Un attentato a Hun Sen, il burattinaio

PESCALI PIERGIORGIO

CAMBOGIA

Un attentato a Hun Sen, il burattinaio

PIERGIORGIO PESCALI -

P oco più di un mese fa, il 25 aprile, durante un incontro con gli ambasciatori accreditati a Phnom Penh, il leader cambogiano Hun Sen ebbe a dichiarare che mai avrebbe organizzato un colpo di stato in Cambogia perché il paese era già saldamente sotto il suo controllo. L'attentato subìto nei giorni scorsi alla periferia della capitale, è la prova che il vero burattinaio di quel teatrino che è il governo cambogiano è effettivamente lui, Hun Sen, ma i fili delle marionette che è obbligato a muovere stanno diventando tanti, troppi. E ogni tanto qualcuno gli si ingarbuglia tra le dita. Già, perché Hun Sen non è mai stato un buon marionettista; e neppure fedele.

Prima ha tradito i suoi compagni Khmer rossi poi, con la caduta del Comecon, ha abiurato l'idea comunista, tanto che oggi neppure i vietnamiti, suoi alleati per quasi due decenni, gli accreditano fiducia. Hun Sen è la vittima di quel paese che lui stesso ha portato al caos dopo averlo liberato da Pol Pot. Incapace di gestirlo, ha dovuto chiamare le Nazioni unite, i cui soldati hanno permesso che si tenessero libere elezioni - che Hun Sen non è stato capace di vincere - ma che non sono stati in grado di istruire la nuova classe dirigente alle regole di un governo non tanto democratico, quanto illuminato e credibile.

E' in questo che il gabinetto cambogiano, unico al mondo ad avere tutti gli incarichi sdoppiati, ha fallito miseramente. In Cambogia non si governa, ci si sgambetta a vicenda. Il 30 marzo, quando diciannove persone morirono dilaniate da una bomba durante un comizio del Fronte unito nazionale di Sam Rainsy, Hun Sen, dopo aver auspicato l'arresto degli attentatori, chiese l'incarcerazione anche degli organizzatori del comizio perché favorevoli al Funcipec di Norodom Ranariddh, l'odiato-amato rivale con cui occupa la poltrona di primo ministro.

Nell'aprile 1978 ad Oslo, Charles Meyer pronunciò un discorso in cui ammoniva: "Non crediamo alla fama di mitezza che godono i khmer; appena le circostanze lo permettono liberano un potenziale di violenza che noi neppure possiamo immaginare". Ancora una volta la storia si ripete ed oggi la Cambogia si sta preparando alle elezioni che si terranno nel novembre 1998 senza andar troppo per il sottile.

Norodom Ranariddh vive oramai 24 ore su 24 asserragliato nella sua villa-bunker a Phnom Penh, Sam Raisny non è ancora stato messo fuori gioco perché è troppo popolare tra il popolo; i Khmer rossi che hanno abbandonato la lotta armata debbono circolare sotto stretta sorveglianza. La dirigenza della nazione è talmente coinvolta nella corruzione, nei traffici illeciti, che abbandonare la scena significherebbe perdere affari di milioni di dollari, senza valutare la possibilità di essere smascherati. La crescita economica cambogiana, che il Fmi stima attorno al 6,58%, è in gran parte finanziata dal traffico della droga, che ha trovato nelle permeabili frontiere della nazione facili processi osmotici.

Secondo fonti ufficiali statunitensi, nel solo 1996 la quantità di stupefacenti transitati in Cambogia è aumentata di dieci volte rispetto all'anno precedente. Ed il principale trafficante sembra sia quel Theng Bunma, presidente della Camera del commercio cambogiana grande amico e finanziatore di Hun Sen che ha occupato il podio dell'uomo più ricco della nazione ed al quale tutto è permesso e perdonato. Anche il fatto di sparare contro un aereo di linea della Royal Air Cambodge perché la compagnia gli aveva perso il bagaglio.

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