CAMBOGIA
A
L TERMINE
Non è un caso che per tutto il tempo della guerra di liberazione
prima e di quella civile poi, i maggiori sforzi per controllare
il territorio nazionale si siano concentrati in questi tre punti
strategici. Pailin in particolare è stato il villaggio chiave che
ha permesso alla resistenza khmer rossa di alimentare con un
flusso costante di denaro tutte le attività che le permettevano
di sopravvivere. Alcuni osservatori si dicono sicuri che gran
parte degli ingenti guadagni che la guerriglia ricavava dalla
vendita dei rubini siano oggi al sicuro in diverse banche
svizzere.
Mercanti cinesi hanno aperto qualche gioielleria, mentre lungo la
strada principale iniziano ad illuminarsi le insegne di qualche
hotel gestito da thailandesi, che si stagliano contro un cielo
plumbeo. Anche qui, come a Phnom Penh, i furbi e scaltri
imprenditori thailandesi investono sul sicuro: discoteche,
alberghi, ristoranti, tutte attività che permettono di ricavare
grossi guadagni in breve tempo senza dovere impegnare ingenti
capitali. A Pailin, come del resto a Battambang, a Poipet e in
tutte le città della Cambogia occidentale, la moneta di scambio è
il bath thailandese e la lingua thai è parlata almeno
quanto il khmer.
La notizia del colpo di stato di Hun Sen è giunta a Pailin
rimbalzando via etere, e subito sono iniziati i combattimenti per
il controllo della regione. I soldati di Hun Sen, quando vi
arrivo io, non sono ancora riusciti ad occupare la cittadina e
attorno ad essa continuano violenti i combattimenti. Militari
fedeli al Funcipec e khmer rossi vestiti con la divisa
dell'esercito regolare percorrono le vie del villaggio per
recarsi nella boscaglia.
La regione, anche dopo che alla guerriglia si è sostituito il
regime di Phnom Penh, non è stata mai realmente sotto il totale
controllo dei governativi e men che meno di Hun Sen. I dirigenti
khmer rossi hanno sempre avuto, e continuano ad avere, grossa
influenza sulla popolazione che, grazie al commercio con la
Thailandia e alla politica agricola collettivista, ha un tenore
di vita che è almeno doppio rispetto a quello dei connazionali di
Battambang, Phnom Penh o Sung Treng. I militari mandati qui dalla
capitale sono sempre stati visti con un certo sospetto e trattati
come degli stranieri.
"Appena la radio ha trasmesso al notizia del colpo di stato, i
militari fedeli a Hun Sen si sono trovati improvvisamente
spaesati; non sapevano cosa fare. Se fossero restati non
avrebbero potuto mantenere il controllo della città a lungo, così
hanno deciso di partire verso Battambang in attesa di soccorso",
mi dice Cheng Hour, la padrona dell'alberghetto dove alloggio.
Lei, cambogiana di origine cinese arrivata a Pailin nel 1995 con
un permesso rilasciato dal Ppc, ha fatto una piccola fortuna
proponendosi come intermediaria per la vendita di caucciù a
commercianti thai. Suo marito è invece a Poipet, dove lavora per
una compagnia malese di legname. Per il futuro si dice
tranquilla; come molti cambogiani arricchiti che abitano le zone
del confine, si è già premunita contro eventuali recrudescenze
belliche allacciando amicizie in Thailandia e depositando un
gruzzoletto di bath in una banca a
Trat.
"Ecco che cosa ci hanno portato quelli che oggi governano Phnom
Penh", termina il suo racconto il contadino, indicando un gruppo
di militari del Funcipec che passa indifferente lungo il sentiero
tracciato sugli argini che separano le risaie.
Un paese irriconoscibile
Elicotteri nei campi
Preoccupati