IN ECONOMIA IL MENO-STATO SECONDO..

SALVATICI LUCIO

In economia il meno-stato secondo Jiang Zemin

L. SALVATICI - PECHINO

B ISOGNA ASPETTARE il 12, allora ci sarà sicuramente più assortimento, la Cina è un paese di tira e molla", dice candidamente un venditore di CD pirata a Pechino. In questi giorni il segnale più chiaro della imminenza del 15 Congresso del Partito comunista cinese lo hanno percepito proprio loro, tutti i membri di quella economia sommersa urbana che è croce e delizia dei riformatori di Pechino. Gli striscioni rossi a caratteri bianchi inneggianti al successo del congresso sembrano invece un po' stanchi e appannati, se messi a confronto con la macchina di luminarie che ha accompagnato l'altro evento della Cina del 1997, il ritorno di Hong Kong alla madrepatria il 1 luglio, il sigillo del successo dei leader della terza generazione.

Risposte a 21 domande

Manca certo la suspense sul nome del vincitore, visto che Jiang Zemin ha un tale vantaggio rispetto a tutti i suoi inseguitori da consentirgli probabilmente di fare anche qualche concessione all'idea di una leadership collettiva ed alla memoria di Deng Xiaoping. La corsa ad indovinare chi entra e chi esce, in un congresso nel segno della continuità ha costretto l'autorevole Quotidiano del Popolo a pubblicare una richiesta ufficiale del partito a mettere fine alle illazioni.

E tuttavia, più che in altre occasioni c'è una certa apprensione reale nell'attesa di questo Congresso, che potrebbe aprire la strada ad un ulteriore approfondimento della riforma economica (il termine di "economia mista" dovrebbe entrare per la prima volta nel gergo ufficiale e nel discorso di Jiang). Alcune risposte cruciali delle 21 cui Jiang ha promesso di rispondere, sono attese con amarezza dai molti punti della barricata sociale su cui milioni di cinesi stanno vivendo la riforma delle imprese statali e la ristrutturazione dell'economia agricola. Ad esempio ci si aspetta di sapere che ne sarà dei 27 milioni di dipendenti di aziende industriali cinesi cui è già stata appiccicata l'etichetta di "ridondante". L'eccesso è un dato economico inevitabile.

L'economia di stato cinese vive una crisi prolungata, emersa dopo l'internazionalizzazione della concorrenza e la necessità di una efficienza reale, non drogata dai sussidi statali; visto che l'industria di stato cinese è prevalentemente labour-intensive e paternalista, l'evidenza ha costretto a constatare l'"eccedenza" e, lentamente ma inesorabilmente, a porre mano alla forbice dei tagli sociali.

Oggi la situazione è particolarmente tesa, sia nelle grandi città dove si vive una pressione sociale doppia, data dalla disoccupazione locale e dall'afflusso dall'esterno, sia in quelle medie, che fino ad oggi avevano tirato avanti con le aziende rurali collettive, le cui performance sembrano oggi meno lusinghiere di un paio di anni fa.

Il sistema economico cinese cresce in termini reali del 9%, dopo un rallentamento manovrato dall'alto con politiche monetarie ad hoc che frutteranno al loro ideatore Zhu Rongji la poltrona di primo ministro. Ma questa crescita di prodotto e di ricchezza non corrisponde né ad un'equa distribuzione geografica né settoriale. Per gestire un deflusso di operai (prevalentemente non specializzati, le aziende hanno ancora molta fame di lavoro qualificato), che riguarda soprattutto le città, la Cina avrebbe bisogno di una crescita del terziario ancora insostenibile dal livello di sviluppo delle sue aree urbane. Il Quotidiano d'Economia, uno degli organi ufficiali del Partito, ha di recente sostenuto apertamente che vi sarà bisogno di creare un numero di posti di lavoro compreso tra i 160 e i 180 milioni entro la fine del secolo, per far fronte alle esigenze della riforma.

Il modello dei chaebol

Il congresso dovrà dire se le aziende di stato cinesi saranno spinte in massa verso il fallimento con politiche più restrittive nei confronti dei loro deficitari bilanci (oltre il 40% è in rosso e nel 1996 le perdite hanno per la prima volta superato i profitti) e se la politica sociale continuerà ad affidarsi agli strumenti dell'organizzazione (mercati del lavoro e centri di ri-formazione che divengono a volte vere e proprie aziende produttive, soprattutto nel settore dei servizi). E dovrà dire anche che fine faranno le grandi aziende strategiche della Cina degli anni 90, quelle ancora efficienti e in grado di internazionalizzarsi.

La stampa torna spesso sulla necessità di una "strategia di grandi aziende" nei settori chiave della produzione industriale. Il modello di ispirazione rimane quello coreano dei chaebol, aziende protette da una partecipazione statale strategica e con alti livelli di internazionalizzazione, in settori con un grande indotto (l'esempio classico è quello automobilistico).

Molti operai delle fabbriche statali vivono dunque questa vigilia di congresso sapendo di essere quelli che rischiano di più e sapendo che si potrebbero trovare, in un domani non lontano, a reinvestire i loro risparmi in iniziative commerciali senza grande futuro o a cercare lavoro nell'industria privata. Ma questo solo per i più fortunati. La disoccupazione reale (che comprende anche chi non percepisce più lo stipendio pur essendo formalmente ancora nell'azienda) ha toccato vette del 20% in alcune città, secondo dati indipendenti, anche se il governo si ostina ancora a calcolare un improbabile 2,9% basato su un controllo amministrativo già molto deficitario su una popolazione in continuo movimento.

I risciò del Sichuan

Il nuovo sistema di previdenza sociale, (che sostituirà quello basato sulle "unità di lavoro"), è ancora in una fase sperimentale e i sussidi di disoccupazione sono largamente insufficienti soprattutto in alcune aree a grande concentrazione industriale. Anche la Cina sta, poi, sperimentando i fondi pensione, e pensa a ripartire l'onere sociale su azienda e dipendenti, secondo le indicazioni fornite recentemente anche dagli esperti della Banca mondiale.

I cosiddetti ammortizzatori sociali sono lontani dall'essere realizzati, e per questo la decisione del congresso potrebbe risultare interlocutoria (almeno nei modi, se non nelle forme). La politica di sostegno ai prezzi dei prodotti agricoli praticata durante l'estate, è una di quelle misure che servono a limitare la crescita dell'inflazione ed il degenerare di questa situazione.

I guidatori di risciò scesi in piazza perché privati delle autorizzazioni dalle autorità nella provincia del Sichuan hanno mandato un segnale di quanto la situazione nelle città potrebbe divenire esplosiva e conflittuale e di come la nascita spontanea di economie di sussistenza possa in Cina (a differenza che in altri paesi) divenire un rischio per la stabilità del potere centrale.

Il Sichuan è una delle province strategiche dello sviluppo dei prossimi anni. Divisa in due parti nel marzo di quest'anno, per consentire all'interno industriale (Chongqing) di amministrare meglio il processo di transizione delle sue aziende di stato. Il Sichuan occidentale è rimasto a gestire la promessa di grandi opere infrastrutturali (la famosa diga delle "Tre gole" è una di queste) che possano portare verso queste aree l'ossigeno degli investimenti stranieri.

Lo sviluppo, tuttavia, è un processo complicato e la pazienza di chi non ha lavoro non necessariamente dura fino al suo completamento. Il Congresso dovrà rispondere di questo, a prescindere da chi sarà eletto nel politburo.

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