Per chi suona la khitara

MANGIAROTTI PIERGIORGIO

Per chi suona la khitara

La musica presso Sumeri e Babilonesi, Assiri e Ittiti, Elamiti e Khurriti... Ha quasi tremila anni e proviene dalla Mesopotamia la più antica raccolta conosciuta di canzoni d'amore. E i suonatori di liuto, flauti e percussioni sono ancora tra noi

- PIERGIORGIO MANGIAROTTI

"P OSSA EA (il dio degli abissi, protettore della musica) avere il controllo della tua (del cantante) vita". Da una lista accadica (neo-babilonese, 700-500 a. C.) di titoli di canzoni d'amore, di tremila anni fa, proveniente da Assur, Mesopotamia centro settentrionale. La più antica compilation di love songs del mondo.

Dal paese di Sumer, noto più tardi anche come Babilonia (dall'epoca paleo-babilonese, 1800 a. C, in poi), nella valle del Tigri e dell'Eufrate in Iraq. Dall'Elam, nell'Iran del Sud. Più a Nord verso l'Assiria e l'Anatolia troviamo il paese di Khatti in Turchia, terra ittita. Ancora tra l'attuale Siria a Ovest, la Turchia a Nord e l'Iraq a Sud, i Khurriti. Infine verso Est in Siria, da Ebla ad Ugarit fino a Mari, città di collegamento tra l'area semitica d'occidente e quella mesopotamica d'oriente. Dalla seconda metà del IV millennio fino al I millennio e poi oltre. Questo mondo con la civiltà egizia ha segnato la storia dell'intera area mediterranea fino all'incontro con le civiltà classiche che hanno continuato, quasi come eredi, a preservarne parte della cultura. Greci e Romani riconobbero i loro debiti verso l'oriente. Strabone ricorda che: "... gli scrittori che hanno consacrato tutta l'Asia, fino all'India, a Dioniso, fanno derivare di là la maggior parte della musica". I Greci usavano un verbo per dire "suonare la kithara", lo stesso vocabolo, ancora oggi in uso presso gli Arabi, per indicare il "suonare l'ud". La khitara greca è con buone probabilità di origine sumerica. Strumenti frigi, lidi, siriaci e fenici, eredi degli strumenti dell'antica Mesopotamia, si trovano in testi greci. Latini come Orazio o Terenzio raccontano la presenza a Roma di flautiste siriache e suonatrici di flauti di canna fenici.

Il nostro viaggio nella musica ripercorre un itinerario che coinvolge genti di lingue diverse. Nel III millennio la situazione non era molto diversa da quella attuale con popolazioni arabofone (di lingua semitica) confinanti con popolazioni turche (di lingua né semitica né indoeuropea ma uralo altaica) o iraniche.

Innovazioni tecnologiche

I più antichi, con lingue di origine sconosciuta, erano i Sumeri (3300-2350 a. C.) nella bassa Mesopotamia. Gli Elamiti, presenti in Iran meridionale fin dalla prima metà del III millennio, popolazione che ebbe modo di dare filo da torcere al paese di Sumer saccheggiando immense ricchezze e radendo al suolo Ur, "la città più potente del mondo", capitale dell'impero di Sumer, intorno al 2000 a. C. I Khurriti, insediatasi nell'alta Mesopotamia a partire già dalla seconda metà del III millennio, con piccole città-stato e divenuti potenti a seguito dell'unificazione nel regno di Mitanni (1550-1360 a. C.) operata da un gruppo di origine indo-iranica che si impose grazie ad alcune innovazioni tecnologiche, come ad esempio l'introduzione del carro da guerra trainato da cavalli.

Grazie alla tecnologia furono, infatti, capaci di contrastare gli Ittiti e gli Assiri e di stringere alleanze con gli Egiziani. Seguirono popolazioni di lingua semitica ed indoeuropea che si imposero per il resto dei secoli. Ad oriente in Mesopotamia i primi. Dapprima con l'impero accadico (2350 al 2200 a. C), fondato dal re Sargon, che mise fine ai regnanti sumeri, dando inizio alla semitizzazione dell'intera Mesopotamia.

