La cittadella finanziaria dei Khmer rossi

PASCALI PIERGIORGIO

CAMBOGIA

La cittadella finanziaria dei Khmer rossi

Negli anni della guerra, prima contro gli americani e poi contro i vietnamiti, a Pailin i Khmer rossi ricavavano ingenti quantità di denaro vendendo rubini. Ancora oggi il tenore di vita degli abitanti è superiore; la moneta e la lingua thailandesi sono correnti, e le famiglie hanno i loro risparmi nella banche d'oltreconfine

PIERGIORGIO PASCALI - PAILIN

A L TERMINE di una trasmissione della televisione giapponese, alla quale ero stato invitato assieme ad altri ospiti per discutere sulla situazione cambogiana, il conduttore mi chiese quali fossero secondo me i centri nevralgici della Cambogia: "Phnom Penh per la politica, Angkor per la storia, Pailin per i soldi", risposi di getto, quasi senza pensare.

Non è un caso che per tutto il tempo della guerra di liberazione prima e di quella civile poi, i maggiori sforzi per controllare il territorio nazionale si siano concentrati in questi tre punti strategici. Pailin in particolare è stato il villaggio chiave che ha permesso alla resistenza khmer rossa di alimentare con un flusso costante di denaro tutte le attività che le permettevano di sopravvivere. Alcuni osservatori si dicono sicuri che gran parte degli ingenti guadagni che la guerriglia ricavava dalla vendita dei rubini siano oggi al sicuro in diverse banche svizzere.

Un paese irriconoscibile

Arrivando a Pailin dopo tre anni di assenza, quasi non riesco a riconoscere il paese che avevo lasciato ancora sotto il controllo dei Khmer rossi: al vecchio mercato, un tempo frequentato quasi esclusivamente da contadini locali e da qualche commerciante di pietre preziose, si è sostituito un bazar dove è possibile osservare allo stesso tavolo un khmer rosso e un soldato dell'esercito di Phnom Penh (Funcipec) mangiare il khao phonne al ritmo di musica rock. "Fino a qualche settimana fa avresti potuto incontrare persino qualche turista occidentale", mi dice Sros, un khmer rosso di vecchia conoscenza che ha deposto le armi nell'agosto dello scorso anno, accogliendo l'invito fatto da Ieng Sary, cui è sempre stato fedele.

Mercanti cinesi hanno aperto qualche gioielleria, mentre lungo la strada principale iniziano ad illuminarsi le insegne di qualche hotel gestito da thailandesi, che si stagliano contro un cielo plumbeo. Anche qui, come a Phnom Penh, i furbi e scaltri imprenditori thailandesi investono sul sicuro: discoteche, alberghi, ristoranti, tutte attività che permettono di ricavare grossi guadagni in breve tempo senza dovere impegnare ingenti capitali. A Pailin, come del resto a Battambang, a Poipet e in tutte le città della Cambogia occidentale, la moneta di scambio è il bath thailandese e la lingua thai è parlata almeno quanto il khmer.

La notizia del colpo di stato di Hun Sen è giunta a Pailin rimbalzando via etere, e subito sono iniziati i combattimenti per il controllo della regione. I soldati di Hun Sen, quando vi arrivo io, non sono ancora riusciti ad occupare la cittadina e attorno ad essa continuano violenti i combattimenti. Militari fedeli al Funcipec e khmer rossi vestiti con la divisa dell'esercito regolare percorrono le vie del villaggio per recarsi nella boscaglia.

Elicotteri nei campi

Elicotteri provenienti da Battambang atterrano due o tre volte al giorno nei campi allestiti nella giungla per rifornire i battaglioni del Ppc di viveri e munizioni. L'aeroporto di Pailin è chiuso e tenuto sotto tiro dai soldati rimasti fedeli al principe Renariddh, che grazie all'alleanza stabilita con i khmer rossi hanno l'appoggio dei contadini e dei minatori della zona, i quali offrono loro nascondigli sicuri, cibo e ogni tipo di sostegno.

La regione, anche dopo che alla guerriglia si è sostituito il regime di Phnom Penh, non è stata mai realmente sotto il totale controllo dei governativi e men che meno di Hun Sen. I dirigenti khmer rossi hanno sempre avuto, e continuano ad avere, grossa influenza sulla popolazione che, grazie al commercio con la Thailandia e alla politica agricola collettivista, ha un tenore di vita che è almeno doppio rispetto a quello dei connazionali di Battambang, Phnom Penh o Sung Treng. I militari mandati qui dalla capitale sono sempre stati visti con un certo sospetto e trattati come degli stranieri.

"Appena la radio ha trasmesso al notizia del colpo di stato, i militari fedeli a Hun Sen si sono trovati improvvisamente spaesati; non sapevano cosa fare. Se fossero restati non avrebbero potuto mantenere il controllo della città a lungo, così hanno deciso di partire verso Battambang in attesa di soccorso", mi dice Cheng Hour, la padrona dell'alberghetto dove alloggio. Lei, cambogiana di origine cinese arrivata a Pailin nel 1995 con un permesso rilasciato dal Ppc, ha fatto una piccola fortuna proponendosi come intermediaria per la vendita di caucciù a commercianti thai. Suo marito è invece a Poipet, dove lavora per una compagnia malese di legname. Per il futuro si dice tranquilla; come molti cambogiani arricchiti che abitano le zone del confine, si è già premunita contro eventuali recrudescenze belliche allacciando amicizie in Thailandia e depositando un gruzzoletto di bath in una banca a Trat.

Preoccupati

I khmer che invece non si possono permettere di abbandonare il proprio villaggio sono più preoccupati: "Dal 1975 all'inizio degli anni Novanta abbiamo goduto di una certa stabilità e prosperità, ma da quando i khmer rossi se ne sono andati ed al loro posto sono venuti quelli di Phnom Penh, la vita è divenuta più dura: ora ognuno pensa alla propria risaia e non c'è nessuno che coordina i lavori in comune. Così chi non può avvalersi dell'aiuto di altri contadini perché non ha soldi per pagarli, si vede costretto a limitare il numero di piantine di riso trapiantate, e quindi la quantità raccolta sarà minore. In soli quattro anni il numero dei contadini rimasti senza terra perché indebitati è cresciuto di almeno cinque volte rispetto a quello registrato nel 1992", ci racconta un contadino, responsabile del distretto di An Long Kei.

"Ecco che cosa ci hanno portato quelli che oggi governano Phnom Penh", termina il suo racconto il contadino, indicando un gruppo di militari del Funcipec che passa indifferente lungo il sentiero tracciato sugli argini che separano le risaie.

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