L
E DIOMEDEE,
Uno dei tanti miti legati a queste storiche isole è quello del
Tholos, il sepolcro di Diomede, di forma semisferica in pietra
con una piccola apertura. Sembra che questo tipo di sepoltura
fosse riservata a principi e re e infatti su tutta l'isola di S.
Nicola - l'isola storica delle Tremiti - è l'unica a presentare
tali caratteristiche riservate a personaggi di rango.
Questo splendido, martoriato e primordiale arcipelago di fronte
allo sperone del Gargano ha una storia geologica, morfologica e
antropologica di una ricchezza unica. Se qualcuno fosse preso
dall'amor sacro della curiosità di saperne di più, potrà
approfondire l'argomento leggendo tutto quello che uno studioso
eccezionale di quei luoghi ha scritto con amore, curiosità,
meticolosità di ricercatore e scienziato e con fine penna, il
professor Pio Fumo che è il maggior conoscitore di queste terre
(Pio Fumo, Le isole Tremiti).
Le Tremiti sono isole di origine sedimentaria di emersione e non
vulcaniche, dovute a fenomeni tettonici; il degrado delle coste
operato dai fenomeni di erosione è ben visibile. C'è vegetazione
ancora rigogliosa e fitta al centro, soprattutto a S. Domino -
l'isola più abitata - mentre sui fianchi e quindi sulle coste
crescono pini quasi orizzontali in alcuni punti, con tutte le
radici visibili che si aggrappano disperate al fragile calcare
che non può sorreggerli e quindi scivolano sempre di più verso il
mare. Queste falde sono costituite da carbonato di calcio che,
sottoposte al dilavamento delle acque, si scollano sempre di più
perdendo sostegno.
Come se non bastasse, al degrado naturale - ed è molto più grave
- si aggiunge quello che il turismo sconsiderato e incivile sta
operando: i due insieme, distruggono questa meraviglia della
natura. La stupenda pineta, le coste scoscese e tutti i dirupi da
cui si scorge un mare ineguale, sono diventate delle naturali
discariche per i rifiuti di migliaia di turisti, che arrivano
d'estate con le numerose navi da tutta la costa adriatica e
producono danni ecologici vergognosi. Vogliamo elencare il
campionario di inciviltà che si vede a perdita d'occhio? Lattine
vuote, bottiglie di vetro, bicchieri e vecchie ciabatte di
plastica, mozziconi di sigarette che su certi scogli formano
quasi un tappeto, buste di plastica di tutti i tipi e dimensioni,
senza contare cartacce in ogni angolo e avanzi di ogni
cosa.
Per metter fine a questo malcostume, a questo scempio del nostro
patrimonio naturale si potrebbe pensare, con un po' di buona
volontà, ad alcune iniziative in grado di rendere anche un buon
servizio all'occupazione giovanile. Un percorso potrebbe essere
quello di sperimentare qui, in questo caso concreto, quanto si va
predicando a livello nazionale e non sui lavori socialmente
utili, sul "pacchetto" del ministro del Lavoro Treu, sulla legge
44 (imprenditorialità giovanile) e così via.
Bisognerebbe studiare i modi e tempi della questione e poi dotare
questi luoghi, che sono tra le nostre ultime riserve di una
splendida natura, di agili strutture di prevenzione (e se ciò non
dovesse bastare, di repressione per i trasgressori), nelle quali
occupare dei giovani, per risanare, sia pure stagionalmente,
tante brutture. Questo modello, poi, lo si potrebbe estendere
altrove.
I giovani sono spinti ancora dai sacri fuochi dell'utopia:
cerchiamo di incanalarla nel giusto modo per preservare sia la
natura che l'opera umana. Sono i giovani i depositari della
nostra storia, del nostro percorso umano e sono essi i più pronti
a gesti generosi. Creiamo per loro delle possibilità di lavoro
ecologico, di educazione ecologica, di prevenzione per salvare le
nostre ricchezze naturali, investendoli di una giusta
responsabilità.
Una modesta proposta