Il clarinetto possibile

LORRAI MARCELLO

Il clarinetto possibile

Alla 17/a edizione del festival troppi nomi blasonati e pochi esordienti. Manca un pizzico di spontaneità. Sorprende il sassofonista Guido Bombardieri

MARCELLO LORRAI - CLUSONE

V IRTUOSO del sax soprano, del clarinetto e del clarinetto basso, alle soglie dei 45 anni Louis Sclavis ha il vento in poppa: ben rappresentato discograficamente, con una oculata distribuzione delle sue incisioni sull'etichetta di volta in volta più congeniale alla specificità del singolo lavoro, potendo scegliere fra case di rango come la francese Label Bleu, l'Ecm di Monaco di Baviera o la più estrema Fmp (storico riferimento berlinese dell'improvvisazione europea), Sclavis è amato dal pubblico, vezzeggiato dalla critica e corteggiato dai festival.

Onnipresente, fra i musicisti europei non ha probabilmente rivali quanto a numero e prestigio dei palcoscenici del jazz che riesce a calcare nel vecchio continente. Quest'anno ha voluto dare un contributo non marginale anche a "Clusone Jazz", giunto alla 17/a edizione.

Esplicitamente persuaso (con un'opinione su cui saremmo più cauti) dell'eccellenza del jazz d'oltralpe nel contesto europeo, il festival della Val Seriana ha fatto le cose in grande e ha messo in programma Sclavis in ciascuna delle sue tre serate, in progressione di organico: in duo con Gianluigi Trovesi la prima, in trio con Henri Texier al contrabbasso e Aldo Romano alla batteria la seconda, in sestetto la terza.

Massimi specialisti

Fra i massimi specialisti dei suoi strumenti, solista impeccabile, sempre alla testa di formazioni estremamente professionali, Sclavis è una di quelle garanzie di cui il jazz di oggi sente molto il bisogno. Ma, pur assolutamente aggiornata, decisamente "rassicurante" è certamente anche la sua musica, incline a trovarsi un appoggio melodico, a risolversi nella cantabilità popolaresca di un folklore più o meno "immaginario", a dialogare con la tradizione classica.

Anche il lato più spiccatamente "radicale" degli interessi di Sclavis (negli ultimi anni documentato in particolare su Fmp), che pure non è assente, tende ad essere o circoscritto ad impegno a sé stante, o ad affiorare come elemento di animazione della musica ma ricondotto dentro un ambito ben delimitato, come è avvenuto con la brillante interpretazione dal vivo, con lo stesso sestetto del disco del repertorio elaborato per Les Violences de Rameau , recente album Ecm, con Yves Robert al trombone, Dominique Pifarely al violino, Francois Raulin alle tastiere, Bruno Chevillon al contrabbasso e Francis Lassus alla batteria.

Al suo livello molto alto, elegante, affidabile e godibile, gratificante con il suo gusto della bella forma e del nitore, la musica di Sclavis manca forse di un po' più di spontaneità, di abbandono, di passione. E da questo punto di vista, in questo insieme di pregi e di limiti, Sclavis è senz'altro una figura emblematica del jazz di oggi. Intorno a lui "Clusone '97" ha costruito una rassegna sotto diversi profili molto coerente; con musicisti esclusivamente europei, attenzione per il rapporto del jazz con la musica popolare e colta, tre fuoriclasse delle ance come Sclavis, Trovesi (presente anche col suo sperimentatissimo ottetto) e John Surman, ma anche con la proposta del liscio riletto da Riccardo Tesi (con l'organico del cd del '95 Un ballo liscio su Silex).

Semmai è un peccato che insieme a jazzmen consolidati a piazza dell'Orologio non si sia fatto spazio anche a qualche nome meno affermato. La compattezza del cartellone di quest'anno si è tradotta anche in un momento come quello in cui -non capita tutti i giorni - si sono ritrovati assieme in scena tre personaggi come Sclavis, Trovesi e Surman: i primi due al loro bis raggiunti dall'inglese per un trio di clarinetti bassi che ha creato un'atmosfera intensa, con una suggestiva stratificazione di effetti sonori. Qualche volta un po' troppo zuccheroso, al limite del kitsch nel giocare con l'elettronica durante il suo set in solo, un Surman particolarmente gioviale ha voluto poi manifestare la sua stima per Trovesi con un'improvvisata alla fine dell'esibizione dell'ottetto italiano, salendo, a sorpresa anche per il leader, a ingrossarne con il suo soprano le file.

Deludente la Vienna Art Orchestra di Mathias Ruegg, della quale pare sia in vista lo scioglimento dopo un paio di decenni di attività. L'orchestra austriaca ha vissuto stagioni migliori, e sono lontani i tempi in cui costituiva un gioiello di misura e di humour: la brillantezza va benissimo, ma se ostentata ed enfatizzata ad oltranza stanca.

Sempre sopra le righe la formazione ha appiattito i materiali diversi di un nuovo repertorio che sotto l'intestazione An echo from Europe raccoglie brani di Django Reinhardt, Portal, Mangelsdorff, Garbarek, Sclavis e Django Bates. Convincente e fresca la prova, in un concerto mattutino, del quartetto del giovane sax bergamasco Guido Bombardieri.

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