I giovani sanno far male

PATERLINI PIERGIORGIO

I giovani sanno far male

Piergiorgio Paterlini

"P ER QUANTO riguarda Basini, sia che lo picchiamo o che, per nostro puro divertimento, lo torturiamo a morte, non c'è da preoccuparsi, perché un essere simile a me pare creato solo per caso, fuori dal programma. Cioè, un significato deve pur averlo anche lui, ma di sicuro irrilevante, al pari di

un verme o di un sasso sulla strada, che non sappiamo se scansare o calpestare". Sono le parole che il ventiduenne Musil mette in bocca al sedicenne Beineberg, nel Giovane Torless . Novantacinque anni fa, un secolo, in tutti i sensi. E noi qui ancora a chiederci, sgomenti, come sia possibile che dei ragazzi, ben più che sedicenni, possano gettare sassi da un cavalcavia e uccidere innocenti senza motivo... E a interrogarci su cause psicosociologighe che sarebbero tutte racchiuse, imprigionate nello spazio degli ultimissimi anni e di pochi chilometri quadrati di terra (il solito nord "sazio e disperato", il solito sud "degradato"...).

"Per nostro puro divertimento". "Lo torturiamo a morte". Eccola la risposta tanto cercata, così misteriosa e introvabile. Sotto i nostri occhi, da sempre. Tutti i giorni. Così "semplice". Io mi chiedo cosa li leggiamo a fare i libri, e i giornali. Non è forse di ieri la notizia che a Milano uno studente quindicenne di terza media, minacciato di sospensione per il suo comportamento maleducato - cito dalla prima pagina del Corriere - ha fatto aggredire il professore da due amici?

Ma cose di questo genere - o assai peggiori - capitano tutti i giorni, ne leggiamo le notizie dall'Italia, dagli Usa, dalla Francia, dall'Inghilterra, dalla Germania; e poi dalla Scandinavia, dall'Olanda, dal Canada, dall'Australia, dal Giappone (paesi in cui si fanno da vent'anni, su questo, mirate ricerche scientifiche, con tanto di numeri e statistiche).

Esistono insegnanti stronzi che fanno del male a ragazzi in gamba. Ma esistono anche ragazzi stronzi che fanno del male a insegnanti in gamba. Perché non si può dire? Quanto bisognerà aspettare perché una verità tanto banale e insieme tanto importante diventi "senso comune" progressista, dichiarazione liberatoria per gli adulti ma più ancora proprio per i ragazzi?

A quindici anni - scriveva Pasolini nel maggio 1975 (Lettere luterane) - i ragazzi "hanno in mano un'arma potentissima: l'intimidazione e il ricatto. Cosa, questa, antica come il mondo. Il conformismo degli adulti è tra i ragazzi già maturo, feroce, completo. Essi sanno raffinatamente come far soffrire i loro coetanei: e lo fanno molto meglio degli adulti. La loro pressione pedagogica non conosce né persuasione, né comprensione, né alcuna forma di pietà, o di umanità. Solo nel momento in cui i compagni divengono amici scoprono forse persuasione, comprensione, pietà, umanità; ma gli amici sono quattro o cinque, al massimo. Gli altri sono lupi".

E Stephen Spender, nella sua autobiografia: "La profonda slealtà dell'infanzia infettava tutto il luogo, come in uno stato fascista in cui uno copre che ogni vicino è un agente che lavora per la polizia". E Jean-Paul Sartre, nelle sue memorie ( Le parole): "Sulle terrazze del Lussemburgo dei bambini giocavano, io mi avvicinavo a essi, mi sfioravano senza vedermi. (...) Avevo incontrato i miei veri giudici, i miei pari, e la loro indifferenza mi condannava".

