Piangono ancora le Diomedee

RITUCCI ADA CECILIA

Piangono ancora le Diomedee

ADA CECILIA RITUCCI

L E DIOMEDEE, mitici uccelli che abitano l'ultimo paradiso d'Italia, le isole Tremiti, "piangono" nelle buie notti senza luna la morte dell'eroe greco Diomede, sepolto in queste isole. Così recita il mito; lo straziante stridio lanciato dalle Diomedee è come il pianto inconsolabile dei bambini. Sono gabbiani bellissimi grossi e robusti dal dorso nero e petto immacolato che popolano questo minuscolo e stupendo arcipelago dell'Adriatico.

Uno dei tanti miti legati a queste storiche isole è quello del Tholos, il sepolcro di Diomede, di forma semisferica in pietra con una piccola apertura. Sembra che questo tipo di sepoltura fosse riservata a principi e re e infatti su tutta l'isola di S. Nicola - l'isola storica delle Tremiti - è l'unica a presentare tali caratteristiche riservate a personaggi di rango.

Questo splendido, martoriato e primordiale arcipelago di fronte allo sperone del Gargano ha una storia geologica, morfologica e antropologica di una ricchezza unica. Se qualcuno fosse preso dall'amor sacro della curiosità di saperne di più, potrà approfondire l'argomento leggendo tutto quello che uno studioso eccezionale di quei luoghi ha scritto con amore, curiosità, meticolosità di ricercatore e scienziato e con fine penna, il professor Pio Fumo che è il maggior conoscitore di queste terre (Pio Fumo, Le isole Tremiti).

Le Tremiti sono isole di origine sedimentaria di emersione e non vulcaniche, dovute a fenomeni tettonici; il degrado delle coste operato dai fenomeni di erosione è ben visibile. C'è vegetazione ancora rigogliosa e fitta al centro, soprattutto a S. Domino - l'isola più abitata - mentre sui fianchi e quindi sulle coste crescono pini quasi orizzontali in alcuni punti, con tutte le radici visibili che si aggrappano disperate al fragile calcare che non può sorreggerli e quindi scivolano sempre di più verso il mare. Queste falde sono costituite da carbonato di calcio che, sottoposte al dilavamento delle acque, si scollano sempre di più perdendo sostegno.

Come se non bastasse, al degrado naturale - ed è molto più grave - si aggiunge quello che il turismo sconsiderato e incivile sta operando: i due insieme, distruggono questa meraviglia della natura. La stupenda pineta, le coste scoscese e tutti i dirupi da cui si scorge un mare ineguale, sono diventate delle naturali discariche per i rifiuti di migliaia di turisti, che arrivano d'estate con le numerose navi da tutta la costa adriatica e producono danni ecologici vergognosi. Vogliamo elencare il campionario di inciviltà che si vede a perdita d'occhio? Lattine vuote, bottiglie di vetro, bicchieri e vecchie ciabatte di plastica, mozziconi di sigarette che su certi scogli formano quasi un tappeto, buste di plastica di tutti i tipi e dimensioni, senza contare cartacce in ogni angolo e avanzi di ogni cosa.

Una modesta proposta

Per metter fine a questo malcostume, a questo scempio del nostro patrimonio naturale si potrebbe pensare, con un po' di buona volontà, ad alcune iniziative in grado di rendere anche un buon servizio all'occupazione giovanile. Un percorso potrebbe essere quello di sperimentare qui, in questo caso concreto, quanto si va predicando a livello nazionale e non sui lavori socialmente utili, sul "pacchetto" del ministro del Lavoro Treu, sulla legge 44 (imprenditorialità giovanile) e così via.

Bisognerebbe studiare i modi e tempi della questione e poi dotare questi luoghi, che sono tra le nostre ultime riserve di una splendida natura, di agili strutture di prevenzione (e se ciò non dovesse bastare, di repressione per i trasgressori), nelle quali occupare dei giovani, per risanare, sia pure stagionalmente, tante brutture. Questo modello, poi, lo si potrebbe estendere altrove.

I giovani sono spinti ancora dai sacri fuochi dell'utopia: cerchiamo di incanalarla nel giusto modo per preservare sia la natura che l'opera umana. Sono i giovani i depositari della nostra storia, del nostro percorso umano e sono essi i più pronti a gesti generosi. Creiamo per loro delle possibilità di lavoro ecologico, di educazione ecologica, di prevenzione per salvare le nostre ricchezze naturali, investendoli di una giusta responsabilità.

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