Dopo un riaffiorare della civiltà sumerica (2120-2000 a. C. Epoca neo-sumerica), seguirono i Babilonesi e gli Assiri fino all'impero persiano. Ad occidente, invece, in Siria-Palestina con le città di Mari, Ebla, Emar, Alalakh, Ugarit fino ad arrivare ai Fenici ed Israele. I secondi a nord-ovest, nell'area anatolica (Ittiti e neo-Ittiti), e ad oriente nella zona iranica. Culture originali e singolari dunque ma capaci comunque di mescolarsi e contaminarsi in un arco di storia che copre oltre tremila anni percorrendo spazi comuni lungo rotte commerciali di centinaia di chilometri.

E dopo cinquemila anni sono ancora tra noi suonatori di liuto, di flauti e flauti a canna doppia, di percussioni e di tamburi. Le foto dell'epoca: rilievi, placchette, statue, pitture, cilindri, sigilli, figurine in terra cotta, vasi e avori decorati, sopravvissuti al tempo, testimoniano i predecessori degli attuali musicisti presenti nel Vicino e Medio oriente, nel Nord Africa e nel Maghreb. "Ieri, ho incontrato tra le vie del Cairo un negro che suonava una lira a cinque corde, identica ad alcuni strumenti raffigurati sulle antiche pitture. Quest'uomo, con la mano destra, colpiva energicamente, con un plettro, tutte le corde simultaneamente; con la mano sinistra stoppava le corde che non voleva far risuonare, in modo che solo le corde libere si udissero. Così si spiegano quei gesti, così frequenti nelle pitture pompeiane, fin'ora spiegati in modo del tutto differente ...". Come ha scritto nel 1909 uno studioso francese in una lettera dal Cairo.

Non è certo di quale lira si trattasse, ma questo ricordo del XX secolo della nostra era è valido per strumenti del XX secolo prima di Cristo. Nell'Egitto della XII dinastia, a Beni Hassan, sono conservate delle pitture che ritraggono gli "Asiatici". Con questo nome gli Egiziani definivano i popoli orientali. In una di queste pitture si vede un lirista che suona uno strumento molto simile a quello descritto nella lettera di inizio secolo. Con tutta probabilità il musicista del Cairo nel 1909 ancora suonava un tipo di lira antica, detta sabitum, proveniente dalla Babilonia orientale e nota anche in una città del Nord della Babilonia, Ischâli.

Se le antiche immagini di vita ufficiale, che costituiscono gran parte delle testimonianze rimaste, danno un'idea quanto mai ieratica della vita condotta dai popoli antichi, il tempo non ha cancellato le immagini più vere, anche se artisticamente di livello scadente, in cui la musica dimostra il suo aspetto più gioioso, ludico e dionisiaco. Poco diverso dal nostro, a volte, il tenore festaiolo connesso con avvenimenti rituali e celebrazioni religiose. Nei templi, nei palazzi, in occasione di feste legate al culto e di parate militari e ai funerali, la musica, talvolta presente con vere e proprie orchestre, costituiva un elemento fondamentale del cerimoniale.

L'evento musicale era sentito come un atto religioso. Il dio sumerico Enki/Ea era il divino protettore della musica. Alcuni strumenti come le lire sumeriche di Ur (databili intorno al 2600 a. C.) presentano fantastiche decorazioni con teste di toro, raffigurazione del dio della tempesta e del cielo, dio supremo del Pantheon. Divinità e re, come il sumero Shulgi che regnò ad Ur dal 2094 al 2047 a. C. in epoca neo-sumerica, sono raffigurati come suonatori di strumenti. Un passo dell'Inno reale di Shulgi, che si definisce "nar", ossia musicista, riporta: "...(io Shulgi) vi feci risuonare gli strumenti sim e ala, vi feci suonare dolcemente gli strumenti tigi...".

Un suono animalesco

Sacerdoti e pantomimi, travestiti da animali, erano anch'essi dediti all'arte musicale così come gli animali che raffigurati, soli o in compagnia dell'uomo, suonavano arpe, lire e flauti (più recentemente, simili immagini rievocano la fiaba dei fratelli Grimm, I suonatori di Brema). Forse sono il ricordo di letture favolistiche raccontate con accompagnamento musicale, o forse, l'animale associato allo strumento stava ad indicare il tipo di suono emesso. L'attuale grande beganna etiopica, anch'essa discendente da strumenti assai più antichi, ha un suono molto grave che ben può ricordare il muggito di un bue.

