I l Consiglio di sicurezza dell'Onu ha inasprito ulteriormente le sanzioni, che hanno già fatto un milione di morti innocenti, mentre gli Usa continuano i preparativi per un nuovo massiccio attacco all'Iraq. I giornali titolano sul "braccio di ferro di Saddam con l'Onu (o con gli Usa), rovesciando la realtà e tacendo su fatti essenziali:
Innanzitutto l'embargo è stato deciso nel 1990 "per ottenere il ritiro dell'Iraq dal Kuwait". Ma dopo la "liberazione" del Kuwait le sanzioni sono state ugualmente prorogate con due ulteriori condizioni la cui realizzazione è assai più difficile da valutare di quanto non fosse il ritiro dal Kuwait. Si introduce così un pericoloso elemento di discrezionalità politica che dovrebbe essere estraneo all'imposizione o alla revoca di un embargo, strumento (assai discutibile comunque) essenzialmente "sanzionatorio". Nello specifico le due nuove condizioni sono: un programma per il pagamento dei danni di guerra e la distruzione delle armi nucleari, chimiche, batteriologiche e dei missili con gittata superiore ai 150 chilometri. La stessa risoluzione 687 prevedeva però (art. 22) "la revisione delle sanzioni in relazione ai progressi nel campo della distruzione delle armi non convenzionali". I progressi ci sono stati, come ha ammesso la stessa Unscom, dal momento che sono stati distrutti i missili Scud, gli impianti per la ricerca nucleare militare, le testate chimiche mentre le fabbriche "a doppio uso" civile militare sono sotto il controllo permanente dell'Unscom. Il contenzioso oggi non riguarda più così la presenza di "armi" non convenzionali in Iraq ma bensì di "documenti" relativi ai passati programmi nel campo biologico, eppure le sanzioni non sono state per nulla alleggerite. Anzi. La cosiddetta risoluzione "Oil for food" pone inoltre nuove condizioni all'Iraq e non soddisfa in alcun modo le drammatiche necessità del paese. Qualunque sia il giudizio sul governo iracheno o sulla opportunità o meno della cacciata degli ispettori americani, bisogna dire con chiarezza che la richiesta irachena, di una revoca dell'embargo sulla base di quanto stabilito dalle risoluzioni dell'Onu non solo è legittima ma è anche giusta. In ogni caso qualunque cosa si pensi del governo iracheno l'uso del genocidio per fame di un popolo come mezzo di pressione politica non può essere giustificato in nessun modo (non c'è proporzione possibile tra la cacciata degli ispettori e l'uccisione di 250 persone al giorno con le sanzioni o le centinaia se non migliaia di morti sotto i prossimi bombardamenti). Di fronte a questi fatti impressiona il silenzio del nostro governo che solo qualche mese fa è stato impegnato dal Senato ad "operare per il superamento dell'embargo" e preoccupa quello della sinistra e dei pacifisti in particolare, mentre negli Usa sono in corso decine di manifestazioni contro la nuova escalation militare nel Golfo. Nessuno ha chi
esto al governo almeno di prendere posizione contro l'uso della forza. Un silenzio che rispecchia la ormai assoluta assenza di discussione sulla politica estera e, soprattutto, dei più elementari sentimenti di umanità.
Presid. Ass. "Un ponte per Baghdad"