I
L DONO
Un tema abbastanza insolito in Italia, ma molto diffuso oltralpe,
soprattutto in Francia: grazie al M.A.U.S.S. ("Mouvement
antiutilitariste en sciences sociales"), un gruppo che ha
rilanciato la tematica del dono a partire da Marcel Mauss. Ma,
mentre i teroci francesi seguono una prospettiva sociologica,
tesa alla critica della ragione utilitaria, come ha ricordato
Elena Pulcini, il convegno ha voluto affrontare il problema in
termini filosofici. Per porre numerosi interrogativi: il dono è
veramente un "atto gratuito"? Fino a che punto è incompatibile
col mercato? Oppure può innescare reciprocità e porsi al servizio
del legame sociale?
Diversi interventi hanno messo in evidenza due opposte letture
del dono che percorrono la tradizione filosofica. Un filone
ermeneutico vede il dono come pratica dissipativa, spreco,
"figura critica dell'impossibile" (il riferimento a Bataille in
questo caso è d'obbligo). Una lettura "ordinativa" vede, invece,
il dono in una dimensione scambista, usuraia, funzionale al
contratto sociale. Questa logica dell'utile, "del replicante" che
finora ha detenuto il primato in Occidente, ha operato un "furto
delle passioni" (sostiene Pietro Barcellona), sottraendo loro
visibilità. Nel mondo dell'utile, si può parlare tutt'al più,
secondo Alfredo Salsano, di "pseudo dono": vale a dire più simile
a un regalo. Un'offerta rituale dell'inferiore al superiore,
associato a una condizione di privilegio, e capace di alimentare
la disuguaglianza. E allora il dono rivela tutta la sua
ambivalenza, si scopre "avvelenato", diventa fonte di conflitto:
il "beneficio si trasforma in maleficio", come ha sottolineato
Bruno Accarino.
Però è possibile riscoprire in questa logica dell'efficienza che
caratterizza l'Occidente delle "isole di dono". Guarda caso, le
proposte in questo senso sono venute soprattutto dalle filosofe
presenti al convegno toscano. Secondo Maria Paola Fimiani,
bisogna ripensare il dono come "luogo del divenire simili", che
tuttavia salvaguardi il complicato intreccio
uguaglianza/diversità. Dono come "figura della mescolanza e
dell'accoglienza" che permette di salvare le differenze. Per
Chiara Zamboni, invece, occorre ridefinire il dono come
"movimento del dare, ricevere e ricambiare attratto da un di
più", che in un gioco al rialzo, in un movimento a spirale verso
l'alto, genera ricchezza esistenziale, politica e simbolica.