I testi, in cuneiforme, conservano i nomi con cui venivano chiamati i musicisti, i danzatori ed i cantanti, che potevano essere uomini e donne. I musicisti prendevano parte alle cerimonie sacre e anche se non sempre erano sacerdoti erano, però, quasi sempre personale del tempio. L'arte della musica è probabile fosse studiata in luoghi preposti all'insegnamento: i predecessori dei nostri conservatori. Anche le occasioni meno formali erano accompagnate a suon di musica: banchetti, gare sportive, processi.

Un cilindro del XIV sec. conservato al British Museum, riporta una scena di accordo tra un regnante ed un suo vassallo, mentre un musicista di arpa verticale suona. Anche durante la cura di malattie, il medico era accompagnato da un menestrello e da un danzatore che si occupavano di allietare il paziente (da un sigillo assiro del IX-VIII sec. a. C.). I Persiani usano un tamburo, detto teburak, a scopo terapeutico per curare l'infezione del morso di alcuni animali selvaggi. Scene di questo tipo sono rare, ma non così inconsuete. Tutti hanno visto, almeno una volta nella vita, nei film lo sciamano indiano intento a scacciare il male con canti e danze alternati a misteriose frasi magiche evocanti le divinità buone contro quelle cattive.

Il ritmo del lavoro

Anche durante lavori pesanti, in cui centinaia di uomini venivano impiegati nella costruzione di templi, suonatori di gong e cimbali prendevano parte all'impresa suonando. C'è chi dice per alleviare le loro fatiche, ma è più sensato pensare che scandissero i ritmi di lavoro esattamente come appare in un rilievo assiro dove alcuni operai sono impegnati ad abbattere delle palme alla presenza di suonatori di tamburo. Il miglior esempio di lavoro con accompagnamento musicale è forse quello del palazzo sud-est di Sennacherib (704-681 a. C.) a Ninive di epoca neo-assira: trombettieri suonano lunghe trombe per dare il segnale agli addetti alle funi di tirarle.

Il sesso, a volte presente in cerimonie religiose, era quasi sempre accompagnato a suon di musica. Un vaso del 1600 a. C., il vaso di Inandik, dal nome della città anatolica centro settentrionale dove fu rinvenuto, ritrae una cerimonia a cui partecipano suonatori di vari tipi di lira, cimbalisti e liutisti al seguito di una processione di sacerdoti e sacerdotesse che si dirigono verso un letto dove una coppia sta seduta mentre, nella parte più alta del vaso, la stessa coppia è ritratta mentre è impegnata in attività sessuali. Non mancano scene di coppie banchettanti allietate da musici, suonatori di corno, arpe e battagli.

In un rilievo relativamente recente (II sec. d. C.), proveniente da Hatra, è raffigurata una scena di matrimonio. La sposa siede su di un cammello mentre un gruppo di musicisti sotto una pergola di vite suona vari strumenti a fiato accompagnati da percussioni e tamburi.

I musicisti non sempre erano in gruppo, i pastori, o gli dei pastori, per analogia con quanto si sa dal mondo greco, passavano il tempo suonando e badando al gregge. Musicisti itineranti prendevano parte alle feste spostandosi di città in città, raffigurazioni e testi ne conservano il ricordo. Ad Ebla in Siria, ad esempio, nel XXIV secolo a.C., esistevano musicisti locali ma anche musicisti provenienti dalla città di Mari, che esercitarono la loro professione, fuori dalla città di origine, piuttosto a lungo.

Strumenti comuni

Nel nostro viaggio nel tempo e nello spazio, da città a città, incontriamo strumenti a corda, percussioni e fiati, contemporaneamente impiegati dalle popolazioni mesopotamiche, dell'Elam e della Siria. A Megiddo in Palestina, addirittura nella metà del IV millennio, esistevano suonatori di una lira a 8 corde molto arcaica, forse la più antica in assoluto a noi nota. Verso la fine del IV millennio nel sud-ovest dell'Iran a Tchoga Mish c'erano piccole orchestre di arpisti, cantanti, suonatori di corno e di tamburo piatto. A Susa, la città più importante dell'Elam, c'erano gli arpisti.

