I NIZIO di giugno. Il governo ha accettato la proposta di emendamento: 200.000 mine non rinnovabili, da tenere in stock per la formazione dei soldati alle operazioni di sminamento, pur di salvaguardare la definizione di "mina antipersona", e soprattutto il principio di adattabilità, contenuti nell'articolo 2 del ddl. La Commissione esteri vota unanimamente a favore, se la Commissione difesa non fa storie, si va in legislativa. Forza Italia ed An difendono la legge. Per la fine del mese è cosa fatta alla camera, e tutto passa al senato. Invece no. Il governo ci ripensa e vuole tempo per riflettere. L'ha già spuntata su alcuni punti della legge, ma chiede nuove condizioni per accettare il testo. Qualcuno denuncia la pesante ingerenza di Palazzo Chigi, ed accusa il governo di voler costringere il parlamento a scrivere la legge "sotto dettatura". Ancora una volta, ciò che non va è la definizione di mina. Troppo ampia. Stando all'articolato, si dice, anche i proiettili inesplosi, o le granate, diventano mine. Alla fine, dall'Ammiraglio Vitalone, arriva la fatidica proposta di modifica della definizione. Bisogna correggere il principio di adattabilità delle mine con la locuzione "mediante specifiche predisposizioni". Consultazioni incrociate: la proposta fa schifo, vuol dire tutto e nulla, ma sembra innocua. Il nuovo testo passa alla Commissione difesa all'unanimità. E' una legge "blindata": adesso il governo non può più opporsi alla legislativa. La Campagna ha vinto, l'impianto della legge resta in buon sostanza intatto.
Effimera vittoria. Il governo, ancora con Vitalone, si impunta contro la legislativa per motivi "tecnici", di copertura finanziaria. Metà di luglio, tutto è ancora fermo. Poiché la discussione al senato slitterà a settembre, il disegno di legge per la messa al bando delle mine rischia di rimanere incagliato nella finanziaria. Se non fosse che le dichiarazioni risultano gli atti, davvero non si direbbe che il governo è uno di quelli che ha ufficialmente preso posizione per la messa al bando delle mine. L'ultimo passo in questa direzione l'Italia lo ha compiuto in giugno a Bruxelles, con l'annuncio di rinunciare anche all'uso operativo delle mine. Ma si tratta, appunto, di dichiarazioni.
L'estenuante altalena prosegue, con colpi di scena quasi quotidiani, dal 17 aprile, giorno in cui Achille Occhetto, relatore del disegno di legge contro le mine presentò il testo unificato delle 6 proposte legislative formulate nel corso dell'attuale legislatura. Un testo che recepisce ed incorpora gli elementi più qualificanti del dibattito mondiale. Significativa soprattutto la definizione di mina antipersona ("ogni dispositivo o ordigno dislocabile sopra, sotto, all'interno o accanto una qualsiasi superficie e congegnato o adattabile in modo da esplodere, causare un'esplosione o rilasciare sostanze incapacitanti come conseguenza della presenza, della prossimità o del contatto di una persona"), Che non solo proibisce i moderni dispositivi di anti-rimozione, e dunque le mine anticarro così dotate, ma pone anche il divieto sulle cosiddette mine ibride o duali, da calibrare secondo necessità, oltreché sulle mine non letali; quelle cioè che emettono sostanze tali da produrre ferite non permanenti. La legge prevede lo smantellamento definitivo dell'arsenale di mine antipersona in possesso dell'esercito italiano - 4 milioni, dicono gli esteri, 15% delle quali intelligente - ed istituisce un comitato parlamentare di verifica sull'attuazione della legge, con un mandato quasi equiparabile ad una vera e propria commissione d'inchiesta. Infine, sono aboliti il segreto di stato e militare in materia di mine.