Potrei andare avanti per ore. Citare, che so, Il signore delle mosche, La guerra dei bottoni, e via così, saccheggiando a caso tra la letteratura "per l'infanzia" e quella "per adulti", tra letteratura "alta" e letteratura "bassa", da Sant'Agostino (sì, nelle Confessioni: sulla cattiveria consapevole dei bambini) a Pinocchio. Andateli a rileggere senza le famose fette di prosciutto sugli occhi e poi ne riparliamo. Di sicuro, non esiste solo il povero David Copperfield, proprio no. Vien voglia di potenziare Telefono Azzurro, ma di potenziarlo per tutelare i ragazzi dai loro coetanei, prima di tutto, altro che dagli adulti, e poi di istituire un Telefono non-so-di-che-colore (ne sono rimasti pochi disponibili) per la tutela degli adulti dalla violenza dei ragazzi.

Dunque, la violenza esiste tra i ragazzi (anzi - quando c'è - è più distruttiva e feroce di quella degli adulti). E nei ragazzi. E dai ragazzi nei confronti degli adulti.

Sapete quanti adulti vengono condannati dai tribunali per accuse (pre)meditate, astute, perfettamente credibili e... false da parte di ragazzini? E le baby gang cosa sono? Il tredicenne che borseggia un adulto, cos'è? E la giovane marchetta che massacra il cliente? E il guerrigliero adolescente che stupra la prima donna che trova sulla sua strada o uccide un "civile" (non un altro soldato) che hanno venti o quarant'anni più di lui? Davvero nessuno di loro sa quello che fa? Davvero è solo un burattino nelle mani dei "grandi"? Davvero non si rende conto, non sceglie, non ragiona? E perché quando parliamo di adolescenti mafiosi parliamo sempre di "manovalanza" utilizzando cioè una parola che da sola denuncia la nostra idea che loro siano puro strumento nelle mani degli adulti? Cerchiamo di non essere ridicoli. Se quel ragazzo non ha scelta - a volte è davvero così - non ce l'ha esattamente come un adulto nella sua stessa condizione sociale o politica. Se è il frutto di una situazione sociale svantaggiata o drammatica, lo è come gli adulti che vivono quella stessa situazione.

Il fatto è che noi - nonostante l'esperienza quotidiana, la storia, la psicologia, la letteratura dicano il contrario - continuiamo a pensare non dico ai bambini, ma ai ragazzi, agli adolescenti e anche a giovani uomini (e donne), da un lato come a bestioline - dotate al più di incolpevoli "istinti", non di cervello, intelligenza, volontà, capacità di scegliere - dall'altro come a angioletti, entità che il "male" non può assolutamente ancora avere sfiorato. Incredibile.

Perché lo fanno? Ci chiediamo davanti ai lanciatori di sassi. Questa domanda è non solo assurda e un po' patetica, ma pericolosa. Lo fanno proprio perché (non affinché, ma per il fatto che) noi ci poniamo la domanda. Con questa domanda piena di ingenuo stupore offriamo loro su un piato d'argento il più comodo degli alibi e insieme la più cocente delle umiliazioni: un cocktail tremendo che non può che moltiplicare violenza "assurda" e confusa ribellione. Diciamo loro che non sono capaci di intendere e volere. Che non sono capaci di essere. Li cancelliamo, li annulliamo completamente: la cosa più diseducativa del mondo.

Lo fanno perché esiste il male nel mondo, dovremmo invece rispondere. Lo fanno esattamente come milioni di adulti fanno cose orribili e apparentemente senza motivazioni. Assenza di valori, il vuoto... No: piuttosto, la stessa "gratuità" che anima i gesti violenti degli adulti, lo stesso disprezzo per la vita, la stessa ricerca di "emozioni forti", la stessa sete di potere e dimostrazione di potenza.

Lo fanno perché sono stronzi. Questo bisognerebbe dire, senza odio, ma con forza e anche con rabbia. Restituendo loro "in questo modo la responsabilità, il senso delle azioni che tutti compiamo, la dignità di persone e persone che scelgono.

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