Più tardi, nel paese di Sumer, specie ad Ur, verso il 2600-2500 a. C, questi orchestranti, accompagnati da donne che battono le mani e da flautisti, saranno parte dei banchetti rituali. Una delle più antiche orchestre sumeriche di Ur è composta di animali che suonano al posto degli uomini, tra essi un suonatore d'arpa ad arco a 4 corde, un trombettista ed un suonatore di sonagli.

Verso il 2700 a. C. in Iran, o se non nella valle dell'Indo, c'erano trombettisti, danzatori, suonatori di arpe ad arco orizzontali, a 7 o 5 corde, suonate con un plettro, suonatori di tamburi cilindrici portati sotto le braccia, come quelli ancor oggi suonati in Turchia, nel Maghreb e nel Vicino oriente. La testimonianza più eloquente è un vaso detto vaso di Bismya dalla località di ritrovamento.

A ognuno il suo nome

Nel paese di Sumer ogni strumento aveva un nome. I nomi furono in seguito ripresi dalle popolazioni di lingua semitica che li conservarono come tali o li adattarono alla loro lingua. Molte liste di vocaboli, di vario contenuto, conservano termini sumerici a cui i semiti, più tardi, per conoscerne il significato, affiancarono i termini corrispondenti nella loro lingua. Nella città di Uruk troviamo, già nel 3000 a. C., un segno cuneiforme pittografico impiegato nella scrittura che raffigura un'arpa a tre o quattro corde detta balag. In seguito lo stesso termine designerà uno strumento a percussione tipo un tamburello, sia nel mondo semitico che tra gli indoeuropei Ittiti in Turchia dove il termine ricorre inequivocabilmente associato ad un verbo usato per dire "suonare le percussioni".

Testi provenienti da Tello, risalenti circa al 2400 a. C., provano la sacralità di questo strumento a cui vengono tributate offerte esattamente come avviene per statue, steli e divinità. Anche ad uno strumento a percussione di Lagash città del paese di Sumer, detto ub, era riservato lo stesso rispetto: "Il puro e sacro ub", si legge.

Anche tra gli Arabi agli strumenti più apprezzati, come l'ud ed il tanbur ad esempio, sono dedicati componimenti poetici. Le arpe e le lire più celebri sono quelle di Ur, metà del III millennio, rinvenute nella tomba della "Regina" e nelle tombe reali. Sono gli unici esempi di strumenti di questo tipo sopravvissuti al tempo. La particolarità è data dalla testa taurina con cui sono decorate. Anche i musicisti di Susa in Elam suonavano le lire-toro e le arpe ad arco ma avevano anche, così come i loro contemporanei del Nord della Siria presso Karkemish, delle lire più alte che larghe simili alla bagana etiopica ancor oggi esistente nella tribù di Amharas. A Karkemish esistevano anche dei sonagli curvi, strumenti a percussione molto diffusi verso la seconda metà del III millennio. Ad Ebla, in Siria, la città i cui archivi di tavolette scritte in caratteri cuneiformi, databili alla fine del XXIV secolo a. C., testimoniano la più antica lingua semitica fin'ora conosciuta, verso la metà del III millennio esistevano dei grandi tamburi. Forse suonati da due percussionisti, meglio noti nell'iconografia sumerica e anatolica, che ricordano i grandi tamburi da daiko giapponesi e di altre aree dell'estremo oriente.

Le scimmie musiciste

Pur disponendo di poco materiale figurativo relativo a musica ed attività connesse, sappiamo dai testi della presenza, tra il personale palatino, di "nar" (musicisti), "nedi" (danzatori-cantanti) e "khub" (danzatori). Gli strumenti meno rappresentati erano i fiati, nelle epoche più antiche come nelle più recenti. Degli strumenti tipo clarinetti, databili al IV millennio, provengono da Tépé Gaura in Mesopotamia del Nord. Le testimonianze più antiche risalgono fino al VI millennio a. C. Piccole trombe datate al 2600 a. C. provengono da Khafagia; è questa l'epoca in cui compaiono delle raffigurazioni assai singolari, presenti in Mesopotamia fino in epoca neo-babilonese (700-500 a. C.), in cui scimmie musiciste suonano zufoli e i precursori dell'ud arabo, i liuti. Simili scene dovevano riferirsi a favole o recite mitologiche di cui nulla ci è giunto.

