Ma Internet è soltanto un alibi

SAPIENZA ROSARIO

PEDOFILIA

Ma Internet è soltanto un alibi

ROSARIO SAPIENZA -

S E ACCETTIAMO la verità dei giornali, e cioè che i loschi affari legati alla tratta dei minori a scopo sessuale avvengano più sull'Internet che, ad esempio, per telefono o attraverso gli annunci sui giornali; se accettiamo che anche il consumo di pornografia pedofila avvenga soprattutto attraverso l'Internet, piuttosto che attraverso le edicole, occorrerà allora chiedersi il perché ciò avvenga. Nel caso si abbia al contrario qualche perplessità su questa triste "esclusiva" dell'Internet, allora diventa ancora più necessario chiedersi come mai questo nesso sia così spesso evocato, sottolineato, inventato e costruito, dall'immaginazione dei giornalisti e poi, di rimando, dal "sentire" collettivo.

Sarà probabilmente perché l'Internet, come la pedofilia, è, nella concezione corrente, qualcosa ai confini della realtà. L'Internet, con la sua impalpabilità e la pedofilia, con i suoi incredibili particolari, si pongono entrambi al di là dei limiti ribaditi da una certa cultura, tutta positiva, fatta di cose concrete e di solidi principi. L'Internet, quasi come la pedofilia, evoca paurose possibilità, ammiccando ad un Disordine che appare orrendamente ingestibile.

Ed anche i bambini c'entrano molto. Attraverso i bambini la nostra cultura - per la verità non troppo sicura di sé - si riproduce e gioca la propria credibilità. I bambini sono allo stesso tempo il nostro pubblico ed il nostro test, una specie di preziosa merce di scambio fra noi, la nostra cultura, e il Disordine che la circonda. Ecco perché ogni indeterminazione ed ogni ambiguità che ci assilla prima o poi viene rappresentata nei media attraverso un bambino. Una ricerca Censis (in rete www.pittimmagine.com) sottolinea quanto tutto questo sia evidente soprattutto nelle notizie di cronaca. Ed ecco perché allora tutti noi, indipendentemente da razza, confessione, ideologia, schieramento politico, siamo così inclini ad occuparci dei bambini in generale e concordi nel condannare gli atti di pedofilia.

E se tutto questo è vero, se è vero che attraverso l'Internet e i minori noi ci interroghiamo su ogni indeterminazione ed ogni ambiguità che ci assilla, la pedofilia, così ridondante sui giornali, non può essere un fenomeno da carcere psichiatrico, e tantomeno un'aberrazione individuale, ma piuttosto un fenomeno sociale (sia nella sua rappresentazione massmediale che nel suo effettivo accadere), tipico degli opulenti contesti urbanizzati dell'Europa, degli Stati Uniti, del Giappone.

Più che pensare ad Internet sarebbe allora più serio da parte nostra interrogarci sulle schiere di italiani (siamo i terzi al mondo, dopo giapponesi e tedeschi), che vanno a Bangkok, a Rio, a Taiwan, in Kenia, ai Caraibi e da alcuni anni nelle città dell'Est europeo, alla ricerca di incontri sessuali con bambini e ragazzi di tutte le età (ma soprattutto dai 5 ai 10-12 anni). E siccome queste schiere di italiani non sono e non possono essere schiere di pazzi, ma di normali cittadini, mariti e "bravi" padri di famiglia, allora le comode spiegazioni psicologiche di devianza, patologia criminale e aberrazione individuale non reggono più.

E sarà allora il caso di lasciare perdere l'Internet per andare piuttosto ad interrogarsi, ad esempio, sui generalizzati effetti prodotti sulla sessualità dall'emancipazione delle donne che, per quanti passi avanti possa aver fatto, difficilmente è arrivata ad incidere sull'ipotalamo dei maschi, la cui sessualità si costruisce ancora per lo più ed evidentemente attraverso aspettative di passività, arrendevolezza e subordinazione femminile.

E mentre molti uomini e donne sono impegnati nella difficile ricerca di un nuovo rapporto fra loro, i media forniscono surrogati sempre più efficaci per stimolare appetiti sessuali e pulsioni erotiche legati alle vecchie regole. La tentazione è grande, il rischio è minimo, l'alternativa difficile.

Così, contro il rischio di un incontro vero (in carne ed ossa), in cui si è giudicati da una donna vera, ossia mutilata dei suoi attributi "più cari" (passività, arrendevolezza, subordinazione...), pornografia, prostituzione e pedofilia diventano concrete alternative capaci di ricreare i presupposti per un appagante atto sessuale, impossibile da realizzarsi con una donna ormai paritaria, agguerrita e pronta a giudicarci.

E se il terrore di essere giudicati arriva a spegnere il desiderio, allora occorre trovare le soluzioni per riaccenderlo: da soli con materiali pornografici o attraverso la tastiera di un computer; con una prostituta capace di fugare la minaccia di questa nuova inquietante femminilità; nel rapporto con un travestito, che non ha nessun diritto di giudicare, né come donna né come uomo, e che invece incarna a meraviglia la cara femminilità perduta; ed infine con i bambini, che la nostra cultura vuole innocenti, fragili e soprattutto incapaci di giudicare (oltre che passivi, arrendevoli, subordinati...). Ed è così che è anche possible spiegarsi la violenza che quasi sempre accompagna questi mondi, la frustrazione, il risentimento e la rabbia spesso rivolti contro i bambini, che scontano, non in quanto persone ma in quanto oggetti animati, l'incapacità, manifestata non da questi mostri ma da questi poveri maschi obsoleti, di rimettersi in gioco.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it