P UNTAVANO alle venti ore pagate 40 e ne hanno strappate 20 pagate 36. Si respira aria di vittoria nella sede del sindacato metalmeccanici di Trento, dopo la firma di un accordo che - unico nel suo genere - è entrato da poco in fase operativa. Alla Clark Hurth Components di Arco e di Castel Nuovo in Valsugana, in provincia di Trento, dal primo novembre si producono assali lavorando solo il sabato e la domenica, due turni di 10 ore ciascuno (dalle 6 alle 16 e dalle 16 alle 2 di mattina), con uno stipendio pari al 90% di chi lavora dal lunedì al venerdì. Una riduzione d'orario che coinvolge 30 lavoratori (15 già in organico e 15 nuovi assunti).
Dopo 12 mesi di lavoro al week-end, i quindici che erano inizialmente nell'organico, con due mesi di preavviso potranno tornare alla normale turnazione. Con una produzione più che raddoppiata negli ultimi 5 anni (da 20 mila pezzi è passata a 50 mila), 670 operai suddivisi nei tre stabilimenti - 400 solo ad Arco nelle officine, a Valsugana la lavorazione in ghisa e a Rovereto il montaggio - la Clark Hurth è passata da quest'anno nelle mani della multinazionale americana Dana (40 mila dipendenti, un fatturato di 16 mila miliardi, 6 stabilimenti in Italia di cui 3 in Trentino).
"Siamo riusciti a strappare un buon accordo che non discrimina tra lavoratori di serie A e di serie B, non crea due mercati diversi, quello dei garantiti e quello dei precari. Chi lavora nel week-end mantiene un salario quasi pieno e pieni diritti ed è prevista anche la reversibilità nel caso il lavoratore volesse tornare alla turnazione normale. Maggiore flessibilità deve corrispondere a maggiori tutele e garanzie", commenta soddisfatto il segretario provinciale della Fiom Ezio Casagranda che, con quello della Fim Roberto Menegaldo, ha firmato l'accordo dopo due mesi di negoziato.
Parlare di riduzione di orario di lavoro alla Clark Hurth non è comunque un tabù già da tempo. Oltre al turno di 40 ore dal lunedì al venerdì, dal '93 in azienda funziona anche una turnazione speciale di 34 ore e mezza pagate 40 che arriva fino al sabato a mezzanotte. Di fronte a commesse in continuo aumento e la necessità di tenere le macchine in funzione 7 giorni su 7, all'azienda che puntava al 6x6 con quattro turni, il sindacato ha proposto di accettare il lavoro al sabato e domenica in cambio di una retribuzione appetibile (36/40 di quella contrattuale normale, più 150.000 lire lorde mensili uguali per tutti), 96 ore aggiuntive di ferie, e le domeniche a ridosso del 2 giugno e 4 novembre pagate con una maggiorazione del 66%. "Il problema del lavoro al week-end è un problema di mancata socializzazione che comporta un uso diverso del tempo libero durante la settimana - spiega Casagranda -. A fronte di questa penalizzazione abbiamo chiesto soldi e diritti. Il sabato e la domenica, è vero, non si dovrebbe lavorare, ma bisogna prendere il toro per le corna e discutere di come si lavora e di quanto si prende. Se lavorare nel week-end è eccezionale, eccezionale deve essere anche il trattamento".
I lavoratori interni hanno avuto la precedenza nella richiesta del lavoro al week-end. Ma alla fine, metà dei nuovi posti di lavoro sono stati coperti dagli esterni che gradualmente, dopo 24 mesi, arriveranno alla retribuzione completa. Cassintegrati, studenti con una laurea ad alto rischio di inutilizzo, lavoratori a part-time, le domande di lavoro arrivate in azienda sono state oltre un centinaio. "La filosofia del nostro accordo è diversa da quella della Sony (stabilimento di Rovereto dove due anni fa si firmò un accordo di lavoro al week-end che prevedeva 20 ore pagate 20, ndr)", ci tiene a sottolineare Casagranda: "700 mila lire al mese vanno bene a uno studente, ma un salario come si prende qui - circa 1.400.000 lire al mese - può andare bene anche a un padre di famiglia o a una persona non più giovane".
Contratti week-end sì, ma non a tutti i costi. La Fiom trentina, infatti, ha già fatto ritirare una squadretta week-end che lavorava per un'azienda di depuratori, 16 ore pagate 16. "Siamo contrari all'utilizzo del lavoro quando si prendono i lavoratori per fame", commenta Casagranda. Ma se l'associazione industriali del Trentino non ha sottoscritto l'accordo lamentando che "così si è affossata la logica dell'accordo Sony", quale è stata la discussione all'interno della fabbrica? "E' difficile parlare di queste cose anche in mezzo agli operai, c'è la paura di cambiare in peggio e molti spingono ancora per avere lo straordinario, ovvero soldi in più alla vecchia maniera", ci dice Tarcisio Michelotti, rappresentante Fiom della Rsu alla Clark Hurth. Mentre in tutto il Trentino è in atto una ristrutturazione che colpisce soprattutto i lavoratori indiretti - anche alla Clark Hurth sono stati già licenziati 9 impiegati a fronte dei 16 richiesti dall'azienda - la politica dell'orario di lavoro è qualcosa di più che un intervento difensivo per salvare il lavoro, perché riesce a crearne di nuovo. "Questo è un accordo avanzato, un'esperienza pilota che può essere adottata da altre aziende, purché di fronte alla riduzione di orario non ci sia una penalizzazione di salario e diritti", spiega il segretario Cgil regionale Bruno Dorigatti. Che conclude: "A livello regionale c'è una forte attenzione a queste problematiche e una grande disponibilità a rivedere orari e condizioni di lavoro".