Un politico vero

MASI EDOARDA

NECROLOGI

Un politico vero

EDOARDA MASI Insufficienza nostra, e delle parole logorate dall'abuso dell'iperbole, a dire di un uomo che della parola sapeva fare un uso parco e puntuale: e sempre ti spiazzava per i giudizi non convenzionali. Gentile e ironico, tollerante e umano nella fedeltà rigida e costante ai principi. Quello che dovrebbe essere un vero politico - nel significato alto del termine, oggi smarrito. Marco Francisci, morto improvvisamente la notte scorsa, in una lunga carriera diplomatica è stato impegnato più volte come esperto in materia economica; ma nella storia del nostro paese verrà ricordato come l'ambasciatore in Cina negli anni cruciali dal 1975 al 1980. I nemici del socialismo lo chiamavano "l'ambasciatore comunista" - anche se era un indipendente di convinzioni socialiste, non compromesso con nessuna "nomenklatura". Grazie a seri studi e ad una acuta e libera capacità di analisi, aveva acquisito della Rivoluzione cinese una conoscenza e una comprensione vietate a tanti diplomatici chiusi nei loro pregiudizi di classe o di casta; e anche a molti giornalisti mestieranti. Negli anni del suo mandato, l'ambasciata d'Italia a Pechino è stata un centro di elaborazione culturale e politica, un luogo effettivo di incontro, una casa dove erano accolti cordialmente gli italiani che vivevano o viaggiavano in Cina - pochi, i primi anni, e via via più numerosi. Studenti, giornalisti, tecnici: non si era intimiditi da formalità diplomatiche, si discuteva in piena libertà. Il sentimento forte della propria funzione e della fedeltà allo stato era tutt'uno, per Marco Francisci, con l'impegno contro gli ultimi residui della guerra fredda e in vista di un rapporto di fatto fra gli italiani e la Cina popolare. Fra l'altro, lavorò appassionatamente per organizzare con le autorità cinesi gli scambi fra studenti e studiosi e favorire i contatti fra le rispettive università. L'eccezionale personalità del nostro ambasciatore era riconosciuta ed ammirata dai diplomatici e dai giornalisti degli altri paesi, tanto da costituire un motivo di orgoglio per noi italiani, altrimenti abituati ad autodisprezzarci e a considerarci dei "senza patria" -come allo stesso Francisci accadde di osservare. In una persona troppo intelligente per sottovalutare il proprio pensiero e la propria opera l'"understatement" era pure modestia - quella che gli impedì di offrire al pubblico, in versione riveduta, le relazioni già inviate al Ministero degli esteri durante

la sua missione in Cina; chi ha avuto modo di leggerle sa che reggono il confronto con le opere dei massimi studiosi di storia della Cina contemporanea. In quegli anni di latente guerra civile in Cina, Marco Francisci non ha mai nascosto verso chi andasse la sua simpatia ed ha condiviso con i dirigenti di allora la preoccupazione che i risultati della lunga lotta di milioni e milioni di persone potessero andare perduti a causa della miopia di alcuni politicanti. Negli anni successivi, e fino ad oggi, non ha avuto motivo di cambiare fondamentalmente le sue opinioni, frutto di intelligenza e riflessione profonda e non di improvvisazione, da sempre equilibrate e critiche e prive di faziosità. Alla base c'è stata sempre la simpatia e l'amicizia per il popolo cinese. Francisci era attualmente Presidente dell'Associazione di Amicizia fra l'Italia e la Cina. L'ultimo suo lavoro è un progetto, oggi in atto, per la formazione di restauratori d'arte da parte di nostri esperti nella antica capitale di Xi'an (importante centro archeologico), promosso e organizzato per conto dello stato italiano.

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