'ora sembra così certo delle false aspirazioni e degli errori dai quali noi ogni volta traiamo energie illusorie che ci consumano...". Nonostante l'irregolarità degli scambi epistolari e degli incontri, Rilke parrebbe subito riconoscere in Kassner colui che lo traghetterà sull'altra sponda, colui che lo aiuterà a uscire dall'impasse creativa in cui si trova.

Negli anni della crisi che succede alla conclusione del "Malte", Rilke va cercando un'alternativa a quel principio visivo che è stato il saldo filo conduttore delle Neue Gedichte e che gli ha preso la mano nel romanzo fino a renderlo addirittura prigioniero del regno delle cose esperite, delle cose animate. Sarà l'idea kassneriana di sacrificio a indicargli la via, quell'idea che, già presente nel saggio su Kierkegaard, Rilke ritrova in un aforisma pubblicato nel 1911 sulla "Neue deutsche Rundschau": "la vi dall'interiorità alla grandezza passa attraverso il sacrificio". In questa versione leggermente modificata l'aforisma di Kassner diventerà il motto della poesia "Wendung" (Svolta) che costituisce la chiave del passaggio alla pur lontana nuova fase, quella in cui il poeta si celebra come vate, dove trova la sua dimensione più alta.

Questo collage di citazioni, raccolte giustapposte con abilità, mette in rilievo il ruolo centrale di Kassner nel passaggio di Rilke dall'"opera del volto", all'"opera del cuore" - di cui sono espressione sublime i "Sonetti a Orfeo" e soprattutto le "Elegie duinesi" -, un passaggio in cui Kassner sarà di volta in volta Maestro, Padre spirituale, e forse un angelo necessario.

Il riconoscimento che gli viene tributato dal poeta del resto non si limita alla dedica dell'ottava elegia, è tutto nascosto nelle pieghe dell'opera e in parte rimane da scoprire: "Poco dopo la morte di Rilke - scrive Kassner nel '56 - si è parlato quà e là della mia influenza su di lui, sulla sua opera. C'è una frase che mi è sempre rimasta in mente: sarebbe impossibile pensare le "Elegie Duinesi" senza di me...".

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