Anche Susa conserva le stesse immagini, a sottolineare ancora una volta una cultura musicale comune, in parte, a più popoli e diffusa su di un territorio molto vasto. Anche ad Ur troviamo delle canne in argento, e ad Abu Salabikh, città della Mesopotamia meridionale, flautisti suonavano il "gidi" ed il "gigid" (letteralmente "lunga canna"), tipici strumenti dei pastori di epoca neo-sumerica (2120-2000 a. C.).

A Nord, verso gli Ittiti

Lasciamo la Mesopotamia per spostarci a Nord verso la Turchia dove troviamo un'altra civiltà ricchissima di musica, musicisti e strumenti, gli Ittiti (presenti in Anatolia dal 1650 al 1190 a. C.). Suonavano cetre, arpe e lire (piccole, medie e grandi), liuti (ben attestati, caratterizzati da una tastiera allungata ed una cassa di risonanza piccola, tamburi, tamburelli, cimbali, sonagli, sistri, corni, flauti. Canto e accompagnamento vocale erano di fondamentale supporto all'attività musicale.

Ciò che conosciamo è legato alle attività cultuali. Dai testi sappiamo che venivano date indicazioni su come dovevano svolgersi le performance musicali, perciò, oltre ai momenti in cui doveva esserci partecipazione musicale, si segnalava quando gli strumenti dovevano tacere. Le processioni che accompagnavano l'imperatore al tempio, si svolgevano con musicisti, ballerini e cantanti. Alcuni strumenti, come ad esempio il corno, erano spesso associati a determinate feste.

Esistevano strumenti suonati solo da professionisti, è il caso di alcuni flauti e di alcune percussioni. Così alcuni strumenti, che non richiedevano particolari doti tecniche, erano suonati da musicisti non professionisti, come funzionari templari e di palazzo, ad esempio i sacerdoti e, fatto assai curioso, persone definite "medici". In altri casi, le persone che non erano musicisti, come i "coppieri", avevano soltanto il compito di portare strumenti senza suonarli.

La tradizione più antica

I nomi dei musicisti sono spesso sumerici. Gli Ittiti, benché indoeuropei, scrivevano in caratteri cuneiformi ed ereditarono buona parte della terminologia sumerica pur impiegando i segni cuneiformi per rendere la propria lingua. Con "lu nar" si indicavano i cantanti e musicisti maschi, con "munus sir" le cantanti donne. Esisteva anche una terminologia locale per definire musicisti, cantanti, cantanti di rito, interpreti, e responsabili dell'accompagnamento vocale.

Continuando nel tempo, con i re assiri e babilonesi (tra essi il grande Hammurabi di Babilonia, 1792-1750 a. C.), scorrendo i secoli, scopriamo che i popoli del Vicino e Medio Oriente continuarono la tradizione più antica.

La big band di Nabucodonosor

Flauti, liuti, lire, arpe verticali ed orizzontali e percussioni si conservano con nomi sumerici affiancati dai loro equivalenti semitici. Via via che nuove varietà di strumenti vengono costruiti i nomi aumentano sottolineando il ruolo centrale che continua ad avere la musica, vere e proprie orchestre vanno costituendosi (la più celebre ed imponente quella del re Nabucodonosor, della prima metà del VI sec. a.C., descritta in un passo della Bibbia del libro di Daniele), alcuni strumenti subiscono variazioni, altri si conservano, per noi è molto difficile capire ogni singolo mutamento, i nomi spesso cambiano ma nomi diversi possono anche indicare uno stesso strumento.

L'arte figurativa culmina con le imponenti raffigurazioni, quasi fotografiche, di epoca medio (1360-1050 a. C.), neo-assira (900-615 a. C.) e neo-babilonese (700-500 a. C.). Queste ultime hanno ispirato la fantasia di Griffith in uno dei suoi capolavori, Intolerance, nell'episodio "La caduta di Babilonia", quando il re Baldassarre, figlio di Nabonedo (555-539 a. C.), dopo aver respinto l'esercito persiano, celebra il trionfo con una grande festa dove tutti i nostri musici rivivono.

La grande varietà continua, i suonatori di liuto somigliano sorprendentemente nella postura agli attuali suonatori di ud. Ma anche flautisti e percussionisti di un tempo, persino quando i timbri originali dei loro strumenti vengono replicati da apparecchiature elettroniche, "sono ancora tra noi".

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