Darius Brubeck

LORRAI MARCELLO

Darius Brubeck

Il pianista, figlio di Dave, ha creato in Sudafrica un dipartimento per lo studio del jazz. Anche in pieno apartheid i seminari erano frequentati da bianchi e neri. Dal 1989 suona con il gruppo Afro Cool Concept in cui si mescolano accenti ritmici diversissimi tra loro. "Nel nostro paese la musica tradizionale costantemente si fonde con la mbaqanga, il suono vocale delle chiese, e il pop africano. Questo fa la differenza"

L. O. -

D arius Brubeck (pianista e figlio dell'arcinoto Dave) ha fatto nascere nel 1983 presso l'università di Natal (a Durban) il primo dipartimento ufficiale per lo studio del jazz della Repubblica Sudafricana, aperto a tutti gli studenti anche quando vigeva il regime dell'apartheid.

"Il programma di studi jazzistici - ha raccontato durante un'intervista realizzata a Roma tempo fa, poco prima che il gruppo Afro Cool Concept si esibisse al 'Jazz & Image festival' - ha avuto un immediato successo perché questi giovani suonano veramente bene, alcuni sin dal primo giorno. Per diminuire le differenze economiche nel background degli studenti e per trovare ingaggi e supportare i nostri allievi abbiamo dato vita al Center for Jazz and Popular Music (1989), al di fuori del dipartimento".

"L'università rilascia diplomi ed è sede di esami mentre il Centro coordina le attività per rendere possibile agli studenti i primi passi nell'ambiente musicale. Essendo il centro membro dell' organizzazione internazionale dei jazz educators abbiamo partecipato a meeting all'estero anche durante i tempi dell'apartheid. Ci siamo recati negli Usa con un gruppo multirazziale, e questo è stato molto importante. Alcuni studenti e docenti (come il batterista Lulu Gontsana, presente alla conversazione ndr) hanno avuto una vetrina internazionale".

Anche così si sono fatti conoscere i nuovi talenti del jazz sudafricano come il sassofonista Zim Neqawana, i pianisti Bheki Mseleku e Moses Molelekwa, il chitarrista Bheki Khosa. Dal 1989 Brubeck, dopo varie collaborazioni, ha costituito il gruppo stabile Afro Cool Concept (con il sassofonista Barney Rachabane, il contrabbassista Victor Ntoni - sostituito in tempi recenti dal giovane virtuoso Bongani Sokhela - e il batterista Gontsana).

Nella formazione si integrano le trazioni percussive sudafricane e i pattern ritmici del jazz. "Io parlo inglese - spiega il pianista - come molti sudafricani ma abbiamo differenti accenti. Le lingue esistono per comunicare è così avviene con il jazz. Ci sono differenze per ciò che riguarda gli accenti tra jazz americano e sudafricano, che è una combinazione di musiche che esistevano prima dell'influenza afroamericana. Rachabane è un virtuoso del suo strumento. Può suonare tranquillamente bebop, "Night In Tunisia" o "Cherokee", a tempo veloce e senza problemi ma il suo stile sassofonistico è diverso da quello americano".

Lulu Gontsana ascolta in silenzio ma interviene quando gli viene chiesto se i grandi jazzmen sudafricani esuli (Louis Moholo, Mongezi Feza, Johnny Dyani, Dudu Pukwana, Harry Miller, Chris McGregor, Abdullah Ibrahim...) hanno lasciato un'eredità sonora conosciuta dai giovani jazzisti.

"Anche ai giorni d'oggi - dice il batterista - ai concerti jazz si eseguono brani di Pukwana, Feza o McGregor, perché senza di loro non ci sarebbe il jazz sudafricano e il loro spirito e la loro influenza vivono ancora nel nostro paese".

"E' chiaro - precisa Brubeck - che c'è un certo gap generazionale e che il free jazz che tanto importante fu per quegli esuli nel creare una grande musica, anche rivoluzionaria, ha avuto pochissima diffusione in Sudafrica. Qui il jazz è un processo di creazione particolare. Ascoltate una band sudafricana: avrete una magnifica combinazione di talento e tensione emotiva dove il jazz - come linguaggio di massima apertura - si fonde con la mbaqanga, la musica vocale delle chiese, il pop africano". Una musica talmente bella che, insieme a motivi personali, ha trattenuto Darius Brubeck in Sudafrica con mille progetti, tra cui una sorta di real-book con le più significative composizioni dei jazzmen sudafricani. Lo spirito degli esuli - tutti scomparsi tranne Louis Moholo - è ancora vivo.

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